Pubblicato da Fabrizio Ferrero il giugno 7, 2016
Ormai, come da lunga tradizione, è impossibile non fare riferimento al mondo del cinema o della letteratura ‘occulta’ da parte dei progetti più illuminati che spiccano dall’enorme conglomerato di mediocrità (a volte cattivo gusto con dolo) che è diventata la witch house, deathgaze, grave wave, o come si voglia definire quella che è elettronica oscura.
Un paio di giorni fa parlavo con un addetto ai lavori del fenomeno di cannibalizzazione accaduto quattro/cinque anni fa, di come la witch house stessa abbia ucciso band di elevatissimo standard qualitativo come Salem o Ritualz a causa della proliferazione incontrollata di impacciata pseudocreatività adolescenziale, grazie all’epifania (epidemia) di cinquanta band al giorno, tutte con lo stesso suono.
M‡яc▲ll▲, dicevamo, fa parte dell’élite “colta”, tantopiù che si ispira, nel nome, a Joseph Sheridan Le Fanu e alla sua classica gothic novella Carmilla (che anticipa di vent’anni il Dracula di Stoker) in cui una fanciulla è preda della vampira Carmilla, appunto, la quale si rivela poi essere Mircalla, la Contessa Karnstein.
Arrivati al terzo album (se escludiamo lo split con V▲LH▲LL e relativi remix), dopo uno iato di tre anni apertosi con la pubblicazione di HЄRЄŦłC, il lavoro eponimo sancisce la separazione dei newyorchesi dalla Phantasma Disques già preannunciato dagli ultimi ep pubblicati, e imprime una svolta decisa alle sonorità ‘di genere’; se da HЄRЄŦłC promanava un suono classicamente witch house, plumbeo e denso, come se Metal Box dei PIL fosse uscito su Bandcamp nel 2013, viceversa il nuovo disco sembra cogliere il rinnovato gusto per il Giallo movie che serpeggia nell’inconscio collettivo: un esempio su tutti le meravigliose produzioni horror disco della Giallo Disco di Gianni Vercetti e Antoni Maiovvi.
L’Esprit de l’Escalier, traccia di apertura, indica immediatamente la direzione, sfiorando il sublime sbattuto in faccia d’emblée: fra il Tubular Bells oldfieldiano e “il” disco dei Goblin, vieniamo proiettati in un’atmosfera argentiana dove predominano inquietanti presagi resi materia da un sequencer mitragliante (cifra stilistica di tutto l’album) e da accordi tubulari in un crescendo delittuoso.
Cabal (immaginiamo sia un omaggio al romanzo breve di Clive Barker da cui fu tratto Nightbreed) spiazza totalmente rimodellando e dando più compattezza e sostanza sonora a certa minimal wave tra November Növelet e Xeno & Oaklander con un elegante omaggio agli Adult. Synth distorti e malati, sequencer, drum machine sempre in mid-tempo e un lamento gelido e distante, forse l’episodio più vicino al goth di tutto il lavoro.
Uhtceanu è prelevato di peso da Buried Dreams dei Clock Dva, con ritmiche sincopate e paesaggi mentali retro – cyber da monitor a fosfori verdi e realtà virtuale a pixelloni, mentre con A Caution Worth Repeating si torna al cinema e si respira aria di Carpenter sempre ibridato con il tipico tappeto di sinistre tastiere gobliniane sfacciatamente Profondo Rosso. Geomancy è forse il momento di ortodossia witch con tutta la magnificenza dell’analogico distorto e cupo.
Scorrono i credits finali e la conclusiva In Place of ci riporta in territori bloodwave, mentre si rimane sbalorditi dal finale del film.
Disco omogeneo ma allo stesso tempo mai stancante, mai noioso forse per il suo essere così cinematico, M‡яc▲ll▲ è un prodotto di enorme caratura, di bellezza luciferina, di qualità eccelsa come non se ne sentivano da tempo; è di una bellezza vincolante poiché ci si sente legati da subito e si vorrebbe ricominciare dai primi fotogrammi di questo film che ci è concesso di creare, girare, montare e rimontare, ma che non vedrà mai la luce di uno schermo materiale.
Voto: 10
Label: nd.