Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 17, 2015
Forse ai più il nome di Roberto Beltrame suonerà nuovo, ma l’autore di Anthracite, sua opera prima da solista, prodotta dall’italiana Xonar, è membro, insieme a Moreno Padoan, del progetto altrettanto interessante e ben più noto Artcore Machine. Se non si guardasse la copertina ma si schiacciasse semplicemente play, si potrebbe pensare di trovarsi di fronte ad una produzione tedesca di impostazione rhythmic noise / IDM , di casa Ant zen magari, ed è una piacevole sorpresa scoprire che si tratta di un disco italianissimo, in barba ai detrattori delle proposte della nostra penisola.
Anthracite è un lavoro che guarda ai sound del passato e che rende omaggio ai ritmi e ai suoni che vennero utilizzati in questo modo a partire dai primi anni ’90, ma i cui elementi fanno intrinsecamente parte della storia della musica elettronica. Lontano dall’ossessione per le superproduzioni e dal culto della modernità, mai ammiccando alle tendenze attuali, il musicista imposta il suo lavoro su due piani differenti, ma che indiscutibilmente finiscono per flirtare spesso insieme: da un lato c’è il gusto per le pulsazioni e le gabbie ritmiche tarantolate alla Wieloryb (qui la recensione del suo ultimo album) e alla Geistform (qui la recensione del suo ultimo album), per citare due esempi particolarmente calzanti, e dall’altro c’è la costruzione di sognanti panorami IDM, acidi e anch’essi di impostazione ’90s, che talvolta tirano in ballo anche lo stesso Aphex Twin.
Così come negli esempi già citati (per dare un’idea di quello che ci si trova ad ascoltare), i due ambiti spesso entrano in collisione e si fond0no. La ritmica si fa, quindi, intelligente, e si manifesta in maniera diversa a seconda dell’episodio: veloce e imprevedibile nella opener Atrib, in cui il sound è particolarmente siderale, più ragionata, altrettanto tarantolata e a-la-Wieloryb nella successiva tH D, cacofonica e fortemente noisy in HypertHr, un brano che gioca volutamente con le folli corse dei battiti per minuto, andando poi con Doubt a fondere una ritmica lenta e suoni IDM. Tra gli esempi più propriamente IDM, in cui si torna a respirare a pieni polmoni, liberi dalle gabbie ritmiche, 010 1sd si distingue per la capacità di dare un senso compiuto, un capo e una coda, ad un genere in cui non è poi così semplice riuscire a farlo. Qui e In Phulse, la quale è la più influenzata dal lavoro di Richard D. James, meglio si manifesta la capacità di songwriting del musicista, che dimostra di muoversi parallelamente in vari territori senza alcun problema, mantenendo sempre quell’approccio old school che è la chiave del lavoro.
Anthracite di Roberto Beltrame ci mostra un musicista con idee ben organizzate e capace di svilupparle in un’ottica old school, forse un po’ schiava del passato, ma il cui risultato è ben più che apprezzabile. Il generale senso di straniamento, dettato dal massiccio uso di controtempi inaspettati al di fuori della formula del 4 / 4, è un’arma a doppio taglio: se da un lato genera straniamento ed evidenzia una certa capacità di osare, dall’altro genera astrazione e perdita del filo del discorso, laddove una maggiore rotondità potrebbe favorire un’assimilazione ancora maggiore e diminuire il rischio che qualche momento importante si perda lungo l’ascolto. Un lavoro che non ci dimenticheremo tanto facilmente e che può benissimo giocarsela con molte produzioni teutoniche ben più blasonate.
Label: Xonar records
Voto: 8