Pubblicato da Alessandro Violante il luglio 30, 2013
La penisola italiana è senz’altro una terra non semplice in cui, seppure in passato abbia dato i natali ad alcuni dei più grandi maestri della musica elettronica e non, focalizzando l’attenzione sulla prima e in particolare sul suono industriale, ha sempre avuto forti difficoltà a costruire un proprio background, spesso di derivazione e ancor più slegato dal contesto della moda del momento: sia ben chiaro, ci sono grandi eccezzioni come i maestri delle prime ondate industriali, primo tra tutti MB, Maurizio Bianchi, che non è un caso isolato. Al di fuori di questa sperimentazione, rispetto ai principali paesi produttori di una certa musica lungo la sua storia, è sempre mancata una certa continuità. Negli ultimi anni generi come l’aggrotech e il future pop hanno consentito la nascita di nuovi act i quali cavalcano nuovi lidi vicini alle classifiche.
Esistono però due realtà tra loro parzialmente incrociate che esulano da queste tendenze e che, attraverso la versatilità dei loro lavori e attraverso la loro storia, rappresentano l’evoluzione del suono techno-industriale all’interno del nostro paese. Si chiamano Pankow e Limbo. Premesso che tutti riconoscono al primo caso una seminalità all’interno dello sviluppo del genere EBM (anche come conseguenza della loro bidimensionalità italiano-straniera), il secondo non è molto conosciuto dai più.
Sebbene i primi siano ben più conosciuti, ci sono alcune caratteristiche che rendono i secondi più interessanti e degni di una nuova analisi: I Pankow sono rimasti piuttosto ancorati ad uno stile musicale e ne hanno seguito l’evoluzione muovendosi in misura minore fuori dai binari, inoltre non hanno mai prediletto la valorizzazione della loro lingua natale, l’italiano, fattore che avrebbe provocato un notevole calo di vendite (anche in funzione del fatto che la lingua qui presente non è molto conosciuta all’infuori di questo paese, prediligendo invece l’utilizzo del ben più utilizzato tedesco). Non sono solamente ragioni legate alla moda ma più in generale al modo in cui la lingua teutonica si sposa meglio con un ritmo quadrato e marziale, enfatizzandone le parole. Rimando qui però al recente studio di Alexander Reed. Tornando alla creatura Limbo, viene quindi da pensare che le caratteristiche principali di questo act siano, riassumendo, le seguenti: 1) Valorizzazione della lingua italiana, 2) Mutamento dello stile a seconda delle epoche e, di conseguenza, importante funzione storica, 3) Impatto minimo, se non nullo, sulla scena post-industriale attuale. Tuttavia, questi fattori non bastano a descrivere nello specifico quello che segue, non una storia in quanto già esistenti cercando bene nella rete, quanto una analisi delle loro produzioni al fine di ricavarne una visione d’insieme che ripercorra il cammino di un act fortemente sperimentale e orientato verso le tendenze sonore straniere.
New Wave
Il 1986 in Italia è ancora un anno di forte tendenza new wave, dominata dal mercato della goth music, e, su un fronte più commerciale, di act come Litfiba e Diaframma. Anche i Limbo, capitanati da Giovanni Becuzzi e da Vincenzo Mustone, cavalcano il ritmo del periodo pur dimostrando una parziale volontà di differenziazione rispetto alla moda corrente, espressa, seppure in maniera ancora molto velata, in un songwriting che si mostra meno lineare. Meno ancorato a questa corrente seppure vicino ad essa è ancora My whip, your flesh del 1989, primo vero lavoro della band dopo l’e.p. di esordio. Già l’opener è molto diversa: il background goth rock è praticamente assente, le atmosfere si pongono tra l’etereo e l’oscuro, il suono si rarefa mantenendo una certa marzialità dettata da una ritmica piuttosto fissa, emerge quel senso da fine del mondo che mescola occulto, sensualità e, per certi versi, una idea di musica industriale che verrà etichettata, in ambiti e in anni diversi, forse erroneamente a proposito di questo lavoro, come dark electro. Quello che è certo è che queste composizioni mettono in mostra una morbosità e una ritualità quasi assenti dall’e.p. Esso rappresenta il primo passo di una lunga evoluzione.
Il lavoro successivo, Our Mary of cancer, è un importante lavoro di transizione nonchè considerato uno dei loro migliori episodi che in parte prende in prestito i suoni del disco precedente e li ripresenta in una forma più compiuta, più canonica e rinchiusa in certi schemi, enfatizzando tematicamente l’attenzione verso l’occulto, la provocazione nei confronti della religione non tanto come condanna di un credo quanto come sbeffeggiamento di tutto quello che viene considerato tabu in una ottica morbosa e oscura. Emerge qui in misura ancora maggiore l’interesse verso il sacro e il profano, verso la critica della sessualità (Ermaphrodita), dove voce maschile e femminile sembrano enfatizzare il rapporto tra nature umane deviate e la loro legittimazione nel rapporto con la cristianità, così come la beffa nei discorsi di un improvvisato Belzebù, proseguendo per un brano più veloce e diretto, sempre cantato in italiano, fortemente attraversato dalle tematiche occulte come Ars alchimiae, che lascia presagire un futuro diverso tramite l’avveramento di profezie magiche oscure non ben note nè spiegate. La opener Himmel und Hoelle lascia inoltre presagire uno spostamento verso lidi più marcatamente EBM, sulla scia di quello che pian piano veniva esportato anche nella nostra penisola.
Verso l’EBM
Il fenomeno tutto nord-europeo della electronic body music viene musicalmente (ma non artisticamente) riletto mischiandolo alle atmosfere e alle idee sopra citate nel lavoro successivo Vox insana del 1992, anno di fondamentale importanza per la commercializzazione del genere, ormai pienamente giunto anche nelle nostre terre. Nel momento della sua massima esposizione pubblica mondiale, anche i Limbo decidono di compiere il passo che li discosta sempre più dalla vecchia wave. Sin dai primissimi brani si avverte la volontà di schematizzare, nell’esaltazione del corpo, una musica ancora fortemente sperimentale ed evocativa, caratteristica che non abbandonerà mai l’act, proponendo però un sound maggiormente fisico, sempre più vicino ad una estetica punk che fa parte di quello che si evolverà poi verso le tendenze electro industrial. Uno degli esempi più rappresentativi di questo lavoro è Libido mater nostra, nel quale il suono è sempre più sincopato, quasi crossover, già prefigurando le svolte future, quelle caratterizzate a loro volta da un un forte connubio tra punk e sampling di matrice burroughsiana. Il filo conduttore è sempre ben presente e lega il lavoro a tutti gli altri, pur non presentando brani di rilievo eccezzionale.
Electro industrial
Il successivo Evirazione totemica seriale del 1993 risente fortemente dell’influenza di due label europee che in quel periodo stavano avendo un grandissimo successo: la Off beat e la Zoth ommog records, nonchè, in misura minore, la Celtic circle productions e gli artisti della musica electro industrial europei e canadesi. Qui subentrano prepotentemente i sampling di chitarra, la body music diventa sempre più influenzata dalle incursioni industrial metal di Ministry e Skinny puppy e i ritmi divengono sempre meno orientati verso strutture fisse. L’atmosfera e il tema dell’occulto lasciano sempre più spazio ad un suono orientato verso le derive della techno music, verso una musica sempre più fisica e sempre meno spirituale. L’apice di questa ulteriore innovazione viene raggiunta con il successivo Zos kia kaos del 1994 che, grazie a brani come la catchy Cyberchrist, al sampling di Dirk Ivens e del suo progetto Dive in Apocalypse program e, soprattutto, alla cover di Enter sandman dei Metallica, Biometallica, riassume la fonte ultima di esplorazione e di assimilazione della fisicità della musica rock attraverso le derive cyberpunk caratteristiche della metà degli anni ’90. Gli altri brani sono indiscutibilmente dei gioielli ma i primi bastano da soli a manifestare la maniera in cui i Limbo riescono ad assimilare e a fare propria in musica e non solo la materia straniera nota come electro industrial, di cui alfieri sono Mentallo & the Fixer, Haujobb e molti altri. E, allo stesso modo in cui con Fear is the mindkiller, Rhys Fulber dei Front line assembly compie la totale metamorfosi dei Fear factory, così, seppure in contesti molto differenti, la rivisitazione del suddetto album attraverso il mini album Siliciolatria compie l’ultimo passo verso la trasformazione più orwelliana e più cyberpunk dei nostri, chiudendo un ulteriore capitolo della loro carriera.
Big beat
Dopo aver raggiunto l’apice della forma electro industriale, la creatura Limbo sente la necessità di cambiare ancora direzione verso i lidi del Big beat importato dall’Inghilterra. Il primo step compiuto è quello di registrare nuovamente una lunga serie di brani classici con una nuova strumentazione e soprattutto secondo il nuovo stile, cangiante, adottato. Ne consegue che questi brani suonino molto diversi e che, soprattutto, gli episodi più rock-oriented e in generale più fisici, così come i primi esperimenti più marcatamente dark, subiscano una doccia di tastiere moderne e di soluzioni stilistiche che abbracciano una moltitudine di generi. Dopo il mastodontico Hell’s gate visions (1986/1996: A total revision), il successivo Sein und zeit viene presentato come l’ennesimo disco situato in una perenne transizione tra l’electro industrial e una riscoperta dimensione della ritualità oscura riletta attraverso un generale rallentamento ed un ritorno ad un nuovo concetto del sogno, dell’occulto, della sensualità e della marzialità. Alcuni episodi, come Tenebra karmica risentono ancora fortemente della vecchia direzione mentre molti altri mutano ancora l’orizzonte in maggior misura verso una elettronica frutto delle sperimentazioni di quegli anni. Un secondo Fear is… arriva con Than@ology V. 0.0 che ancora una volta, così come già afferma il nome del mini cd, rimette in discussione tutta la logica compositiva e lascia fuoriuscire tendenze drum ‘n bass e proto-dubstep, attraverso la rilettura di alcuni degli ultimi brani registrati in studio.
Questo processo trova la propria, finale, consacrazione nell’ultimo disco in studio L’etre et le néant, che porta avanti il discorso legato alla nuova marzialità e alle influenze cosiddette EDM (come il genere viene definito oggi), in particolar modo quelle drum ‘n bass. Si tratta probabilmente del loro disco più complesso, più introspettivo e più filosofico, sempre più orientato verso l’utilizzo della lingua italiana come mezzo per fornire all’ascoltatore una chiave di lettura semplice e comprensibile. Le liriche possono quindi viaggiare di pari passo con la musica e avere la medesima importanza. In Limbo le due dimensioni hanno sempre lo stesso valore.
…And the best has yet to come
Dopo l’ultimo lavoro in studio, i membri principali del progetto si dedicano ad altre realtà e ad altri suoni, abbracciando una grande parte dello spettro elettronico di quegli anni, all’alba della caduta dei miti del grande crossover. Non considerando la lunga serie di raccolte di brani classici (e non), l’eredità dei Limbo non è stata particolarmente influente, in particolar modo in seguito all’affacciarsi di nuove tendenze così distanti come il future pop e l’aggrotech, che talvolta hanno portato all’obsolescenza dell’EBM e dell’electro industrial classicamente intesi. Tra i maggiori side project, Diego Loporcaro lavora al disco dei Kebabträume, Neural earthquake, che si inserisce all’interno dei lavori della metà degli anni ’90, tra sublimazioni di classici della cultura cyberpunk come Gibson e Blade Runner traducendo queste influenze in musica per la fine del millennio, fortemente influenzata dalla trance e da certi suoni del nord europa di allora (come ad esempio i Covenant), seppure il tocco della creatura originale Limbo rimanga a tratti ben distinto. l main former del progetto Gianluca Becuzzi insieme a Elena De Angeli danno invece origine ai Noise trade company, dediti maggiormente ad un sound electro nella media con le produzioni vicine anche a certo electroclash, come nel disco Crash test one del 2008 così come nei lavori successivi. Ma forse il progetto più interessante, rimasto di culto tra i reperti storici dei primi anni del nuovo millennio, è Narr!, i quali principali artefici sono Vincenzo Mustone e John Cordoni (già nei Necromass), che con la pubblicazione dell’album Souls are flying now! nel 2003 anticipano la svolta artistica di numerosi progetti che discendono da loro e che formano l’attuale scena odierna. La bontà del sound del progetto sta nella riproposizione di alcuni vecchi segni stilistici del progetto principale come il saltuario utilizzo della lingua italiana e la grande varietà del songwriting, fornendo una musica che si pone idealmente a metà tra gli sbilanciamenti future pop, gli influssi electro di vario tipo, il gusto per la sperimentazione e per la ricerca del rumore e per la ricerca di una melodia acid che affonda prepotentemente nei synth techno (e non solo) di quegli anni.
Limbo è stato sinonimo di sperimentazione italiana all’interno di una non-scena musicale industriale che, però, talvolta ha regalato frutti degni di competere con molti prodotti internazionali, tra i quali in particolare i dischi della metà degli anni ’90. Limbo è una creatura spesso dimenticata e troppo raramente analizzata che, però, merita grande attenzione da parte degli appassionati e anche solamente degli ascoltatori occasionali che vogliano scoprire un episodio importante della storia musicale alternativa italiana.