The Opposer Divine – Reverse//Human

Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 4, 2016

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A volte, in musica, quando un genere non è particolarmente sulla cresta dell’onda, è proprio allora che, più facilmente, i musicisti si sentono slegati dalla necessità di creare musica “di genere” senza una decisa personalità. Si sa, oggi il cosiddetto electro-industrial non è propriamente il genere più seguito, e allora forse a qualcuno il nome The Opposer Divine potrà sembrare nuovo, ma la qualità del suo nuovo lavoro, Reverse//human, uscito esattamente un anno dopo Barb wire around your neck, entrambi per la pregevole Aliens Production, non mancherà di stupire.

The Opposer Divine è lo pseudonimo del progetto solista di Boris Mutina, che, insieme a suo fratello Tomas, forma i più noti Terminal State, uno dei più conosciuti progetti electro-industrial ma anche, più nello specifico, dark electro, l’ultimo album dei quali è uscito per la Electro Aggression Records.

La musica di Boris Mutina è qui senz’altro parzialmente influenzata dalle lezioni di Dead When I Found Her e Front Line Assembly (ma soprattutto dal sofisticato dark electro di Object, seppure reso in chiave meno complessa, guadagnandone però in pathos), pur mostrando una spiccata personalità. Quello che rende Reverse//human un disco che resisterà all’incedere del tempo è la sua fortissima attualità. L’electro-industrial è infatti un genere che fotografa i linguaggi musicali elettronici contemporanei trasposti in una dimensione musicale post-industriale, ed è quello che fa Boris Mutina / Minor Float in questo album quando, ad esempio, si cimenta con ritmi dub in Ice planet (una pregevole strumentale ricolma di sampling intelligente), con un certo andamento dubstep nella lunga e conclusiva Deceit of the saints, con un ritmo vicino alla drum ‘n bass in Life e in This is it, con l’IDM in Arrival (un approccio che rimanda a certe cose di Syntech, quello di Only ruins remain). Questo si intende per relazione diretta con la musica di Bill Leeb, un legame concettuale, in quanto i FLA, considerati tra i massimi protagonisti del filone, cominciarono a focalizzare la loro attenzione sul melting pot tra industrial ed elettronica ballabile già con lo storico Tactical Neural Implant, proseguendo in questa direzione fino ad oggi.

Minor Float è influenzato dalla musica di Holloway per via di un approccio caldo, umano e introspettivo al linguaggio musicale, meno freddo rispetto all’immediato passato (Barb wire around your neck, che invece era un album che suonava fantascientifico e, in qualche modo, “distante”). Questo approccio lo troviamo nei suoni scelti, “corposi”, ricchi di pathos, nelle trame melodiche sviluppate per ogni brano con grande maestria. I brani, così come quelli di All the way down del Canadese, sono pensati per avere una sorta di forma canzone, per essere organici, e non semplicemente delle schegge attaccate tra loro a mo di collage. Sarebbe alquanto riduttivo parlare di parti di un tutto, di “lotto” di brani, quasi denigratorio, perchè ogni brano, non considerando la breve introduzione, può vivere tranquillamente isolato dagli altri ed ha una chiarissima e forte personalità.

Ecco allora, a mo di esempio, che brani come ReverseMagnetic shield e This is it sono delle vere e proprie canzoni così come lo sono Mindphaser e Worlock, brani che hanno un’anima, non banali esercizi stilistici mirati ad evidenziare la strumentazione utilizzata per comporli. Non è un caso che vengano citati anche gli Skinny Puppy, perchè un brano come Last messiah utilizza un intelligente sampling di chitarra molto simile a quanto fatto da Ogre e i suoi in passato, inserendolo però all’interno di un brano strutturalmente molto distante dalla loro formula. C’è poi il già citato Object nella compatta e tarantolata War così come nel mid tempo esagerato di Human//animal, esagerato perchè qui le ritmiche non sono mai banali, sfruttate fino al midollo, ma l’alone del Tedesco è evidente, più in generale, nello spettro sonoro utilizzato da Boris Mutina e nelle atmosfere decisamente oscure e “decadenti”, diverse dalla meccanica formula canadese. Al centro di questo lavoro c’è l’uomo e non la macchina, e questo si può facilmente evincere anche dai titoli dei brani, talvolta di impronta filosofica.

E’ chiaro quindi, davanti ad un album egregio come questo, come comporre electro-industrial attuale oggi significhi, per forza di cose, allontanarsi da certi vecchi clichè di genere, da certe fantasie cibernetiche, dallo sfruttamento di film come Blade Runner fino a consumarne anche le ossa, da tutto un universo legato alla fine del millennio che oggi semplicemente rappresenta solo l’ombra di se stesso. Come ci dimostra qui Minor Float e come ci dimostra anche Holloway, oggi è importante focalizzarsi sull’individuo, trasformare l’electro in qualcosa di più di un balletto meccanico, per citare Lèger. Oggi l’ascoltatore chiede qualcosa di più. Fortuna che The Opposer Divine, in Reverse//human, ha chiaramente colto il segno, e ci auguriamo che continui con questo ritmo di pubblicazione senza cadute di stile. Fin qui, tutto va magnificamente.

Label: Aliens Production

Voto: 9