Pubblicato da Davide Pappalardo il luglio 3, 2016
Coco Gallo e Stéphane Argillet sono il duo francese Peine Perdue, dedicato ad un suono minimale di stampo synth dove la scuola francese e fredde strutture trovano un terreno comune fertile, grazie ad un’atmosfera affascinante dove suoni delicati e ritmi ossessivi, molto minimali e vecchia scuola, vengono accolti da uno stile basilare. I Nostri tornano ora, dopo l’ultimo EP La Peur Belle, con il loro quarto album chiamato Nuit Blanche, un lavoro che ci dona dieci tracce fatte di musica elettronica notturna, sobria ed evocativa, immersa in un’atmosfera nebbiosa dalla quale emergono vibrazioni oscure, creando un “mondo del futuro passato”.
Un altro elemento d’interesse in questo album è dato dallo stile vocale qui usato, più vicino allo spoken word piuttosto che al cantato tradizionale, il quale descrive in modo narrativo ciò che la musica sottintende, tra scenari mistici e figure sonore striscianti, piene di atmosfere noir e frasi ad effetto nichiliste (“La mort est le travail de toute une vie – La morte è il lavoro di una vita” ci ricorda Argillet in Chich Final). Non si tratta assolutamente di musica dance usa e getta, invece abbiamo qui un movimento continuo catatonico e lisergico, il quale richiede di esser vissuto con piena concentrazione dall’ascoltatore; un tour de force rafforzato non da una violenza malevola, bensì da una calma perenne, forse ancora più sinistra.
Aleister ci accoglie in modo adatto, usando appunto un campionamento vocale di un’evocazione fatta da Aleister Crowley, seguito dal crescendo di atmosfera emozionale strutturato tramite strati sonori e trombette campionate; ecco che una drum machine minimale prende posto, sulla quale la voce di Gallo si staglia insieme ad effetti ambient. Un episodio sognante e lento, il quale ci ammalia e ci prende per mano, guidandoci verso uno strano mondo. La Title Track segue un suono più retro, con tastiere minimali ed un duetto tra voce femminile e maschile, il quale dura fino al rimanere della prima, la quale domina il crescendo ritmico, nel quale vengono usate con efficacia alte frequenze; qui viene generato un loop ossessivo, seguito da tasti di pianoforte ed effetti accattivanti.
Machine Aveugles ci ricorda gli Absolute Body Control più sperimentali e minimali, usando beat minimali e tastiere distorte in un lento crescendo fatto di aggiunte di elementi, mentre la voce di Gallo ci segue con il suo stile ipnotico. Cori “gotici” trovano posto insieme a strane tastiere cerimoniali, seguendo fino alla fine, dove versi di uccelli da field recording chiudono questo episodio evocativo; L’ultima traccia del disco viene affidata ad un remix di Chich Final, una rielaborazione dove la ritmica più forte e vortici elettronici trascinanti ci donano qualcosa che potrebbe essere usato sulla pista, anche se una pista cristallizzata nel tempo e nello spazio. Tasti di pianoforte, loop di violino e corde nutrono un’atmosfera sottomessa, ma accattivante, mentre la bass-line porta avanti il suo groove fino alla fine.
Un lavoro tetro, ma delicato, il quale sa come strutturare una sequenza sobria, ma risoluta ed ossessiva, sequenza di tracce minimali dove pochi elementi vengono usati per dipingere con i suoni un immaginario evocativo e nebbioso, immerso in un pessimismo esistenziale e nel simbolismo. Non si tratta di un revival post punk o di un episodio di synth minimale dal gusto ultra pop, probabilmente un lavoro non per tutti; possiamo solo garantirvi che, con il giusto tempo ed attenzione, esso s’impadronirà di voi in modo totale.
Voto: 8
Label: Medical Records