Pubblicato da Alessandro Violante il novembre 27, 2012
Il Risorgimento della musica elettronica underground passa sicuramente dal personaggio Andreas Malik noto ai più come Object, progetto dark electro storico attivo a partire dagli albori del genere e che ancora adesso, in un momento in cui l’aggrotech imperversa da qualche anno ai danni di questa forma particolarissima di electro-industrial, riesce a realizzare con Mechanisms of faith. Al di fuori del titolo, della copertina e dei nomi delle tracce, quello che colpisce è l’estrema profondità dei testi e della musica, l’estremo senso di ricerca che sta dietro un lavoro di questo tipo, dietro il dark electro in generale. Malik agisce da solo nell’ombra così come tanti altri prima di lui, qui non c’è una band alle spalle, c’è invece una mente che viaggia verso orizzonti lontanissimi e che di questi ne fa caleidoscopi, matriosche complicatissime. E’ un songwriting davvero complesso in cui tanti, tantissimi livelli si fondono insieme e non si finisce mai di scoprire questo o quel suono. In questo grandissimo lavoro d’ingegno la voce è presente ma non è fondamentale, e non si tratta di una voce urlante, straziante, piuttosto è la voce della psiche, quella che c’è e non c’è, che narra l’inenarrabile, quello che non percepiamo ma che sentiamo chiaramente, è la voce del pensiero. Allora Malik è poeta in testo e musica, poeta dell’anima. E allora ogni ascolto successivo diventa sempre più impegnativo perchè sempre più grande diventa la volontà di capire cosa realmente egli voglia dirci, le tematiche sono veramente tante e ogni volta che il disco finisce si vorrebbe rimandarlo in loop, anche se non sempre si può porre la massima attenzione e quindi in quelle situazioni è meglio lasciar perdere e fare altro o mettere su qualcosa di più diretto. Il dark electro, genere fondato negli anni ’90 dagli yelworC tramite la label Celtic circle productions (prima) e Khazad-Dum (poi) attraverso il disco “Brainstorming” (’92) fu un aggettivo utilizzato dai giornalisti per indicare una forma di electro-industrial caratterizzata da sonorità più oscure, talvolta vicine a certa vecchia wave, tal’altra più orchestrale e atmosferica, in cui i vocalizzi possono essere urlati ma spesso sono criptici e leggermente effettati. Si tratta di una deriva diretta di quello che lo stesso act produsse a seguito dei primi demo più categorizzabili come electro-industrial. E questo lavoro richiama ampiamente la corrente più criptica e lenta, difficile, meno diretta rispetto a act come Ionic Vision, per certi versi vicina ad alcune cose dei primi Aiboforcen! per quanto riguarda lo sprazzo facoltativo vicino a quell’estetica del sogno e della pulsione antica. E’ inutile parlare delle singole tracce perchè non basterebbe un volume, sono tutte delle gemme di rara complessità e tuttavia di grandissima qualità compositiva che vanno studiate e assimilate prima di venire comprese adeguatamente. Tuttavia se si volesse parlare di alcune si potrebbero citare le prime, a partire da quella Mescaline crisis che, insieme a Neural explosions, la stessa Mechanisms of faith, l’eccellente strumentale Dream collector, la marzialità electro-industrial di State of reality, la neo-Puppyana Blind obedience, Under zero halo e poi via fino agli episodi conclusivi riescono in pochi minuti a rappresentare la sintesi perfetta di che cosa voglia dire creare dark electro, a memoria dei momenti in cui l’ascoltatore affascinato dal genere si chiede se qualcuno produca qualcosa del genere oggi, nel 2012. Malik lo fa e si spera che non sia nè il primo nè l’ultimo. E poi c’è il secondo disco di remix che ha anch’esso il suo perchè. Tra crisi mescaliniche, esplosioni neurali, collezionisti di sogni, stati di realtà e ricerche di anime sembra davvero di essere tornati indietro agli anni d’oro in cui Aiboforcen!, Dive ed altri sognavano paradisi posti a metà tra medioevo e post-industrialismo. L’amante del genere non può che riconoscerlo come un disco fondamentale per ricordare ai newcomers qual’è la grande ricetta per tornare a tempi migliori. Il lettore occasionale amante dell’elettronica rimarrà gratificato dal songwriting e dalle atmosfere che Object sa sprigionare. Must.
Voto: ◆◆◆◆◆
Label: Electro Aggression Records
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