Pubblicato da Alessandro Violante il agosto 18, 2015
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Chi segue con attenzione il panorama electro industrial avrà molto probabilmente letto, almeno una volta, il titolo della magniloquente tripla release dei tedeschi TET, i Travailleur En Trance di Amburgo, ovvero Code ultimate control, sulla quale ha sempre veleggiato un denso alone di mistero.
Cresciuti all’ombra di act meno originali ma, rispetto a loro, trovatisi sotto i riflettori nel momento giusto, il duo è attivo sin dal 1993 a suon di autoproduzioni, e il loro ultimo disco risaliva al 2008. Dopo otto lunghi anni di attesa, è arrivato il momento di presentare un lavoro commemorativo in cui è possibile ascoltare i tre lavori principali del duo, l’ultimo Controlling the night skies, contenente i loro sforzi degli ultimi quattro anni, e i loro lavori più vecchi, Cobra coded escalation del 2008 e Ultima ratio intervention del 2005. Che si cominci dal lavoro più recente o da quello del 2005, la trasformazione del loro sound è particolarmente evidente, pur avendo certamente sempre mostrato la volontà di creare brani mai banali, sempre di confine.
Uno dei tratti principali dei loro lavori è la visione cinematografica della musica, un electro industrial perfettamente in linea, sia dal punto di vista lirico che musicale, con le migliori realizzazioni del genere, in cui spesso sembra di trovarsi all’interno di un set cinematografico sci-fi. Tecnologia, sorveglianza, controllo e distopie assortite sono il substrato culturale-testuale sul quale musica spesso complessa e sempre aperta a momenti ambient ad effetto svettano con orgoglio.
Inizialmente influenzati dalle prime ondate electro industrial ma anche dall’EBM, attraverso i loro tre lunghissimi album è possibile anche comprendere l’evoluzione di un genere che, specialmente nell’ultimo lavoro, Controlling the night skies, mostra una realtà che ha trovato la sua formula personale nel genere e che è ancora una volta riuscita a reinventare e rileggere un genere in cui è facile ripetersi o creare copie carbone dei dischi classici del genere. Si parte con brani di confine tra il ballabile e l’electro, uno su tutti Damn body deception, in cui trame electro e quadratura EBM mostrano una realtà alla ricerca di una propria formula personale, una realtà che tenta di uscire fuori dal confine della body music focalizzando l’attenzione sul ruolo dell’electro, sul decadimento del corpo che la fredda e quadrata EBM non può giustificare.
Altro brano emblematico in cui si intravede il loro percorso artistico di confine è Embody, un brano quadrato e perfettamente catalogabile come EBM in cui l’esplorazione della fisicità corporea è ancora piuttosto evidente, una sorta di esaltazione della figura mitica della carne performante. Ad ogni modo, questi sono solo alcuni esempi citati allo scopo di far comprendere la lunghezza e l’importanza del viaggio dei due Viaggiatori, che nella maggior parte degli episodi fanno invece largo uso di distopiche e criptiche trame di tastiere dal sapore oscuro e di pause evocative, sempre evidenziando particolarmente l’aspetto strumentale della loro musica. A tal proposito, Snipers è un brano in cui la distopia viene trasportata nello spazio aperto, nei mondi lontanissimi e fantascientifici di cui la musica dei tedeschi si nutre abbondantemente. Gli sniper sono coloro che muovono il destino degli ignari, impotenti esseri umani, costantemente sotto tiro spesso senza esserne a conoscenza.
Il lato più fortemente strumentale e primordiale esce fuori nella lunga ed autocelebrativa TET’s Mekong theme, tra la distopia sci-fi e il Rambo di Ted Kotcheff, una perfetta colonna sonora anni ’90 per un capitolo mai girato della celebre saga, brano a cui fa da perfetto contraltare il suo upgrade, TET’s Cybernetics theme, presente nel lavoro più recente. Uno dei migliori episodi dell’intera trilogia è Theme of aggression, uno degli episodi che più si lascia andare ad un tarantolato e costante cambio di tempo che ne muta continuamente la struttura e lo rende forse il brano più ballabile e legato all’electro più tirata, che inizia con un mid tempo sul quale si staglia l’intricata e oscura trama melodica, per poi sfociare in una rapida cavalcata che sembra non conoscere sosta.
Il meglio del loro lavoro, nonché i brani più originali, sono senza dubbio quelli presenti nel loro lavoro più recente del 2015, quelli in cui ci si discosta dal mestiere per abbracciare la poesia musicale, in una continua mutevolezza fatta di continui controtempi, momenti ambient, tensione e distensione, complesse e tenebrose trame melodiche, vocals quasi sussurrate, silenziose, come se volessero piuttosto far parlare le complesse trame musicali, qui più cinematografiche che mai. La opener The flying fortress è uno degli episodi migliori della loro carriera, un brano in cui si può ascoltare la fisicità della vecchia scuola EBM ma anche i richiami a Object di Mechanisms of faith nella costruzione del sound criptico e soprattutto nella melodia. Inaspettata è la chiusura, affidata ad un momento cinematografico di grande impatto, spacey e distopico, che si chiude con un eccezionale climax in cui la voce e la melodia sinfonica esplodono letteralmente, lasciando poi campo libero alla successiva Built to blast, eccezionale prova di versatilità del duo tedesco.
Questo brano è contraddistinto da una ritmica fortemente groovy e insolita per il genere, di matrice nera, quasi hip hop, sulla quale si staglia il vasto panorama spacey evocato dalle tastiere lisergiche e distanti. Il climax sale pian piano attraverso la voce che si fa sempre più alta e chiara, quasi urlata alla maniera dei Tri-state ma senza il loro trademark teatrale. Altro brano estremamente raffinato è The digital command, in cui un beat electro industrial di forte matrice techno si sviluppa in maniera sempre più complessa senza mai invadere l’atmosfera distopica, che qui ha ruolo di prim’ordine. Le trame melodico-sinfoniche, di sapore oscuro, hanno lo scopo di trasportare l’ascoltatore su lidi lontani, e riecheggiano richiami gotici.
I restanti brani nulla aggiungono a quanto detto sopra, ma confermano l’estrema attenzione per la varietà compositiva dei Nostri, grazie ad episodi complessi e fortemente evocativi come la variegata Kampfmaschinen e la cinematografica Show of force. Inutile citare tutti i brani, soprattutto quelli di Controlling the night skies, basti evidenziarne la grande qualità e l’approccio estremamente personale del duo alla materia elettronico-industriale.
Code ultimate control, seppur non passato sotto i riflettori del genere, è uno dei lavori più interessanti e sperimentali in ambito electro industrial degli ultimi anni, così fortemente lontano dalle influenze degli anni ’90, dotato di una carica cinematografica davvero invidiabile. I tedeschi TET dimostrano, anche dal punto di vista lirico, di non essere schiavi dei loro maestri, proponendo temi attuali e all’ordine del giorno, consentendo all’electro quell’upgrade lirico di cui sentiva il bisogno. Sempre distopico, sì, e sarà sempre prerogativa di un genere che non sprigiona certo positività, ma con un occhio di riguardo verso tematiche a noi così care e per noi così attuali: il controllo dell’informazione, il ruolo dei droni e quello di Google proprio in anni in cui l’utilizzo di questi nuovi strumenti sta avvenendo con sempre maggior forza su larga scala. Invidiabile, per musicisti attivi sin dai primi anni ’90 che hanno certo saputo reinventarsi senza rimanere ancorati a facili schemi old school. Uno dei lavori chiave in ambito electro industrial di questo 2015.
Voto: 9
Label: Dynamic range