Pubblicato da Alessandro Violante il ottobre 20, 2014
Da poco è uscito Jedem das seine, il nuovo, discusso, album del progetto tutto italiano Tourdeforce di Christian Ryder. Noi ci abbiamo tenuto ad intervistarlo per farcelo raccontare un po’ meglio, approfittando per chiedere informazioni al frontman sulla sua musica e sul suo background. Buona lettura.
Ciao Christian. Innanzitutto raccontaci la storia del tuo progetto TourdeForce. A cosa fa riferimento il nome?
Ho fondato il progetto nel 2004 con l’amico Eric Raven (Enrico Filisetti). Ci piaceva il nome TourdeForce per la sua dinamicità, ma anche per la leggera accezione negativa: del resto la gente comune vive costantemente sotto pressione e affronta un tour de force quotidiano per sopravvivere.
Ascoltando i tuoi album precedenti, mi sembra che Jedem Das Seine presenti sonorità più cupe. Mi sembra anche il tuo album più maturo. Il mood è correlato alle tematiche analizzate nei brani?
Il mood è correlato alle tematiche, sì. Diversi mi hanno scritto di aver percepito un alone di inquietudine e di cupezza per tutta la durata dell’album. Ne è pervaso: non poteva essere altrimenti. A me è capitato di percepire una tensione simile soltanto affrontando brani degli Skinny Puppy.
A livello di suggestione credo che il pubblico sia stato anche un pò condizionato dalle tematiche stesse. Nel nostro immaginario collettivo (basti pensare alla scuola, ai documentari e i film confezionati a puntino che ci hanno plasmato la coscienza e la sensibilità) tendiamo istantaneamente a rabbrividire – anche in maniera isterica o esasperata – quanto ci viene propinata l’ennesima merda mediatica riguardo alla questione della Germania di Hitler.
Quali sono state, e quali sono, le maggiori influenze musicali e culturali di Tourdeforce? Cosa ascolti di solito?
Oltre ad una sorta di necessità interiore, la volontà di comporre musica è nata in me dopo l’ascolto di Pretty Hate Machine di Nine Inch Nails, a metà anni ’90. Per TourdeForce traggo spunti da letteratura, psicologia, cinema, teorie sui Mass Media, ma anche dalla mia personale osservazione della realtà.
Riguardo a ciò che ascolto: sono molto selettivo riguardo alle band che fanno il mio stesso genere. Ci sono troppi cloni
che hanno ben poco da dire. Se dovessi citare gli artisti – con una storia alle spalle – dei quali ho più album nella mia collezione: New Order ed Electronic (mi definisco un “Sumneriano”), Depeche Mode (guarda caso!), Nine Inch Nails, David Bowie (dagli anni ’80 in poi) ed uno chansonnier Francese di nome Christophe.
In ordine (molto sparso) citerei a-ha, Swing Out Sister, Led Zeppelin, Alice Cooper, Filter, Muse, Sebastien Tellier, Franco Battiato, Riccardo Fogli, My Life With The Thrill Kill Kult e gran parte dell’immensa fantastica marmaglia del catalogo della Wax Trax! Records.
Parlando più nello specifico del tuo ultimo album, spiegami cosa ti ha spinto a parlare di argomenti storici così spinosi. Recentemente ho letto che lo stesso titolo ha un precedente storico. Come è nata l’idea? E’ stato un film, un libro o hai deciso che fosse arrivato il momento?
Facendo una semplice autoanalisi potremmo sorprenderci di come tutti quanti (senza distinzione) ogni qual volta che introduciamo
l’argomento ci sentiamo in dovere di indossare i guanti, fare preamboli etico-morali, procedere con estrema cautela e misurare ogni parola, perchè il dogma, il senso di colpa, la vergogna e la paura ci rendono così impuri e indegni! “Non siamo degni!” L’idea è nata perchè era giunto il momento, perchè ho fatto delle ricerche e perchè ho letto libri, visto film e documentari. Ma l’idea è soprattutto un pretesto per criticare il sistema Mediatico e le sue brutali quotidiane forme di violenza.
Ora, sul titolo del disco. “A Ciascuno il suo” tanto per cominciare, oltre al romanzo di Sciascia è anche uno splendido film di Elio Petri (il Kubrick de’Noantri) con Gian Maria Volontè. Ancor prima, il titolo deriva dalla locuzione latina “Unicuique suum”. Il motto in sè ha un significato ed un carattere molto forte. In relazione al significato dell’album, le persone assuefatte che non sono in grado di emergere dal torpore imposto dai Media e di ragionare con la propria testa (poichè hanno vedute molto ristrette), non potranno che avere ciò che gli spetta: una condizione di intorpidimento mentale e sottomissione ai dettami del sistema.
Lo stesso motto, tradotto in tedesco “Jedem Das Seine”, fu posto ai cancelli del campo di concentramento di Buchenwald. Al motto sono legate una lunga serie di controversie (anche un pò imbarazzanti) durante le quali il Concilio Centrale degli Ebrei in Germania ha accusato negli anni compagnie come Nokia, REWE, Burger King, Tchibo, Esso e Merkur Bank per aver utilizzato il motto a scopo pubblicitario (secondo il Concilio, il motto è indissolubilmente legato al Nazismo). Nel 2009 feroci proteste per lo stesso motivo sono capitate anche ad un gruppo del partito dell’Unione Cristiano Democratica di Angela Merkel. La catena di supermercati REWE aveva promosso la sua attività con il motto: “Barbecue: a ciascuno il suo”. Nazismo a palla.
La scelta di parlare di argomenti considerati tabù ha reso difficile la distribuzione dell’album in alcuni paesi. Avevi pensato all’eventualità o è stata una sorta di doccia fredda? Racconta ai lettori cosa è successo di preciso e come hai saputo gestire la cosa.
Eravamo preparati alla possibilità. Nonostante il tranquillizzante statement all’interno dell’album confermi che TourdeForce non idolatra nè sostiene l’ideologia Nazista oppure il Negazionismo dell’Olocausto, un grosso distributore tedesco non ha prestato fede al contratto stipulato con la label (parliamo di soldi) e si è rifiutato categoricamente di distribuire l’album in paesi Europei chiave dove c’è la maggior parte del mercato e dei compratori: Germania, Austria, Polonia, Belgio. Non ha aiutato la presenza di una cover di un brano di Burzum all’interno dell’album (la hidden track), cover peraltro approvata da Varg Vikernes in persona. L’etichetta (EKP / Space Race Records) non si è persa d’animo e ha trovato un nuovo distributore. In men che non si dica attraverso il principale rivenditore tedesco di musica electro alternativa il disco è arrivato quasi al sol out, in pochi giorni! Questa è stata una bella sorpresa.
Il distributore che ha rifiutato il disco aveva contestato anche il titolo “Kebab Trauma” (che vuole essere una risposta a “Kebab Traume” dei D.A.F.). Considerando il successo del disco oggi avremo cura di spedire a questo distributore una copia del disco con dedica e in allegato una delle spillette promozionali, in particolare quella dove ho fatto scrivere “I LOVE KEBAB”.
La forza e l’invito a pensare alla storia dal punto di vista di entrambi gli schieramenti mi sembra evidente anche nel tuo ultimo video,
ambientato in luoghi per così dire tabù. Le altre persone presenti hanno collaborato attivamente alla stesura del disco?
“Adolf Hitler Platz” è in sostanza una tragica storia d’amore. Un soldato tedesco partito per la guerra non fa più ritorno dalla sua amata; lui le ha promesso di incontrarla di nuovo in quella piazza che da il titolo al brano, una zona che viene spazzata via dai bombardamenti degli Inglesi. Il soldato continua a cercare invano il luogo dell’incontro, come una sorta di spettro che non trova pace.
La sua sofferenza è data anche dal fatto che per volere dei vincitori e della pressione mediatica / propagandistica del dopo guerra la sua memoria ed il suo onore siano stati disprezzati e cancellati, in quanto “tedesco”. Questa tendenza ostinata persiste anche oggi, Italia compresa, dove pare che soltanto alcuni morti siano importanti ed altri no. Io credo che ognuno dovrebbe avere il diritto di celebrare e ricordare i propri caduti.
Anche i tedeschi combattevano per la loro patria. Le bad blondes che formano la mia band nel videoclip non hanno collaborato alla stesura del disco; Lisa invece ha interpretato e cantato il ritornello del brano.
Mi sembra di capire che le vocals femminili (in Adolf Hitler Platz) appartengano alla cantante di un tuo side project, Porta Vittoria. Lì che musica fai e, dal punto di vista tematico, di cosa ti occupi?
L’album di esordio di Porta Vittoria è stato pubblicato nel 2013 da Old Europa Cafe. La mia partner Lisa P. Duse ed io abbiamo fondato il progetto con l’ambiziosa intenzione di creare una sorta di globalismo musicale, un genere autoriale e all’avanguardia in grado di fondere generi e culture diverse. Nel primo disco (Summer Of Our Discomfort) ogni brano è legato ad un opera letteraria oppure ad un film, un personaggio storico. Per citarne alcuni, D’Annunzio, Gerard De Nerval, Vlad III “Tepes”, James G. Ballard, Thomas Mann; il film Solaris di Andrej Tarkovskij, che è il mio preferito.
Ci siamo anche concentrati sulla realizzazione di diversi videoclip piuttosto suggestivi e a tratti controversi. Devo dire che sono piaciuti ai nostri estimatori.
Preferisci lo studio o il palco? Pensi che la tua musica sia “semplice” da portare in una dimensione live? Ti piace esibirti davanti al pubblico?
TourdeForce ha suonato parecchio dal vivo in questi anni, anche a fianco di “acts” ritenuti importanti in ambito alternativo. Eppure, in linea di massima, salvo rare eccezioni si è sempre trattato di un grande spreco di energie. Il pubblico Italiano è tendenzialmente snob ed esterofilo. Sto ancora pensando se portare il nuovo disco in tour. Non sono un animale da palco e mi sento piuttosto a disagio davanti al pubblico. Prediligo gli spettacoli che durano poco. Brevi ma intensi.
Cercando di dare un nome alla tua proposta, mi viene in mente il termine generico “electro”. Cosa ne pensi degli altri artisti italiani che stanno pian piano emergendo come, ad esempio, Tying Tiffany e altri? Pensi che l’Italia recepisca bene questi nuovi segnali di cambiamento musicale?
Non posso che ammirare i progetti italiani che sono riusciti a distinguersi e a raggiungere successi importanti fuori dalla bolgia alternativa, anche se credo che questi traguardi siano in genere maggiormente riconducibili a consensi ottenuti all’estero più che in patria. Non mi tolgo dalla testa la vaga convinzione che all’estero ci sia sempre una maggiore predisposizione e meno superficialità da parte degli appassionati nello scoprire e sostenere nuovi artisti.
Saluta i lettori di FLUX e invitali ad acquistare il tuo ultimo album!
Tanto per cominciare li invito a leggere gli articoli di FLUX e soprattutto la recensione (molto brillante) del mio disco! Se ne sono persuasi possono contattarmi direttamente su Facebook oppure accaparrarsi il disco dalle varie distribuzioni (ora il disco c’è anche su Feltrinelli e Mondadori, in Italia. Chiaramente da loro costa uno “stonfo”). Li invito a sbrigarsi, perché le copie si stanno esaurendo!