Pubblicato da Alessandro Violante il agosto 13, 2013
Un orologio per scandire i freddi ritmi delle metropoli post-moderne. Il battito che simboleggia l’universo cyberpunk alle soglie del nuovo millennio e della fine del mondo, un millennio che, però, non fa paura ma viene analizzato freddamente, come quello che sarà, come il mondo in cui l’individuo vivrà. La macchina non è oppressione ma il catalizzatore di nuovi, artificiali stati mentali. E questi sono generati e sostenuti all’interno del ciclo dell’assemblaggio della linea frontale. La mente e la vita si fanno matrice di esperienze sensoriali e di luoghi che divengono non-luoghi della post-contemporaneità, nei quali il bit diventa la cellula che dà origine alla vita, o a quello che viene successivamente in ambito evolutivo. I Front line assembly sono questo. La creatura nasce nella mente di Wilhelm Schroeder a.k.a. Bill Leeb e di Michael Balch, canadesi, il primo dei quali ha rappresentato l’ala più melodica e visionaria della creatura Skinny Puppy nel periodo che và tra la loro nascita e lo sviluppo del loro secondo disco in studio, Mind: The perpetual intercourse. Nel 1986 avviene la separazione e il primo, insieme al secondo, danno origine alla loro personale creatura rilasciando due importanti demo, prima Nerve war e, poco dopo, Total terror. Inizialmente il suono dei due è ancora lungi dall’essere definito e molto risente del songwriting e dei suoni del gruppo fratello, ma questo dura poco. Già alcuni dei primi brani sembrano prendere in prestito dall’EBM europea il gusto per la costruzione matematica dei livelli sonori e per la schematizzazione di quello che i Puppy, al contrario, cercano sempre più di demolire e decostruire. Il primo full length, The initial command, è un lavoro prettamente elettronico in cui il primo scopo viene perfettamente portato a compimento: i brani che lo compongono sono delle lunghe suite elettronico-ritmiche dove, solo a tratti, si affaccia una gelida ritmica in 4/4 che non possiede alcuna umanità. L’esposizione del mondo dal punto di vista della macchina non può avvenire se non facendo parlare la stessa con il suo linguaggio, e questo comporta la decostruzione del corpo umano quale veicolo del messaggio e l’uso di una pesante effettistica in sede vocale per denaturalizzare il più possibile l’intervento umano.
Il lavoro successivo, State of mind, inizia a compiere un viaggio che porta i due verso una direzione velatamente più ballabile, meno ambient e più marziale, marzialità scandita unicamente dal passo delle macchine e che non trova grandi progenitori, se non, lontanamente, in certi Cabaret voltaire che però, al confronto, rappresentano la quintessenza dell’umanità. Questa disumanizzazione viene però azionata dall’uomo, ed egli può sbagliare. A dimostrazione di questo fatto, conseguentemente la macchina è soggetta all’errore di calcolo e talvolta può sembrare che in alcuni brani del lavoro il beat vada fuori tempo rispetto alla ritmica dei synth, ed effettivamente è così. A prescindere dall’impossibilità di comprendere la cosciente volontà o meno di rappresentare la fallacia della macchina, questa è una possibile interpretazione degli stati mentali da essa generati. La generazione cyberpunk trova in questo mondo la sua valvola di sfogo, la sua via d’uscita, perchè la deumanizzazione è una via di fuga da una realtà che fa sempre più paura, sempre più rovinata da una umanità che lascia il posto alla sua controparte artificiale.
Questa nuova dimensione subisce un ulteriore spostamento verso forme dance oriented che giocano con l’EBM storica riprogrammandola attraverso nuove forme di ricostruzione. Se infatti esso pone alla base la volontà, tramite realtà come i Front 242, di rendere la fisicità della materia rock all’interno della dimensione elettronica, i due canadesi cercano la via opposta e contraria e lo fanno con la pubblicazione di due e.p. temporalmente molto vicini come Corrosion e Disorder. Quello che accade in questa sede porta la generazione cyberpunk all’interno della dimensione del ballo sfrenato costruito tramite la programmazione di ritmiche che riescono sempre più a fondere l’iniziale apocalissi con le forme imposte dalla disco music, ovvero l’utilizzo di controtempi e ripartenze che ne garantiscono una seppur minima fisicità, e nel frattempo anche la voce di Bill Leeb comincia a farsi sentire, sempre più lamentosa in un urlo che non ha in sè una connotazione rabbiosa quanto accondiscendente. E’ la sua visione del Nevermind cobainiano ed è il messaggio che la gioventù cyberpunk assorbe e fa proprio di questa subcultura.
Questi primi lavori, seminali per lo sviluppo di un nuovo genere fortemente legato ad una nuova estetica, affondano pienamente le loro radici nella storia delle labels undeground di quegli anni tra le quali la loro label europea, la Third mind records dell’inglese Gary Levermore, la quale chiama direttamente in causa il pensiero burroughsiano e la sua teoria della terza mente elaborata insieme a Bryon Gysin, la quale, in una forma riassunta, pone il cut-up duchampiano come formula (di ispirazione debordiana) per una nuova conoscenza, per la creazione di nuovo significato atto ad interrompere e a minare dall’interno gli ingranaggi delle macchine di controllo che, come in Matrix (a sua volta di ispirazione burroughsiana), controllano il mondo in cui viviamo, identificato con la terminologia di cultura egemonica. L’ennesimo punto d’arrivo, nonchè uno dei principali, del percorso dei FLA viene identificato con la release di Gashed senses and crossfire dell’89 e con il determinante cambio di formazione che vede l’entrata di Rhys Fulber al posto di Balch. Questo cambiamento porta a totale compimento lo switch verso una forma ancor più ballabile e legata alle nascenti tendenze electro industriali di quegli anni e, allo stesso tempo, ai mostri sacri del genere della vecchia generazione di industrialists.
Questo comporta però anche un fondamentale allontanamento dalla visionarietà e dalla musica da colonna sonora legata a pellicole come Blade runner verso dimensioni ancor più debitrici dell’EBM, un genere molto più fisico dei deserti post-industriali governati dalle macchine. Se in questo lavoro lo spirito positivo nei confronti dell’alterità artificiale mostra segni di passaggio dallo zelo e dall’entusiasmo verso un senso di rassegnazione generale ([…]the damage is done[…]), il successivo Caustic grip lancia urla di protesta e incita alla resistenza nei confronti di un meccanismo di deumanizzazione che mostra la propria incapacità di controllo da parte di un individuo che si vede sempre più messo in disparte e denigrato al ruolo di osservatore passivo di una realtà in rapidissima trasformazione. Dal punto di vista sonoro questa è la massima espressione, ancora posizionata nel mezzo tra la forma canzone e la sperimentazione di idee legate al cut-up di matrice duchampiana, delle possibilità che i canadesi possono offrire all’ascoltatore, condensando i dieci brani in una dimensione temporale ridotta che, anche grazie a questo e alla sua perfezione formale, dà la possibilità agli aspiranti musicisti di quel momento di cimentarsi negli episodi più rocamboleschi e sperimentali, facendo particolare riferimento alle esperienze degli artisti statunitensi e canadesi della nuova generazione che vedono in lavori come questo e come Too dark park le loro bibbie personali.
Dopo l’anno 1990, fondamentale per avere posto molteplici terreni di sviluppo e di sperimentazione nella musica post industriale, i FLA si trovano di fronte ad un nuovo bivio della nuova carriera e scelgono di dilatare i ritmi dei loro brani dando origine a delle vere e proprie forme canzoni che musicalmente lanciano le basi per i futuri sviluppi del dark electro e, successivamente, di forme più melodiche come il future pop legandosi sempre più ad una influenza musicale di matrice synth pop senza per questo risultare debitori di qualche colosso del genere. Dal punto di vista tematico il discorso incentrato sul ruolo svolto dall’individuo all’interno della battaglia con le macchine assume toni sempre più apocalittici e wagneriani i quali culminano con il sampling di Terminator, uno dei capisaldi cinematografici di quegli anni che meglio riesce ad esprimere il rapporto di guerra eterna e, allo stesso tempo, di approvazione, nei conronti dell’azione delle macchine e del loro ingresso sempre più massiccio nelle nostre vite. Musicalmente la formula viene completata dall’influenza e dall’effetto calamita dimostrato dal duo nei confronti di tutti i generi che allora stanno facendo capolino nell’underground, primo tra tutti l’hip hop. La summa del loro nuovo modo di intendere la musica post industriale porta il nome emblematico per gli sviluppi del genere di Tactical neural implant, che è anche il loro disco più venduto e probabilmente il più conosciuto.
Questa continua sperimentazione nei confronti dei generi underground emergenti, unita alla crisi del sistema delle indie labels industriali, da un lato porta all’acquisizione da parte dei grandi colossi delle band più promettenti, tra le quali quella di cui stiamo parlando, e dall’altra influenza ancor più la musica che da essi viene prodotta. I FLA vengono acquistati dalla Roadrunner records, colosso statunitense della musica metal di successo e allo stesso tempo dalla nascente Off beat tedesca che ne curano rispettivamente la distribuzione statunitense e quella europea. Se la seconda diventa, insieme alla Zoth ommog di Andreas Tomalla dei Bigod 20, il principale punto di riferimento per l’EBM e per la musica electro industrial di quegli anni, il duo si trova a produrre lavori che da un lato devono conciliare il gusto per il nascente industrial metal e dall’altro devono rappresentare i capisaldi dell’electro industrial statunitense in un periodo in cui gli Skinny Puppy sono vicini al loro punto di rottura. Il primo di questi è del 1994 ed è Millennium, rappresentante il tentativo, da parte della Roadrunner, di creare un hype attorno al genere e di guadagnare molti soldi, cosa che non avviene perchè, nonostante i campionamenti famosi (Michael Douglas) e il genere prevalentemente orientato verso il metal (nel frattempo Fulber si era ampiamente cimentato con la produzione e i remix di un gruppo fortemente metal come i Fear factory), l’industrial è un genere orientato verso l’underground e i vocals effettati e le telluriche ritmiche electronica non rendono certo semplice il compito. Dopo l’abbandono dell’interesse da parte della major, come avviene l’anno seguente da parte della American recordings nei confronti degli Skinny Puppy, i FLA tornano con Hard wired, un disco che riprende parzialmente gli esperimenti del lavoro precedente ma che li reimposta in una salsa molto più vicina ai lavori dei cugini della label tedesca Off beat, riassestando il tiro grazie a brani intelligenti, dal songwriting interessante e catchy. L’uscita di questo disco culmina con l’abbandono da parte di Rhys Fulber (che nel frattempo aveva realizzato insieme a Leeb e agli Skinny Puppy il disco Tenebrae vision come Cyberaktif, uno dei lavori più importanti della metà degli anni ’90 nonchè summa dell’electro industrial di stampo Wax trax!).
Dopo la pubblicazione del corrispettivo Live wired da parte della nascente superpotenza post industriale statunitense Metropolis records e in contemporanea dalla Off beat, il nuovo arrivato Chris Peterson contribuisce in maniera abbastanza significativa sul futuro sviluppo della band, che si apre sempre più verso la ricerca della sperimentazione electronica degli anni seguenti, a cavallo tra la fine degli anni ’90 e la metà dei 2000. Il genere prescelto nella maggior parte delle occasioni è il blasonato drum ‘n bass il cui uso dimostra ancora una volta il cambio mentale e stilistico di Leeb e il riavvicinamento verso il meno fisico universo elettronico a danno dei contatti del gruppo con la musica rock, per cavalcare le derive electro industrial di quegli anni, sempre più distanti dall’estetica del solido EBM all’europea. Così lavori come l’avveniristico FLAvour of the weak e i successivi Implode, Epitaph, Civilization e Artificial soldier si emancipano in maniera sempre maggiore dalla forma post industriale contribuendo al mutamento verso il big beat, mantenendo comunque molto alto il livello qualitativo, seppure non siano rari i giudizi che li danno per scontati e troppo autoreferenziali. Il difetto di alcuni di questi lavori, seppure in alcuni casi il ritorno di Fulber riesca a dare una nuova scossa positiva, se lo si vuole trovare, sta in una cristallizzazione delle forme stilistiche da parte di un act che fa della continua sperimentazione il suo vessillo. Tuttavia il mutamento c’è ed è comprovabile: dal primo di questi lavori la componente elettronica abbandona sempre più la totalizzazione del sound facendo riemergere un lato umano e non troppo in linea con le scelte musicali dei tempi.
Nel frattempo Leeb e soci si concentrano maggiormente su altri lidi, in particolar modo sui ricchissimi side projects che a volte producono risultati più interessanti degli originali, si pensi anche soltanto all’influenza dimostrata dai lavori targati Noise unit e Delerium. Questa è la risposta dei canadesi alla crisi della musica electro industrial sul finire degli anni ’90 che presta la sua anima all’elettronica pura, fenomeno a cui act dello stesso, alto, livello sono sfuggiti per via di break up vari ed eventuali. E’ bene notare che in questi anni abbiano sempre resistito con grande tenacia e con lavori ben al di sopra della media. L’attesissimo disco della ripresa del genere viene atteso per il 2010 ed è Improvised electronic machine, che viene presentato come la nuova summa del gruppo, posto idealmente a metà tra le spinte elettroniche (ancora una volta si sente la d ‘n b) e la fisicità del suono rock, seppur molto lontano dalle antiche forme EBM. I tempi della Off beat sono finiti e quelli della Metropolis rappresentano i nuovi canoni ai quali i FLA rispondono al meglio delle loro capacità trovando storiche collaborazioni con alcuni mostri dell’ex scena industrial metal come un Al Jourgensen redivivo la cui influenza non si limita ad un brano in particolare ma che pervade invece tutto il disco, così come molti anni prima fa con Rabies dei Puppy. E’ probabile che se i secondi avessero realizzato quel disco nel 2010, esso avrebbe suonato in maniera simile, ma i percorsi erano ormai troppo differenti.
La svolta più recente arriva con la firma per la soundtrack di un videogioco indipendente rilasciato nel 2012, Airmech, che ancora una volta sconvolge i fan, soprattutto quelli della vecchia guardia, qualora si possa parlare di queste pensando al lavoro orientato alla continua trasformazione svolto da parte dei canadesi. Un disco puramente strumentale che riproietta la band alla radice del suono elettronico, enfatizzando in questa occasione la recente novità del settore. i FLA si pongono come pionieri del nuovo mix-up trasformando nuovamente il genere che loro stessi contribuiscono ampiamente a creare con l’ultimo lavoro in studio, Echogenetic, che si pone nella scia dei lavori degli ultimi anni ma che viene già considerato da molti come una delle loro migliori realizzazioni di sempre, considerando anche il fatto che la band non perde realmente colpi fin dal 1986, il loro anno di esordio. Se la nuova frontiera della musica elettronica è rappresentata dall’incontro della musica con la dubstep, allora i FLA sono grandi esempi e realizzatori di qualcosa che sta già mietendo le prime vittime. Ancora una volta Leeb e i suoi riescono a rendere al meglio la sperimentazione nel campo elettronico attraverso il loro occhio, certamente mutato in quasi trent’anni di onorata carriera ma che ha ancora molto degli esordi e che convince ancora tanto, musicalmente così come idealmente, perchè le idee legate alle origini del movimento cyberpunk sono sempre quelle. Killing grounds ha tantissimo di The blade e così via. E sembra che si continuerà ancora a lungo.