Youth code – An overture

Pubblicato da Alessandro Violante il settembre 30, 2014

youth-code-an-overtureE’ vero, lo ammettiamo, non parlare del debut album dei californiani Youth code è stata una grande dimenticanza del 2013. Come? Qualcuno si starà chiedendo chi siano Ryan George e Sara Taylor? No, non sono solo una costola di Rabies degli Skinny Puppy o di State of mind dei Frontline assembly, sarebbe troppo riduttivo e semplicistico. Certo, è pur vero che questo duo è riuscito, nell’arco di una manciata di mesi di attività, a far gridare al miracolo più di qualcuno e a farli suonare nel nuovissimo tour statunitense Alliance of sound al fianco di artisti come i già citati Puppy, Haujobb e VNV nation. Molto più vicini ai primi, negli States sono già delle celebrità nei circoli più o meno underground e qualcosa mi dice che presto la Metropolis records farà una telefonata alla Dais records, la loro label attuale.

Recentemente anche una fonte più mainstream ma attenta alle novità come Pitchfork ha avuto interesse per il nuovo brano Consuming guilt e lo ha elogiato e premiato abbondantemente. Insomma, sarà oro quel che luccica, sembra proprio di sì. Copertina minimale, sound che eredita l’electro industrial canadese rendendolo ancor più groovy e “scatoloso” (alla maniera in cui la techno venne definita come l’incontro tra George Clinton e i Kraftwerk in un ascensore) con una spolverata di Wax Trax! sound ed ecco fatto. Non è facile intuire quale sia l’ingrediente segreto della Coca cola post-industrial del 2014 ma è certo che non bastano i paragoni con i grandi maestri degli anni ’80 e ’90 (Carried mask la nuova HexonxonxDestroy, said she un brano a caso dalla già citata prima produzione di Bill LeebWhat is the answer b-side di VIVIsectVI per citarne solo alcune). Un altro elemento fondamentale per la buona riuscita della miscela è una carica direttamente presa in prestito dagli act digital hardcore come Atari teenage riot e, soprattutto, i ben più duri e ispirati Ambassador 21, pensiamo a Rest in piss come esempio estremamente calzante di questo paragone.

Ad ogni modo, parlando nel dettaglio della release, si tratta di un album contenente i quattro nuovi brani del 2o14 (l’e.p. A place to stand) e il loro debut. Finora abbiamo parlato di quest’ultimo, ma soffermiamoci sui quattro inediti. Laddove certa critica avrebbe potuto facilmente etichettarli, senza ascoltarli attentamente, come dei cloni perfetti del sound canadese (ma con un’attitudine ed un’immediatezza punk californiana a condire la formula), i nuovi quattro episodi si discostano dalla cieca rabbia iniziale e assumono i contorni di vere e proprie canzoni e non più puri scorci del loro modo di vedere e fare musica, e questo è un bene.

I musicisti stanno esplorando nuove strade per costruire un loro trademark e, per far questo, hanno fatto leva sulla costruzione di strutture più ragionate, quasi rock, nelle quali gli hook sono ben dosati e lanciano il refrain più adatto allo scopo. Nel mezzo divampa la fiamma dell’elettronica sorda, tutta canadese, sulla quale tutto il resto viene edificato, così come la drum ‘n bass di A litany, brano di rivolta contro tutte le ingiustizie presenti nel mondo odierno e perpetrate verso le specie umane e animali. La rabbia è un fattore fondamentale, tipicamente americano, che li discosta dai loro simili post-industriali e che li colloca nella sfera d’oltreoceano (in questo sono molto hardcore nel senso più largo del termine). Anche i campioni non sono più palesemente copiati da cEvin Key e Rhys Fulber e mostrano la propria, termine ossimorico, originalità, se di tale termine si possa parlare.

Se si volesse interrogare qualcuno sul futuro del post-industrial, si potrebbe senz’altro chiederlo anche a questo duo, un fortunato esperimento di cui, e lo sta dimostrando, questo genere musicale sente il bisogno. Il crossover tra gli stili è del resto la quintessenza dell’electro industrial statunitense e canadese. Si pensi a tanti lavori capostipiti del genere degli anni ’90.

L’obiettivo è centrato, ora tocca andare avanti in questa direzione, migliorandosi sempre e tentando sempre nuove strade. La strada è quella giusta.

Label: Dais records

Voto: 9,5