Pubblicato da Davide Pappalardo il dicembre 1, 2014
I 3TEETH sono uno dei casi più eclatanti del panorama electro industrial /EBM moderno. Nati circa due anni fa a Los Angeles, ormai patria del revival di molte tendenze originarie della scena underground tra minimal wave, neo old school, elettronica sperimentale, indie e chi più ne ha più ne metta, i nostri vedono l’unione di varie menti dalle diverse estrazioni, tra cui alcuni protagonisti della scena dei club alternativi: Alexis Mincolla, il nerboruto ed enigmatico frontman, autore dei testi, cantante e mente pensante anti-establishment a metà strada tra Al Jourgensen, Trent Reznor ed Henry Rollins ma, allo stesso tempo, terribilmente cosciente dell’ immagine della sua band e della sua gestione, è da anni organizzatore delle serate Lil Death dedicate alla musica elettronica indie, EBM, industrial, witch house etc… ed è proprietario dell’etichetta omonima, che si occupa di uscite in tali campi, come gli H3X3N, Tamara Sky e Deathface, mentre il batterista Xavier Swafford è un produttore musicale ed esperto di synth e programming, così come il collega Andrew Means, anche egli dedito ai synth e alla batteria, è un artista visuale.
A loro si è poi aggiunto il chitarrista Chase Brawner, completando il nucleo principale del gruppo; i nostri hanno, sin da subito, usato al meglio le risorse del web, facendosi conoscere tramite la pubblicazione di video self-made su Youtube, su cui hanno pubblicato i loro tre pezzi Nihil, Pearls 2 swine e Master of decay. Questi hanno presentato un suono che andava a ripescare dalla coldwave /industrial metal anni ’90 e dal dark electro, ristrutturandoli ad uso e consumo della nuova generazione digitale con un suono palesemente futuristico e, allo stesso tempo, legato al passato.
Dopo aver creato sapientemente una grande aspettativa e dopo aver gestito al meglio la propria immagine e la proposizione della loro musica, la band ha pubblicato l’omonimo debutto per la Artoffact Records; questo, in poco tempo, ha scalato le classifiche di Itunes e ha portato a diverse recensioni positive, nonché a far parlare di loro anche in luoghi generalmente lontani dal suono industriale in qualsiasi sua forma. Ciò ha naturalmente attratto, in maniera simile al caso dei conterranei Youth Code, una serie di estimatori ma anche di detrattori, che hanno denunciato la “mancanza di originalità” della loro musica, debitrice sicuramente di gruppi come Ministry, Fear Factory, Nine Inch Nails, Front Line Assembly, Skinny Puppy, Front 242, Nitzer Ebb, Godflesh, etc…
In realtà, però, chi ha seguito il gruppo sin dall’inizio ed è dotato di spirito critico, sa che nulla è stato lasciato al caso e che l’essere fissati sul concetto di originale, nel loro caso, è un vizio di forma: come detto precedentemente, i nostri hanno seguito un piano ben studiato, mantenendo una certa immagine e mission ben chiara, cosa che non si vedeva da anni nel campo industriale, privo di personaggi veramente motivati e carismatici al di fuori dei vecchi colossi come Foetus, Skinny Puppy o Front Line Assembly, etc… che, per molto tempo, hanno avuto come eredi deboli copie della loro immagine, ma senza un proprio contenuto; un’arma importantissima in questo processo è stata la serie di remix che ha preceduto la pubblicazione dell’album, brani sapientemente dosati nel tempo in modo da mantenere alto l’interesse e, allo stesso tempo, da non rivelare troppo degli altri pezzi, questi, usati per sancire la propria affinità con il mondo electro industrial e con l’elettronica alternativa odierna. Buona parte di questi sono poi stati pubblicati nella versione limitata del loro debutto, venduta insieme ad una chiavetta USB che li conteneva insieme a Freedom From The Known di Krishnamurti e Prometheus Rising di Robert Anton Wilson in formato PDF, ribadendo la loro attenzione per l’ideologia filosofica, politica ed esoterica che vogliono esprimere.
Oggi ci troviamo di fronte all’ennesima estensione della loro campagna mediatica, nonché ad un nuovo lavoro concentrato sui remix fatti da vari artisti della scena, con alcune mancanze ed alcune aggiunte rispetto a quanto pubblicato in precedenza: Remixed, il quale offre ben quindici brani basati sulla ricostruzione di cinque brani del debutto, ovvero Master of decay, Pearls 2 swine, Nihil, Consent e Final product e rielaborati da nomi come Aesthetic Perfection, Caustic, Mircalla, Aaimon e molti altri. Questi offrono un’ampia gamma sonora che, una volta tanto, ridà dignità al concetto di remix, purtroppo spesso deturpato negli anni da inutili aggiunte senza senso o sostanza che hanno dominato le edizioni limitate e i remix album di centinaia di band del campo EBM ed electro; per fortuna, anche in questo caso, nulla è lasciato al caso, e la selezione dei collaboratori prevede molti ottimi esempi che offrono nuovi volti sonori ai pezzi in questione, rendendo omaggio. allo stesso tempo, ai nostri e cementificando la loro appartenenza alla scena moderna a largo raggio, in una dichiarazione d’intenti ed alleanze.
Si parte con i remix di Master of decay: il primo, ad opera di Aesthetic Perfection, offre una versione decisamente da club, caratterizzata da drum machine cadenzata e da synth accompagnati da cori campionati, donando al pezzo una caratterizzazione decisamente meno feroce e più ritmica legata allo stile del nostro; il secondo, più che un remix, è una rielaborazione totale del brano da parte degli Aaimon, che ne mantengono in un certo modo l’incedere, rallentandolo un po’ e ricostruendolo usando gli stilemi tipici del progetto, tra cui elementi di ambient oscura, electro industrial, suoni d’archi, e alternanza tra voce maschile e femminile, quest’ultima dedita, nella parte centrale, ad un’inquietante recitazione sospirata, donando al tutto un’aria cinematica e atmosferica dal forte impatto, che costituisce uno dei migliori episodi del lavoro; infine, Dismantled offre un’interpretazione più minimale e legata al rhythmic noise meno duro e più contaminato dalla techno in una serie di pulsioni sotterranee e campionamenti meccanici, aggiungendo, però, anche una melodia di tastiere crepuscolari, che mantiene una certa musicalità.
Tocca poi a Pearls 2 swine, rielaborata in prima battuta da Caustic,che decide di adattare il pezzo in una versione debitrice del industrial breakbeat di Meat Beat Manifesto e Techno animal (progetto parallelo, tra i mille, di Justin Broadrick, mente dei Godflesh e Jesus), ricca di ritmi sincopati e spezzati, sormontati da bassline sinistre e meccaniche, in cui tendenze elettroniche di diversa natura, vicine anche alla IDM e al dub, trovano un connubio in un brano incalzante e adrenalinico; Kanga apporta invece l’immancabile remix dubstep, in cui le tipiche ritmiche del genere si accompagnano a fraseggi di chitarra e campionamenti vocali mutuati dalla versione originale, aggiungendo voci femminile evocative che anticipano una svolta quasi jazz e malinconica dai sapori notturni e introversi, prima di riprendere l’elemento precedente; Mr Skeleton offre una delle rielaborazioni più apprezzate dal pubblico, convertendo il brano in una serrata techno/EBM che ricorda non poco lo stile di Gesaffelstein, con i suoi ritmi spezzati e potenti e con linee di bassline taglienti e industriali; infine, Diamondstein, porta il tutto verso lidi minimal /house serpeggianti che si concedono a bassi potenti e suadenti costruzioni elettroniche non necessariamente alternative.
Nihil, uno dei pezzi più potenti e, allo stesso tempo, evocativi dell’album di debutto, viene rivisto da Mircalla,che lo tramuta in un brano electro che ricorda molto Wreath of Barbs di Wumpscut, specie nelle voci passate al vocoder, e che viene giocato su un crescendo epico nel ritornello ripetuto e negli oscuri suoni ambientali che si organizzano sulla ritmica in loop; Myrrh Ka Ba punta, invece, alla EBM old school con suoni da carro armato dal sapore teutonico, serrati e marziali nel loro incedere, in cui si mostrano spigolose distorsioni dal taglio quadrato e martellanti drum machine in 4 / 4.
Consent ci offre, grazie a Randolph & Mortimer, un altro degli episodi migliori, riprendendo una delle grandi influenze dei 3Teeth: i Ministry di Psalm 69, convogliati tanto nei loop di riff di chitarra ripetuti ad oltranza quanto nelle drum machine impazzite e nei campionamenti meccanici, in un industrial rock da tregenda che strizza l’ occhio al passato; tocca poi invece a BLKHRTS elaborare quello che forse è il remix più atipico di tutto il lavoro, il quale porta suoni hip hop contaminati con la dubstep e parti cantate rap in una sorta di canalizzazione di Tricky, ma in chiave meno strisciante e più combattiva.
Final product viene rivista dai Freakangel in un’electro marziale giocata su disturbi elettronici e loop industriali, in cui le chitarre fanno la loro comparsa mantenendo anche l’elemento industrial metal tipico tanto dei 3Teeth quanto loro; Brain Influenza aggiunge drum machine distorte e martellanti in un pezzo dark industrial dalle atmosfere da fabbrica, in cui non mancano synth vorticosi e tastiere evocative che, a loro volta, offrono spazi musicali più umani; Restriction 9 offre, invece, un remix da club basato su distorsioni di bassline e ritmi ripetuti ed è uno degli episodi forse meno sorprendenti e monotoni del lavoro, adatto sicuramente alla pista e meno all’ascolto casalingo; infine Synesthesia chiude l’album su un’altra nota, grazie alla sua rielaborazione synth pop minimale e toccante che dona un’aria onirica e notturna al pezzo, reso intimo e retro nei suoi delicati andamenti dark che ci spediscono negli anni ’80 più neri e gotici, ma allo stesso tempo anche sintetici, in una profonda malinconia musicale dal sicuro impatto.
Concludendo: un ottimo lavoro che permette anche a chi magari non ha amato il debutto dei nostri di avvicinarsi al loro mondo grazie alle interpretazioni qui contenute e, a chi già li apprezza, di godere di nuove versioni che creano una grande varietà e che sperimentano con il loro suono portandolo verso altri lidi e mondi uditivi e che, come detto, rafforza la presenza dei 3Teeth nello scenario attuale. Questi sono solo all’inizio della loro ambiziosa carriera e promettono nuovi interessanti sviluppi sia sul piano musicale che su quello comunicativo e mediatico, dimostrandosi una band 2.0 che ha deciso di portare avanti un discorso artistico-multimediale che non rinuncia a nessuno dei mezzi moderni, in una riproposizione attuale dell’ethos DIY che sta alla base di un certo suono e di una certa “estetica” sonora ed esistenziale.
Label: Artoffact records
Voto: 8