Intervista a Dead When I Found Her

Pubblicato da Davide Pappalardo il novembre 22, 2015

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Michael Arthur Holloway, in arte Dead When I Found Her, è un musicista statunitense tra i più interessanti degli ultimi anni per quel che riguarda il panorama electro-industrial di scuola canadese e statunitense, da molti considerato un vero genio del genere, che recentemente ha realizzato, per la canadese Artoffact Records, il suo nuovo album, il terzo, All the way down (qui la recensione). E’ un album sulla morte, analizzata in modo particolare e diverso dal solito. Da molti già considerato uno dei dischi dell’anno, ci è sembrato doveroso farci quattro chiacchiere con l’artista, per farlo conoscere di più soprattutto in Italia, ma, in generale, ovunque.

1) Salve Mr. Holloway. Prima di tutto, come fan della tua musica, voglio ringraziarti per questa intervista. All the way down è, secondo me, il tuo lavoro migliore, in cui hai unito gli elementi del passato in modo più forte e risoluto, più duro, ma, allo stesso tempo, più melodico, più oscuro, più affascinante; puoi raccontarci il lavoro che c’è dietro l’album, cosa è successo durante questi anni, come (e se) il tuo modus operandi è cambiato?

Non credo che il mio modus operandi sia cambiato molto nei circa cinque anni di attività di Dead When I Found Her, ma con ogni nuovo album cerco consciamente di spingermi verso alcune nuove direzioni e di forzarmi verso nuovi, potenzialmente non confortevoli, territori, ma l’obiettivo di conservare un “suono Dead When I Found Her” è altresì importante. Ho creato questo progetto per produrre il tipo di musica industriale che volevo ascoltare, ed è questo l’obiettivo principale; per fortuna la musica industriale è un genere con possibilità molto profonde, potrei scrivere dozzine di album industrial e troverei comunque nuovi approcci nell’ambito. All the way down è un po’ diverso. Tra i tre album del progetto, si tratta di quello più legato ad un concept; i temi della vecchiaia, delle cure nei riguardi delle persone in fin di vita e della morte sono più presenti nel lavoro e più esplorati apertamente in ogni canzone, se si pensa ai vecchi album. E’ stato un nuovo importante passo per me.

2) Il tema dell’album è la morte: non intesa nella sua accezione fantastica, religiosa, orrorifica, come accade molte volte nella musica estrema o underground, ma intesa come il modo in cui l’idea della morte ci instilla cose nella nostra mente e nei nostri cuori, qualcosa che evitiamo, ma che sappiamo essere inevitabile. Non un facile soggetto. Come mai lo hai scelto?

Sì, l’idea alla base del disco era di comporre musica che parlasse della morte, ma che provasse a parlarne chiaramente, “onestamente”, che esplorasse l’argomento. Ci sono molte canzoni industrial, metal e goth che ne parlano, e, per quanto belle, non sembrano affrontare il tema in maniera chiara, “onesta”, o non sembrano focalizzarsi sulla realtà quotidiana, così ho voluto esplorare la paura della morte in un modo più diretto ed angosciante; scrivendo di anziani e di vecchiaia. E’ un territorio di solito evitato, proprio perchè è angosciante, per le persone, immaginarsi vecchie e malate. C’è una forte volontà di negare questo aspetto, così mi è sembrata l’occasione migliore per affrontare la paura di morire, un argomento tabù non nominato nell’arte: la vita durante la vecchiaia. Ma è anche molto personale. Ho pensato che sarebbe stata una sfida, come musicista, mettere in musica questa paura, ma che potesse essere anche un modo catartico per confrontare queste paure.        

3) Mi piacerebbe conoscere il processo di scrittura dei testi. Come nasce un pezzo di Dead when I found her?

I pezzi nascono nello stesso posto nel quale sto rispondendo a questa domanda, la mia stanza nella mia casa a Portland, Oregon. Ho un piccolo home studio che comprende perlopiù molti software, un midi controller per tastiere della Novation abbastanza grande ed alcuni altri elementi, tra i quali delle chitarre ed il mio microfono. E’ tutto qui, comunque. Lavoro con Ableton Live, è il mio modo di lavorare, totalmente “inscatolato”, il che significa che uso emulatori software degli strumenti, invece che usare l’hardware. Di solito, inizio un pezzo con alcuni campionamenti d’atmosfera, come un drone o un effetto d’ambientazione, e inizio prima creando la struttura ritmica; le drum racks Ableton sono quasi sempre il primo strumento vero che uso in un pezzo.

Inizio scegliendo un gruppo di campionamenti dal mio archivio, li carico sulla drum rack, aggiungo gli effetti fx, sistemo, e poi creo un ritmo martellante alla tastiera. Amo lavorare con il MIDI, comporre con esso, editare con il piano roll, cuore del songwriting, e, dopodichè, la produzione si riduce all’uso estensivo degli fx nel mix. La parte tecnica è eccitante per me, perché comprendi meglio gli strumenti in tuo possesso, il che ti aiuterà a creare il suono che hai in testa e che ti interessa, quindi i synth, i campionamenti, i riverberi e i delay sono le cose sulle quali passo molto tempo, imparando ad utilizzarli e perfezionando il mio approccio con essi, salvando modelli e creando linee, lavoro molto appagante e che mi diverte poichè è così che le canzoni vengono fuori, quindi credo si possa osservare come il processo di un pezzo di DWIFH sia fortemente tecnico e si basi su un profondo livello di interazione con gli strumenti digitali. Più la relazione è profonda, più posso esprimere esattamente quello che intendo esprimere come musicista e come tecnico del suono.             

4) Vorrei chiederti quali sono le tue influenze musicali: naturalmente alcune sono molto visibili, specialmente la scuola americana e canadese del post-industrial old school alla Skinny Puppy, Front Line Assembly, Numb, Nine Inch Nails etc, così come nel tuo lavoro sono rintracciabili alcuni elementi ambient e dark, ma vorrei sapere se eventualmente vieni influenzato anche da altri generi.

I Coil sono una grande influenza per me, sia per la musica che per le ideologie intellettuali e spirituali, le quali sembrano vivere oltre la band in un modo lisergico e fantasmagorico, all’interno di quei due uomini enigmatici. John Balance e Sleazy (RIP) sono persone che mi hanno ispirato su molti livelli, e che mi hanno terrorizzato su altri.

I Mentallo & the Fixer sono stati una grande fonte di ispirazione per me, per anni ed anni. Ho ascoltato Where angels fear to tread e Burnt beyond recognition tanto quanto ho ascoltato gli Skinny Puppy e i FLA. Credo che il modo di comporre di DWIFH sia simile a quello di Mentallo, con un focus deciso sullo sviluppo sottile dei motivi melodici, cosa che ho imparato largamente dai fratelli Dassing.

Potrei nominare molte altre band importanti ed album, come Forma Tadre, Kalte Farben, Individual Totem. I Puppy sono naturalmente ancora la mia band preferita, ma questi altri gruppi sono stati una parte molto importante della storia della musica industriale, per me.

5) Che ne pensi della nuova corrente neo-old school dell’industrial, con la scena “artistica” di Los Angeles ed il ritorno generale alle radici della EBM/electro industrial/electro punk?

Credo sia grandioso. Vedere il successo degli Youth Code e dei 3teeth è eccitante, e significa che c’è molta passione là fuori per la musica elettronica vecchia scuola, e la gente vuole supportarla e sorreggerla. Queste band si dedicano a questo al 100%, sono riempite da una passione per la musica e per l’energia che essa porta. Spero continuino ad ascendere, e che ne compaiano molte altre.

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Dead When I Found Her

6) Sei sempre sembrato una persona con i piedi per terra, senza un’immagine di scena e foto basate su sangue finto, pose da macho ed altre cavolate, concentrato sulla musica in modo professionale. E’ una scelta conscia, o è semplicemente il tuo modo di essere ed il modo in cui vuoi esprimere la tua musica ed il suo “concept”?

Beh, non voglio mandare in frantumi nessuna illusione misteriosa, ma credo che l’approccio “con i piedi per terra” nei concerti sia legato a questioni di tempo ed energia, piuttosto che ad un riflesso della mia persona. Molto del mio tempo per DWIFH è dedicato allo studio, ma è mio interesse concentrarmi di più sui live; è difficile però, quando devi anche lavorare in un campo non collegato (alla musica) 40 ore alla settimana!

7) Il nome del tuo progetto ti ha creato problemi o una cattiva reputazione con persone fin troppo facilmente offendibili che vogliono vedere cose che non ci sono?

Ha causato alcuni problemi in effetti, sì, ma non me ne sono preoccupato. Credo che sia un monicker aperto all’interpretazione, e che abbia un significato abbastanza generico in ciò che dice o esprime, quindi se una persona ci vede qualcosa di molto negativo, vuol dire che si è costruito un significato personale, ed io non ne sono responsabile. L’origine del nome proviene da una scena che Tom Waits fece durante un concerto, quindi è abbastanza innocua. Mi ha sempre evocato immagini da film giallo, un genere che mi piace molto, ma non dice nulla di che, e non racconta una storia specifica. E’ una sensazione, per quanto oscura, un’oscurità che potrebbe essere espressa in molti modi diversi.      

8) Cosa ci dici della tua attività dal vivo? E’ importante? Come affronti i tuoi concerti?

Credo di aver già specificato alcuni punti nella sesta risposta. Finora, l’incarnazione live di DWIFH ha suonato solo in show e festival locali, non abbiamo mai fatto un tour. Non vuol dire che io non voglia, ma solo che per ora la cosa non ha fatto parte del progetto. Quando suoniamo, prendo parti dei pezzi, le campiono come strumenti suonabili in live, e John Worsley (che si occupa anche dei visual per la band), le suona come parti di tastiera dal vivo, quindi può suonare diverse sessioni di tastiera live in ogni canzone, mentre io suono la chitarra e canto. E’ un approccio semplice, ma funziona, e ci permette di sentirci come se fossimo musicisti sul palco, piuttosto che tipi che mettono in coda clip di canzoni da risuonare al pubblico.        

9) Come evolveranno le tue avventure musicali? Hai idea di quello che vuoi ottenere in futuro?

Al di là di DWIFH, sto cercando di entrare in profondità nel mondo della musica per i videogiochi. L’anno scorso ho creato la colonna sonora per il gioco da cellulare Skullduggery!, e spero di creare molti altri progetti di questo tipo, per qualsiasi piattaforma, dai cellulari alle consolle ed altro. Sto imparando come implementare dell’audio adattabile nei giochi con programmi come FMOD e Wwise, quindi è un nuovo mondo da esplorare, molto creativo.

Con DWIFH sto già lavorando a del nuovo materiale. A dire il vero, All the way down è stato completato ed inviato alla label a giugno di quest’anno: finora ho avuto un autunno molto produttivo, scrivendo molto nuovo materiale e provando alcune cose nuove, quindi posso decisamente dire che non ci saranno altri tre anni di attesa per ascoltare nuova musica di DWIFH. A breve, scriverò anche nuove cover.

10) Grazie per il tuo tempo! Se vuoi, invita i lettori a comprare il tuo nuovo album!

I modi migliori per acquistare il nuovo album sono farlo tramite Storming The Base (per acquistare il cd fisico) o Bandcamp per i brani in formato digitale (e quelli del cd bonus).