Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 16, 2015
Più che un album, Ancient death cults and beliefs del napoletano Sonologyst è, per sua stessa ammissione, un racconto in musica, una complessa e dettagliata analisi sul tema della venerazione dei morti secondo il punto di vista di quelle civiltà sempre studiate sui libri di storia, a volte con superficialità, a volte meno.
Non sono molti i casi in cui gli artisti si dedichino alla documentazione, in musica, di quel che riguarda l’antico Egitto o la civiltà Maya, per fare due esempi. A volte si parla di quest’ultima a fini distopici, magari come scusa per focalizzarsi sul tema della fine del mondo o su quello del fantomatico arrivo sulla terra di una razza aliena. Alla base di questo disco di cinque brani c’è la voglia di documentare, in un certo senso di rendere partecipe l’ascoltatore, di storie mai vissute nè immaginate, così lontane dalla nostra civilità postmoderna.
Si tratta di civiltà in cui la dimensione rituale era preponderante e in cui le divinità giocavano un ruolo fondamentale per quel che riguardava l’ordine sociale. L’album ci richiede, quindi, di chiudere gli occhi e mettere su le cuffie per cercare di cogliere le più piccole sfumature, per farci entrare nella storia di queste civiltà, consegnandoci una vera e propria pagina di storia. La musica prescelta è, ovviamente, l’ambient, nelle varianti più soft così come in quelle più dark, interpretata in un’ottica particolarmente “fisica”, lontana dagli esercizi stilistici e distanti del genere.
Il titolo dell’album è esemplare: cosa e quali sono gli antichi culti della morte e le relative convinzioni delle civiltà di cui si parla? Le divinità erano particolarmente sentite, temute e omaggiate, e la venerazione dei morti portava alla costruzione di edifici di vario tipo, monumenti e all’attuazione di una serie di pratiche ritualistiche. Il perchè è presto detto: timore verso le divinità e, ovviamente, manifestazione di affetto nei confronti dei defunti, pensate ad esempio alle piramidi, per fare un esempio concreto.
Scendiamo quindi nei meandri della storia e analizziamo più in dettaglio questa opera. C’è da dire che i brani più interessanti sono forse i più lunghi e suggestivi, Purgatorium e Anubis, House of dead prince, ma tutti sono ottimamente composti e dotati di una propria personalità. Il primo misura undici minuti, il secondo quindici, ed è proprio questo ad essere il capolavoro dell’album, ma iniziamo dal principio. Ceremony è uno dei brani più catchy, dalle fattezze a metà tra l’ambient e l’IDM, un lungo brano suggestivo, cinematico, che sembra trasportarci all’interno di una oscura e mistica cripta, che sembra spingerci a partecipare ad una sorta di cerimoniale di venerazione dei morti di cui non ci è dato conoscere lo svolgimento.
Il nostro film continua con la lunga e già citata Purgatorium, una lunga serie di cunicoli bui in cui, se si chiudono gli occhi, ascoltando i suoni sintetizzati e le voci di Frans Kedes, si può percepire quel senso misto di claustrofobia e illusione che sembra darci la possibilità di toccare la storia con le mani. I rumori hanno qui un peso preponderante e ci fanno trovare proprio lì, nel purgatorio in cui le anime dei morti transitano in attesa di una ipotetica salvezza.
Primeval science accorcia la durata e getta un velato ma presente/pressante alone dark alla composizione, costruito grazie al sax soprano di Paulo Chagas, successivamente processato dall’artista, e grazie al rumore di passi che diventa quasi una ritmica. La successiva Popul vuh è ancora più breve e si concentra sul famoso testo Maya, alcune parti del quale venivano utilizzate durante i rituali funerari, continuando a percorrere territori cinematici ambient da film storico.
Come preannunciato, la chiusura è affidata a Anubis, House of dead prince, il custode del mondo dei morti e divinità di primissimo piano, il cui “personaggio” e il cui mito è arrivato fino ai giorni nostri. Dal punto di vista compositivo, questa è la summa dell’intero lavoro di Sonologyst nonchè il brano più lungo, complesso e corposo. Qui abbiamo le percussioni di Dadang Dwi Septiyan e il clarinetto basso di Chagas. Sembra quasi che sia la divinità a mostrarci il mondo di cui è custode, tanto il dark ambient unito ad una atmosfera particolarmente mistica ci porta alla scoperta di un mondo lontanissimo e irreale, ma senz’altro ricco di pathos. Al termine del viaggio si rimane soddisfatti ma incompleti, come se il disco avesse potuto proseguire ancora e ancora…ma cosa ne segua lo lasciamo spiegare alla prossima release dell’artista.
Si tratta di un disco che necessita della giusta atmosfera e di un paio di buone cuffie. Se volete approfondire la storia di queste antiche culture attraverso un medium differente, quello musicale, questo è l’album che fa per voi. Curato nei particolari, suggestivo, atmosferico e cinematico. Da provare.
Label: Unexplained Sounds Group
Voto: 8