Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 1, 2016
Recentemente la coraggiosa Hands Productions ha festeggiato il suo venticinquesimo anniversario con un monumentale quadruplo box (che abbiamo recensito sulle nostre pagine) ed è tornata, dopo qualche mese di assenza, con sei nuove uscite, pubblicate il 22 aprile, in occasione dell’annuale festival della label tedesca, il Forms of Hands, durante il quale sono state “presentate”. E’ dal 1995 che Hands pone al centro del suo interesse la ricerca e l’evoluzione formale e strutturale della musica elettronica, ed è lo stesso spirito che anima un lavoro importante come No surrender, no retreat, a firma Trackologists, formato dai noti The_empath (che l’anno scorso era uscito con l’esplosivo Trackology per Ant-Zen) e dal duo Heimstatt Yipotash, il cui ultimo album, per Hands, risale al 2014.
Il messaggio dei Trackologists è chiaro, ed è una proiezione di quello della label che lo ha prodotto: non c’è traccia della volontà di ritirarsi nè di arrendersi ad un mercato discografico drasticamente mutato e agli indubbi segni dell’età. No surrender, no retreat è un lavoro che manifesta la medesima urgenza creativa manifestata dalla label nei suoi primissimi anni di attività, ed è tutto fuorchè un banale esercizio di stile operato da chi sa di aver già detto tutto, perchè i Trackologists, prima di essere dei musicisti, sono dei tecnici-esploratori sonori, e sono profondamente distanti, musicalmente e concettualmente, dalle logiche del mercato musicale di massa. Il loro primo album mette in mostra una rilettura tecnico-scientifica della cosiddetta musica electro-industrial (sebbene questa definizione sia alquanto riduttiva, applicata al lavoro in oggetto), totalmente slegata da qualsiasi tipo di “umanità” e di retaggio lirico-tematico appartenente al passato. Inutile, pertanto, parlare di influenze di genere. Se proprio dovessimo trovarle, queste sarebbero da ricercarsi nell’approccio della label (e, nel caso di The_empath, della Ant-Zen). No surrender, no retreat è un esperimento molto ben riuscito, che pone in evidenza approcci molto differenti tra un brano e l’altro, brani legati, comunque, da un filo rosso comune.
Da un lato ci sono i beat martellanti e i ritmi claustrofobici di The_empath (il caso più emblematico è forse Suicide with plastic gun), mentre dall’altro ci sono le atmosfere e le astrazioni ritmiche degli Heimstatt Yipotash. Questo incontro dà vita ad un lavoro mai banale ma sempre pieno di sorprese e di pattern musicali da assaporare col contagocce per comprendere l’estrema cura per il particolare, per il dettaglio, per quel determinato “passaggio” che dona ai brani quel quid che spesso non è presente in altri lavori dello stesso genere. Quello dei Trackologists è un lavoro che concettualmente si lega all’idea di ricerca sonora inseguita lungo l’arco dell’intera storia della musica elettronica tedesca, passando per Stockhausen e i Kraftwerk (per citare due esempi noti) fino, appunto, a quanto fatto dalla Hands, e può essere una buona chiave di lettura del lavoro.
Focalizzandosi in maniera più specifica sui singoli brani, l’opener Sonic barrier evidenzia un approccio cinematografico di matrice sci-fi, in cui tutti i trademarks dei musicisti vengono messi subito in evidenza: c’è il gusto per linee di synth di matrice old school electro-industrial (ma con quel tocco in più offerto dal pianoforte) così come c’è il mid tempo mai scontato anche grazie a delle dilatazioni ritmiche poste al posto giusto e nel momento giusto. Modified newtonian dynamics esibisce un gusto quasi funk nei suoni adottati e presenta dei vocals particolarmente distanti, come se a parlare fossero delle macchine. La title track ricorre a beat dalla consistenza meno marcata esibendo una marcia in più grazie alle pregevoli e mai scontate costruzioni ritmiche, di derivazione IDM, di cui l’album è molto ricco. τ = 2π esibisce atmosfere siderali ed astrazioni ritmiche anch’esse vicine a certa intelligent dance music, evocando viaggi in pianeti sconosciuti (grazie all’abile uso delle strumentazioni utilizzate) e spostando il focus sull’universo scientifico. Anche qui notevoli sono certe particolari intuizioni.
Suicide with a plastic gun è invece il brano più diretto, in cui il ritmo, potente e cupo, assale l’ascoltatore, coinvolgendolo in un balletto tarantolato, su cui si ergono vocals distanti e “robotiche”. Larmoyanz e Self-replication riprendono l’universo concettuale-spaziale per riportarci in viaggio verso territori marcatamente sci-fi alla scoperta di nuove forme di vita, ma in modi diversi: la prima enfatizza la componente ambient ed il ritmo mutevole, mentre la seconda ha un ritmo più disteso e definito, che in qualche modo rievoca alcune cose di Aphex Twin, attraversato da un mood surreale. Uno degli episodi più particolari e riusciti è senz’altro Bayt Al-Hakima, che cambia direzione per dirigersi in territori mediorientali, mutando di conseguenza il beat, più “fisico” e tribaleggiante, e le linee di synth, da interpretarsi come il tentativo di esplorazione di culture ben differenti da quella europea, uno spiccato interesse per l’Altro che da sempre fa parte del patrimonio della musica industriale. Boötes void chiude il cerchio con un lungo e ritmato mid tempo esplorativo dal forte gusto ambient e sci-fi, per poi proseguire con due riletture dell’opener, la prima di The_empath, la seconda degli Yipotash: IDM claustrofobica e al fulmicotone la prima, più pacata e old-fashioned la seconda, ma entrambe particolarmente valide.
La chiusura viene affidata a due Hidden tracks: la prima (Silence & credits) recupera un certo gusto per le ghost tracks degli anni ’90 e si conclude con la voce robotica dei musicisti, che si presentano con, in sottofondo, una linea di synth dal sapore ’70s tedesco (alla Kraftwerk), mentre la seconda (Prologue EA_version) esibisce un ritmo veloce, spedito ed intelligente che rappresenta una perfetta conclusione per un album ricchissimo di idee e spunti differenti.
Alla luce di quanto detto, No surrender, no retreat è un lavoro completo, che lascia esterrefatti per l’estrema qualità dei brani, per la certosina cura per i particolari e per la resa sonora. Hands torna quindi in pompa magna con uno dei lavori più particolari e fuori dagli schemi di una annata, questa, che si sta rivelando foriera di ottimi dischi.
Label: Hands Productions
Voto: 9