Pubblicato da Alessandro Violante il dicembre 14, 2015
Click here to read this review in english!
I Twice a Man sono tornati il 6 novembre 2015 con un nuovo album inedito, pubblicato su Indigo. Il pionieristico gruppo dark synth-wave svedese, nato a Gothenburg agli inizi degli anni Ottanta, oggi ci regala un ispirato e fresco lavoro intitolato Presence. Il disco è dedicato, in massima parte, alla paranoia e alla diffidenza nei confronti dell’altro e del diverso, sullo sfondo dei recenti, tragici eventi di guerra, del fondamentalismo e del terrorismo che insanguinano il pianeta. Si tratta di una sorta di ritorno alle origini, sospeso tra melanconia, distopie impellenti, e delicate incursioni in lidi dark, con derive cosmiche a base di (retro)futuristici sintetizzatori analogici.
Se si escludono alcuni episodici eventi dal vivo (realizzati dal 2013 ad oggi), è la prima volta dal 1986 che Jocke Söderqvist torna ufficialmente nella line-up assieme agli storici fondatori Dan Söderqvist e Karl Gasleben. Questi ultimi due, dalle ceneri dei Cosmic Overdose (attivi dal 1978), avevano posto le basi per la nascita del progetto Twice a Man. Il nome della band, per chi non lo sapesse, deriva dall’omonimo film sperimentale realizzato nel 1964 da Gregory J. Markopoulos. Dal 1981, il gruppo svedese incomincia a dedicarsi ad un originale synth-pop atmosferico e teatrale a base di sintetizzatori, realizzando il suo primo album, Music for Girls, nel 1982, cui seguiranno grandi ed indimenticabili classici come From A Northern Shore (1984), Slow Swirl (1985) e Driftwood (1988), basi essenziali per tutti gli amanti di un certo tipo di musica che rilegge il paradigma wave dei New Order ed il synth pop degli Ultravox (dell’era Vienna) in chiave dark-synth, avvicinandola anche ad una sorta di elettronica proto-ambient alla Brian Eno. È una formula che i Nostri hanno contribuito a creare e diffondere e che oggi sembra essere di nuovo sotto i riflettori anche grazie a giovani gruppi come Keluar, Vólkova, Schonwald e ad artisti come Void Vision e Qual (ma sarebbe lungo elencare i gruppi emuli o debitori di un certo tipo di sound “post”-dark synth).
A differenza di molti progetti recenti, i Twice a Man non mantengono una linea “minimale” e non hanno paura di condire il tutto con una mai sopita vena neoromantica di matrice wave, molto più “warm” che “cold”, capace di colpire con melodie che rimangono in testa e con una gran cura nella produzione e nella resa sonora, anche dal vivo, come vi abbiamo raccontato in occasione della loro ottima performance al A Warm Wave Concert, un minifestival che si è tenuto il 30 maggio a Stoccolma e che li ha visti calcare il palco assieme ai Keluar, ai Vólkova, agli Alvar ed ai Red Mecca. In questo loro ultimo lavoro, l’apertura delle danze viene affidata alla triade composta da A Time Of Terror, Here Comes the Rain e A World is Gone, tutti brani dedicati alla deriva del mondo contemporaneo tra guerre, fondamentalismi, mancanza di utopie, in un mondo sull’orlo del collasso. L’intro di A Time Of Terror, cantato da Enas Ekhzaiq, è emblematico dello spirito dell’album: qui i Nostri mostrano anche una certa abilità maturata nel comporre musica per il teatro e per le colonne sonore, come era avvenuto soprattutto nell’ultima parte della carriera del progetto, quando i Twice a Man avevano realizzato anche delle musiche per il Kungliga Dramatiska Teatern, la televisione, la radio, nonché la colonna sonora di Kula World, un videogame realizzato dallo studio svedese Game Design Sweden AB.
Con Here Comes the Rain veniamo, invece, catapultati in uno scenario vicino alle sonorità di un album come Slow Swirl, con un gradito ritorno verso quelle sonorità originarie. Colpisce come la voce di Dan Söderqvist non abbia perso nulla del suo pathos evocativo mentre ci narra, in A World is Gone, di un bellissimo pianeta oramai morto, ucciso dall’avidità e dalle corporations. Black, il singolo dell’album, è un buon brano a base di chitarre darkwave e di un cantato che fa la differenza, ma tutto sommato non aggiunge molto a quanto fatto in passato, mentre Lines e, soprattutto, il brano omonimo, aprono progressivamente a dimensioni più futurepop alla Covenant, con scariche di adrenalina e venature di luce synth pop.
L’ultima triade dell’album, che vede la partecipazione dell’artista svedese Karin My (Carbon based life forms, Coph Nia, Hype, ecc) si apre con l’ottima Kick the Earthdrum e continua con Universal Stream, che vede Karin duettare con Dan. High In The Clouds, infine, ci parla di disastri ecologici impellenti, ma chiude il tutto anche con un bagliore di speranza verso il futuro.
Presence è un album che conferma la classe dei Twice a Man, maestri del dark synth e progenitori di molta musica che oggi è tornata prepotentemente attuale nelle sue nuove incarnazioni “warm wave”, brucianti di rinnovata vitalità; raffinate quanto classiche melodie, con un tocco scandinavo che non rinuncia ad un impegno non banale rispetto al presente, ma soprattutto con uno sguardo rivolto sempre al futuro.
Voto: 8
Label: Indigo