The devil & the universe – Haunted summer

Pubblicato da Davide Pappalardo il dicembre 28, 2014

the-devil-and-the-universe-haunted-summerIl panorama elettronico-sperimentale odierno è ricco di realtà medie o piccole, misteriose, particolari, sfuggenti, che giocano a cavallo delle tendenze più oscure del nuovo millennio e di tutto l’armamentario di ormai svariati decenni di pulsioni sintetiche e ambientazioni; complice anche internet e le varie etichette underground legate ad esso, sempre più queste realtà stanno uscendo allo scoperto supportate da edizioni limitate fisiche e dall’apporto del digitale.

Una di queste etichette coraggiose che porta avanti un discorso “per pochi” fatto con passione è la Aufnahme + wiedergabe, già casa di diversi progetti come In death it ends e Ghost actor, che vanta nel suo roster anche il gruppo qui recensito ovvero The devil & the universe; composti da Ashley Dayour, collaboratore degli L’Âme Immortelle e da David Pfister, i nostri hanno già all’attivo, in neanche due anni di esistenza, svariati E.P. ed un album il primo dei quali è :Imprint Daath:,e si presentano ora con il secondo lavoro Haunted summer.

Il loro è un suono che parte da una robusta base dark ambient e minimale a cui si aggiungono campionamenti di chitarra, synth tetri e pulsioni ritmiche tra il rituale e il tribale, riscoprendo gli aspetti più atavici e sinistri della corrente occulta che da un po’ di anni interessa il suono elettronico underground. Il risultato è insieme intimo e cinematico, maestoso e introverso, per un ascolto personale che apre la via per altri mondi che stanno oltre il lato nero dell’anima.

Haunted summer ci accoglie subito con sinistri campionamenti oscuri e rituali, con voci da cronaca nera e battiti ossessivi ripetuti, in un crescendo incalzante che presto vede l’aggiunta di riff di chitarra distorti e taglienti, in un’onda sonora che si espande sulla ritmica dilatata ed imperante dei nostri; in sottofondo si delineano oscure trame sonore da film horror che ci accompagnano per tutto il pezzo fino alla sua conclusione.

Cloak of dispersion mette in mostra l’anima più ambient e raffinata dei nostri prima con suoni onirici e campionamenti d’orchestra, poi con ritmiche serpentine degne di un mondo desertico, a cui si aggiungono synth siderali e graffianti elementi metallici; non manca lo strumento a corda qui pizzicato in delicati arrangiamenti, sui quali trovano spazio voci liriche in un mantra ipnotico che assume sempre più mistero nel suo incedere.

Goat head assume connotati marziali da colonna sonora epica con marce militanti cadenzate e pulsioni techno oscure che portano avanti la trama sonora con una viva irruenza che lega il sound dei nostri ad elementi non così scontati, dimostrando la capacità di rielaborare un ampio spettro di elementi a funzione del proprio mondo musicale e di una certa idea unitaria che si manifesta sotto varie forme.

Calling of the shades ci sorprende ulteriormente e, dopo essersi introdotta con suoni etnici e drum machine meccanica, porta in piazza soavi synth melodici ed ammalianti sui quali si organizzano campionamenti vocali; otteniamo una rielaborazione di certa materia EBM ed electro anni ottanta sempre organizzata in un lisergico rituale in cui organico e sintetico concorrono ad un unico obiettivo: aprire la porta per universi paralleli che esistono nella mente dell’ascoltatore.

La conclusiva Gipfelrausch raggiunge quasi dieci minuti di durata e parte in modo sommesso con campionamenti di uccelli e campane al vento; presto, però, trovano terreno effetti elettronici solenni ed ariosi dall’animo ambient e orchestrale, con suoni di strumenti a fiato che procedono calmi e delicati. Questi continuano in un loop in crescendo presentando questa volta non l’oscurità bensì una sorta di trama mattutina, in una rinascita della natura e dell’energia alla fine di una lunga notte dell’anima. Le campane da chiesa mandano messaggi insieme familiari e distanti, così come i toni marziali che si organizzano in sottofondo in un andamento più epico che, nel finale, lascia spazio ad effetti taglienti e ad archi armoniosi.

Haunted summer dei The devil & the universe si dimostra, quindi, molto apprezzabile: oscuro ma aperto a varie soluzioni e suggestioni emotive, strumentale ma ricco di campionamenti vocali e lirici, sintetico ma non avverso alla presenza di strumenti analogici e partiture orchestrali, ora calmo ora più pugnante e maestoso. Cosa più importante, a giochi fatti rimane nell’animo come un lungo percorso disseminato di varie stazioni che ci porta in un finale che è anche un inizio, in un ciclo stagionale di morte e rinascita che si protrae in perpetuo, perché vi sono strani legami tra il Diavolo e l‘Universo e quest’album ne è una resa sonora per rituali catartici.

Label: Aufnahme + wiedergabe

Voto: 8, 5