Pouppée fabrikk – The dirt

Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 31, 2013

april16012013Negli ultimi anni il raffinamento del suono ha portato al miglioramento delle produzioni nella musica elettronica e questo ha avuto come riflesso anche l’affinamento delle sonorità più undeground che hanno conosciuto una freschezza e quasi, passando il termine, una rilassatezza che ha avuto come risultato l’incremento delle vendite all’interno del music business. Di fronte a questa particolare situazione, gli artisti hanno scelto principalmente due strade: la prima è consistita in un adeguamento al cambiamento dei modelli stilistici e sonori della nuova idea, la seconda è stata quella di riproporre tutto ciò che è sporco per manifestare il proprio dissenso e per contrapporlo ad un mutamento che, imperante, non accenna a mutare direzione. Pur coscienti della difficoltà dell’impresa e della supremazia della ricercatezza a danno della spontaneità e della violenza (sonora)una formazione storica EBM della seconda – terza generazione come i Pouppée Fabrikk fa capolino rovistando tra i vecchi materiali e creandone di nuovi allo scopo di ricordare, nell’anno 2013, che esiste una alternativa e che loro ne sono i portabandiera, non soli visto che in questi ultimi mesi l’EBM vecchia maniera sta ritrovando una sua fetta di mercato grazie ad act come gli Spetsnaz o i Container 90, ma tra i più importanti e diretti. Il frontman di questa formazione è Henrik Nordvargr Björkk, già leader del progetto dark ambient MZ412, nonchè del più recente ma non meno interessante Nexus Kenosis. Lo svedese vuole evidentemente dimostrare in questo disco così breve ma intenso che è ancora oggi possibile creare delle cavalcate post-industriali senza compromessi, come evidente dalla opener Bring back the ways of old. L’operazione dell’act, che non è da considerarsi a pieno titolo un nuovo full length (l’ultimo risale al 1999), è quello di riprendere e rieditare da un lato il vecchio materiale degli anni d’oro del genere e dall’altro di mostrarne la possibile evoluzione, che comunque non si discosta molto da ciò che venne realizzato in passato. Le caratteristiche principali di questi undici brani sono una forte dose di beat sporchi (non a caso il lavoro si chiama The dirt) e dal suono raw, da vocalizzi molto vicino al growl, tra i più potenti nel genere, e delle trame melodiche semplicissime ma di effetto, così come nella vecchia tradizione EBM, non disdegnando alcuni sample che però sono molto ben dosati e che contribuiscono ad arricchire l’atmosfera della musica e dell’ascoltatore. Il senso di vecchio che torna in vita rappresenta, in Bring back… la volontà di riportarci ai tempi andati, e da qui fino alla conclusiva Radio disturbance, tra blastbeat e urla e suoni sgraziati, veniamo letteralmente presi a calci da un act che ha le idee molto chiare e che già guarda ad un vero e proprio full length in un recente futuro. E’ inutile menzionare alcuni brani piuttosto che altri, qui quello che conta è il messaggio, e questo è: Pouppée Fabrikk HU (hate you)perchè è l’odio incondizionato che alimenta la musica dei nostri, che in I am si trasforma in una mistura mefitica di post-industrial e di metal, che in Satan organism manifesta atmosfere sinistre e occulte, che in Death is natural, si rilassa in un mid-tempo che ancora una volta recupera la tradizione e che, nel brano conclusivo, ci mostra un treno che non si ferma davanti a nulla, disturbato dai disturbi delle onde radio. Altrettanto importante è il materiale del secondo cd, che include brani del passato direttamente ripescati dalle vecchie releases e da ciò che marginalmente è stato prodotto dai nostri. Un lavoro che non ha lo scopo di mostrare l’apice della sperimentazione sonora, che, al contrario, la rifugge con tutte le sue forze, un lavoro che invece vuole esprimere la genuinità di un genere musicale che è stato rapito dalla ricerca frenetica di un particolare suono sempre più ricercato, sempre più accademico, che non sempre paga. E’ il sound che questi svedesi odiano.

Label: Alfa matrix

Voto: 8/10

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