Simi Nah – Bootleg

Pubblicato da Davide Pappalardo il novembre 12, 2015

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Parliamo oggi della cantante e musicista francese Simi Nah, abbastanza misconosciuta nel Bel Paese, ma già autrice dell’album Be my guest (qui la recensione) e di un primissimo album di undici anni fa ormai sparito, Cherchez la femme; proprio a quest’ultimo è legato il lavoro qui recensito, ovvero il qui presente Bootleg, limitato a cento copie. Si tratta infatti di rielaborazioni tratte da quel periodo, tra remix e reinterpretazioni fatte a nuovo; la label adduce lo scarso successo dell’uscita all’epoca, per una mancanza d’interesse nei confronti della musica ispirata agli anni ’80, ma dato che parliamo del 2003 la cosa suona alquanto forzata, dato che il revival andava già forte, eccome.

Ma, tralasciando dichiarazioni da agenzia stampa ed altre amenità, passiamo alla musica: troviamo qui un suono elettronico e pop guidato dalla voce femminile, sempre in francese, e da pulsioni spesso saldamente orientate al dancefloor, sulle quali, di volta in volta, si giostrano diverse influenze tratte in modo eterogeneo dalla musica elettronica della decade più saccheggiata della storia della musica, con qualche riferimento alle sperimentazioni precedenti (se state pensando ai Kraftwerk e a Gary Numan state pensando correttamente) e a quanto venuto successivamente (dance e house in testa), senza dimenticare qualche intrusione di chitarra vagamente dark / post punk.

Cherchez la femme è la intro che ci accoglie prima con rumori da vinile, poi con note di piano accompagnate da archi campionati malinconici che richiamano quelli sci – fi del già citato cantante britannico padre della celebre Cars; essa sfocia nella successiva Je Joue Le Jeu InGènu, la quale non perde tempo nel mettere in mostra basslines trance e drum machine in 4/4, mentre la vocina suadente della Nostra ripete i suoi versi in un’atmosfera retrò in seguito completata da tastiere ed effetti cosmici.

Le passè present futur suona come un omaggio (i maligni diranno plagio) verso i Kraftwerk, unendo però poi il tutto con tendenze disco alla Donna Summer in un sincretismo tra ritmi minimali e groove incalzante; non vincerà la palma dell’originalità, ma il loop trascina, e, di sicuro, funzionerà sulla pista, anche grazie ai suoi rimandi familiari per ogni cultore della musica elettronica di genere e non solo.

Cherchez le garcon scomoda invece la house anni novanta tra Daft Punk e Les Rythmes Digitales, con contrazioni ed effetti deep che di certo non prenderanno nessuno di sorpresa; snare e cassa dritta rimangono imperterriti, mentre l’andamento viene delineato da alcune digressioni di stile e sirene squillanti. Un momento molto lounge che sa un po’ di voler uscire fuori dagli schemi, ma che rimane un po’ anonimo nella sua ripetizione e nei suoi riferimenti fin troppo evidenti.

Alice 2183 regala nella sua interpretazione, qui contenuta, elementi gotici e campionamenti vari, prima di lanciarsi in un refrain di chitarra e basso firmato Sisters Of Mercy, qui mantenuto praticamente intatto; la drum machine tira dritto mentre riverberi ed effetti coprono la voce suadente della cantante francese. Ironicamente, una cover che chiude un lavoro con vari brani spesso “furbetti” che rimandano a vari episodi della musica elettronica e non solo; se conoscete (e dubito possiate non conoscerlo) l’originale, sapete già come proseguirà il tutto, anche se manca l’energia di Andrew Eldritch e la sua capacità di rimanere baritonale senza mai scadere nel ridicolo.

Tirando le somme: un lavoro che interesserà a chi è drogato di suoni elettronici retrò e vuole ascoltarli all’infinito, pur essendo gli stessi identici presenti in mille altri classici del genere; o in alternativa chi, appunto, è nuovo al genere e vuole avvicinarsi con qualcosa di accattivante e ruffiano. La ricetta è chiara e la conosciamo tutti, non è un buffet d’alta classe, ma un pasto da mensa dove l’obiettivo è nutrirsi; starà ad ogni singolo commensale valutare il valore della cosa.

Per chi scrive nulla qui è velenoso o non commestibile, e i rimandi a vecchi sapori può soddisfare il palato; ma le vere leccornie stanno da ben altre parti, soprattutto se volete provare qualcosa di più esotico. Un disco ultra-limitato, insomma, che merita di sicuro un ascolto se capiterà mai alle vostre orecchie, ma non un capitolo fondamentale in una scena ormai inflazionata da lavori di questo tipo; attenti solo all’indigestione che ne può derivare, e alla sensazione che quel piatto l’avete mangiato, cucinato meglio, già in passato.

Label: Why2K music

Voto:  6