Pubblicato da Alessandro Violante il gennaio 29, 2015
Da più parti si disse che il 2015 sarebbe stato l’anno del ritorno in pompa magna dell’electro industrial. Eccovi di fronte al primo frutto di questa previsione: The opposer divine è il side project di Minor float degli slovacchi Terminal state, un nome che chi ci segue da tempo ricorderà perchè parlammo del loro album del 2013 uscito per la Electro Aggression Records. Tuttavia, questo indizio potrebbe non esservi di grande aiuto perchè il nostro subentrò in fase avanzata di composizione di quell’Illegal space activity che fu considerato una gemma di ineguagliabile valore nel panorama electro complesso e old school.
Laddove l’ultimo album dei TS era chiaramente influenzato dal sound canadese dei Front Line Assembly sebbene possedesse un chiarissimo trademark, Barb wire around your neck non ha molto a che vedere con quel sound, è al contrario un lavoro particolarmente ricco delle più disparate soluzioni stilistico-ritmiche, di suoni e di livelli di lettura. In particolar modo, sono questi ultimi i tratti fondamentali di un buon disco electro industrial che si rispetti: introspezione, alienazione, cerebralità, focus sulla distopia e una discreta dose di pessimismo. Questo lavoro ha in sè tutto quello che si può richiedere ad un lavoro di questo genere e ha tutto nella giusta misura, quasi un disco perfetto. Non lo è solo perchè quasi tutto è migliorabile, ma analizziamolo in dettaglio.
Innanzitutto il concept: secondo una particolare visione, tutti siamo degli opposer divine: creature di un dio (qualunque egli sia) guidati da idee diaboliche. In questo senso, in noi coesiste questa forte, antitetica opposizione. Dio e il Diavolo sono ovviamente delle metafore della nostra natura ambivalente che ci rende buoni o cattivi in una misura variabile a seconda dell’individuo e questo rapporto ci spinge a pensare la nostra identità di esseri pensanti. Tutto questo dibattito su noi stessi, tutta l’insicurezza che indubbiamente ripensare sè stessi genera, talvolta ci fa sentire oppressi, come se avessimo del filo spinato intorno al collo, che è appunto il titolo dell’album. Ci sentiamo mancare l’aria. Chi siamo veramente? L’electro ci pone spesso di fronte a questi dubbi, se l’ascoltatore è ben disposto a farlo.
Già nell’opener, in un mid tempo trascinante e dalle tinte elettroniche particolarmente oscure (che ritroviamo in tutto l’album), l’individuo si interroga su chi e cosa effettivamente sia il bene e il male per lui: la malattia che lo distrugge, il male, o il dio che non gli fornisce una soluzione, il bene. Forse il suo dio lo sta mettendo alla prova, altrimenti perchè dovrebbe soffrire di questa piaga sconosciuta che lo attacca nella sua intrinseca debolezza? Del resto il concetto di divino, e quindi quello di bene, gli ha promesso una maggiore forza e la medicina perfetta per scacciare proprio quel male, che però non sortisce i suoi effetti. Il brano si intitola The test.
Con Proxima entriamo a pieno titolo in questo viaggio in una galassia lontana e sconosciuta, futuristica e distopica. I ritmi si rallentano, i suoni si fanno sempre più elettronici e sintetici, la voce scompare per fare posto all’artificiosità di quello che sentiamo e di quello che ci circonda: il remix dei Terminal State fa il suo egregio lavoro facendoci viaggiare verso lidi sconosciuti, quelli di Proxima, un luogo / non-luogo che possiamo solo immaginare con la fantasia. Qui (e da qui in poi non si tornerà più indietro), le ritmiche si fanno sempre più complesse e multisfaccettate. Mentre la titletrack prosegue in questa direzione, False divinity conferisce ancora maggiore grooviness al brano aggiungendo degli inserti di chitarra, altra caratteristica del genere nella sua accezione classica, che donano una giusta pesantezza all’atmosfera generale. Qui il testo non lascia adito a molti dubbi: il nostro dio ha la grande colpa di non esserci quando ne abbiamo bisogno, di osservarci soffrire, e quindi è inutile e una falsa divinità.
Existence è un lungo episodio di nove minuti lento e criptico, atmosferico e cinematico, distopico e sci fi, quintessenza della materia sonora elettronico-industriale, pesante come un macigno ma leggera come una piuma che, nella nostra testa, diventa pesantissima. E’ una spada di Damocle che aleggia nella nostra mente per un tempo interminabile, un brano inesorabile che riesce ad esprimere perfettamente quel che vuole comunicare. Ritmiche lente e tappeti sonori intricati garantiscono il successo di questo episodio.
Se il brano precedente, come dice il titolo stesso, ci fa riflettere sulla nostra esistenza di individui, la successiva Fire on the wings è il racconto di un individuo che, attraversando i posti più oscuri e tra mille difficoltà diventa un essere supremo, una sorta di superuomo nietzschciano libero dal concetto di divinità che non ha bisogno di un padrone, in un’ottica secondo cui la divinità opprime l’individuo legandogli del filo spinato attorno al collo e il cosidetto male rappresenta la strada per la sua libertà mentale e individuale, lasciando che egli sia libero di realizzarsi con le sue sole forze e di acquisire il fuoco sulle sue ali. Anche qui, essendo angelo e creatura divina, l’uomo possiede delle ali, mentre il fuoco rappresenta la sua controparte diabolica che, però, gli dona una forza che prima non possedeva. Dal punto di vista musicale, questo è uno dei brani più ricchi di soluzioni groovy e particolari. Questo è dark electro nella sua accezione migliore.
Se Nano è un brano che torna a riflettere sulla caducità della condizione umana e sulla sua impossibilità di vincere la sua guerra, Proxima, nella sua versione originale, è un lento episodio electro in cui una voce distante, quasi aliena, ricorda all’uomo di essere insonne talmente la sua mente è tormentata e talmente egli è sofferente per questo: non c’è niente di peggio di un individuo che vive tutto il giorno il suo incubo quotidiano impossibilitato a prendere sonno, il che prima o poi gli aprirà le porte della follia. Star map inizia invece con un duro e spacey 4 / 4 oscuro, atmosferico e strumentale che ci catapulta su una navicella aliena a spasso per galassie sconosciute.
Dopo un remix della titletrack ad opera di Pyrroline, anche loro autori di un disco nel 2013 per la Electro Aggression Records (uscito il medesimo giorno di quello dei TS), sicuramente più melodico, meno spacey e caratterizzato da un parziale stemperamento del mood oscuro e oppressivo rispetto alla versione originale, Encounters (Missing heartbleed) è il pezzo meno oscuro del lotto, più umano se vogliamo, anche grazie ai passaggi melodico-pianistici. Sembra quasi un brano da rientro a casa dopo lunghe peregrinazioni, se non fosse che la cosiddetta calma prima della tempesta fa da apripista al brano più deragliante, veloce e massiccio dell’album, Storm, che aggredisce l’ascoltatore con ritmi serrati, pressanti e techno-ish, che non si esiterebbe a definire (cyber)punk. Un colpo di coda che non fa che dare al disco un punto in più rispetto a quanto già ascoltato prima.
C’è ancora spazio per il remix della titletrack da parte dell’altrettanto capace nome electro industrial mulpHia che ce ne regala una versione più melodica, inscatolata e groovy, particolarmente moderna nel sound e accattivante, in cui la melodia pianistica è libera di muoversi, e per un remix di Storm ad opera di die_produktivitaet, una versione sicuramente meno strabordante e veloce ma più orientata al dancefloor alternativo. Laddove la versione originale è una scarica violenta al fulmicotone, il remix è un mid tempo vicino, per certi versi, a certi episodi dei Front Line Assembly, in bilico tra elettronica di derivazione novantiana e cyberpunk ed inserti di chitarra.
Minor float ha lavorato molto a questo album e lo sforzo si percepisce. In questo lavoro di migliorabile c’è ben poco: è uno dei lavori più interessanti in ambito dark electro degli ultimi mesi e, probabilmente, se si fosse trattato di un nome ben più blasonato, si starebbe già gridando al miracolo. Tenete d’occhio questo progetto perchè è una delle cose migliori in circolazione nel genere. Se queste sono le premesse per quello che ci aspetta quest’anno, le nostre orecchie avranno di che godere.
Label: Aliens production
Voto: 9, 5