Pubblicato da Alessandro Violante il marzo 14, 2013
Strade desolate di città. Qui non c’è nessuno fuorchè la musica di un duo, un electro industrial prodotto in Germania ma molto canadese nelle idee. L’idea alla base è semplice ed è quella della label che produce Pyrroline: la Electro Aggression Records vuole produrre artisti legati ad un suono antico ma mai dimenticato per promuovere qualcosa di alternativo all’interno del mercato della musica alternativa industriale. Questa idea si concretizza in una evoluzione naturale, all’alba della nostra contemporaneità, del genere del dark electro del quale abbiamo avuto già occasione di parlare. Arnte e Schmoun, rispettivamente uomo e donna, riescono nell’intento di continuare il lavoro elettronico dei loro predecessori strizzando spesso l’occhio ai mostri sacri del genere come Front line assembly, Skinny puppy, et. al. La loro è una ricetta un pò particolare, anomala, e quindi di grande interesse. L’interesse per la qualità dei suoni, per la complessità delle trame melodiche ben espresse dai synth dei tedeschi, la vocalità quasi in secondo piano, specie nelle parti di Arnte (che sono la maggior parte), una ritmica intricata, fuori dallo standard del 4/4, il sampling sempre ragionato, mai ossessivo tiene il sound con i piedi in due staffe. Cosa rappresenta questa sintesi? Tante sono le origini del loro suono, tante le loro derivazioni ma nessuna emerge veramente al cento per cento, tanto è la loro formula originale, una sintesi perfetta tra i due generi, l’electro e il dark, che ci rimanda per certi versi ad un’altra release della label, quel Mechanisms of faith di Object uscito l’anno scorso, ma che però era più marcatamente dark electro. Questa formula identifica il punto d’arrivo, o sarebbe meglio dire un punto d’arrivo, del viaggio musicale intrapreso dalla creatura Pyrroline a partire dal 2005, passando per il progetto Nordschlacht e per il disco autoprodotto con il monicker attuale Behind the horizon. La melodia, più preponderante nei primi due lavori, lentamente abbassa la voce, ma non troppo, e gradualmente fa salire i ritmi e li incupisce, allontanandosi sempre più da una estetica simil-vittoriana per approcciare qualcosa che rimanda più direttamente al lavoro di Bill Leeb così come a quello di Nivek Ogre, così come a quello dello stesso Andreas Malik e in parte alla scuola dark electro tedesca rappresentata dalle label storiche Celtic circle productions e Khazad–dûm, dai loro lavori più melodici. Dopo questa premessa passiamo ad una rapida descrizione di cosa, precisamente, si và ad ascoltare in questo lavoro. La opener Disobedience parla chiaro, è uno degli episodi migliori del disco. Qui sono forti i richiami al sound dei Front line assembly di lavori intermedi come Tactical neural implant, uno su tutti, i vocal riprendono quelli di Leeb, quasi sofferti, quasi disperati, soffocati, mai oscuri, mai malvagi. Quello che colpisce maggiormente e che prosegue per l’intera durata del lavoro è la raffinatezza delle strutture dei brani, tecnicamente eccelse, che prevalgono su tutto il resto. I beats sono sgraziati, pescano a piene mani negli anni ’90, duri e squadrati, accompagnati da un sampling fine, non ossessivo, che fa capolino e che rende questo un grande episodio. Gli segue Effulgent, un brano dalle ritmiche diverse, ancora più electro se vogliamo, ancora più canadese, che conferma la bontà del caso precedente. Precious time lascia il freno e porta indietro le marce, è un episodio più lento e rilassato che lascia a Arnte la possibilità di esprimersi in maniera leebiana al modo in cui il secondo ha imparato a sostenere la sua creatura negli ultimi anni. Un brano lungo, sofferto, lento e riflessivo. Segue Again, primo episodio con Schmoun alla voce, molto diverso, ma non troppo, da quello che abbiamo ascoltato finora. Aperture ancor più melodiche, quasi ethereal, sempre sormontate dalle ritmiche electro, mettono in evidenza una voce che spadroneggia, che si innalza sulle strutture a differenza di quella maschile. Uno degli episodi più melodici e di effetto. La successiva The round è il primo brano interamente strumentale e uno degli episodi più interessanti che rimanda, in alcuni suoni, all’estetica tardo puppyana ma che tuttavia non inganna sulle intenzioni. Sì alla sperimentazione, sì ai tempi squadrati, ma stando sempre bene attenti a non lasciare trasportare il discorso in un vuoto elettronico-cosmico alla maniera dei mostri sacri di Vancouver. Un lungo brano più duro dei precedenti, molto complesso e molto diretto, che ogni tanto lascia fare capolino a dei synth molto melodici. An animal riprende il discorso sulla scia dei primi brani dell’album mantenendo sempre alta la qualità compositiva, e così si prosegue con The enclave, brano della stessa pasta. Ruins outlast – cultures fall apre il suono verso prospettive per certi versi ancora diverse, verso il synth-pop europeo, mette in evidenza l’ascolto e l’apprezzamento, seppur velato, per artisti come i Depeche mode dei primi anni, più legati alla formula originaria ottantiana. Le strutture sono più semplici, più melodiche e più fortemente intrise di una ritmica tipica del genere di cui portavoce commerciale è Dave Gahan. Incomplete è un brano caratterizzato da una intensità simile a Again, è un altro episodio di alto livelo cantato da Schmoun, il secondo, che esprime sempre una carica forte. Si prosegue così lungo Worlds sorrow, altro episodio electro classico e soprattutto verso Godmode, la seconda strumentale dell’album che, stavolta, esprime una vena più synth-pop, più melodica ma non per questo meno interessante. Comincia ad aleggiare un sentimento di accettazione nei confronti di una strada deserta, la strada della copertina, una accettazione di una condizione che non lascia sperare molto di buono, ed ecco che viene a galla una certa estetica dark electro, che culmina con il terzo brano caratterizzato dai vocal di Schmoun, quella Only living che è rassegnazione nei confronti di un futuro incerto. Le strade, oscure, sono ormai vuote e non c’è nulla da fare se non raccontarlo come un cantore di storie. Ultranova è il brano strumentale conclusivo che nulla mette e nulla toglie a quanto già detto, è un altro episodio molto melodico che sembra concludere qualcosa che però è ben lontana dal farlo. Seguono infatti due remix, Effulgent ad opera di Red+Test e Disobedience ad opera di Jihad. In definitiva si tratta di uno dei dischi più interessanti di electro degli ultimi mesi, una release che verrà ricordata e ascoltata a lungo, una delle tre releases uscite a marzo per EAR che ha lo scopo di confermare le buone intenzioni dell’entourage. Disco che colpisce e affonda nel segno della vecchia scuola, ma che incontra la nuova in maniera intelligente. Cerebralmente magnifico.
Voto: ◆◆◆◆◇
Label: Electro aggression records
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