Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 26, 2015
Al di là di una serie di polemiche attorno a Kenneth Goldsmith e a Ubuweb, non ultima l’accusa di essere una delle cause dell’attuale declino economico dell’industria musicale a seguito di un articolo apparso nella serie Epiphanies della rivista The Wire, è indubbio il valore culturale della sistematica raccolta di una serie di lavori introvabili e dimenticati a seguito di scarse vendite, ed immessi in rete a disposizione di tutti.
Una di queste raccolte è Die Kunst Der Geräusche, edita in Germania da Wergo ed inclusa assieme alla traduzione de L’arte dei rumori, che raccoglie gran parte delle opere dirompenti scritte da una delle menti che hanno forgiato le avanguardie di questo secolo, Luigi Russolo.
Risveglio di una città è il brano iniziale scritto nel 1913, stesso periodo del Pierrot Lunaire e della Sagra della Primavera, e che, facendo a meno degli stumenti della classicità, descrive le prime ore dell’alba, quelle in cui la città si mette al lavoro, come una sequenza e sovrapposizione di rumori, intervallati da piccoli silenzi. Se i primi vagiti della modernità, legati alle figure centrali per tante pagine e.g., di Adorno erano ancora legati all’orchestrazione classica ed alle sue regole anche per sottolinearne la continuità, l’uso esclusivo degli Intonarumori (Crepitatore, Ululatore, Gracidatore, Gorgogliatore, Ronzatore ed Arco Enarmonico) crea uno spettro sonoro inusitato e mette in atto la tesi centrale del libro.
Nel pensiero del compositore di Portogruaro, anticipando le tesi di Varèse e Cage, il rinnovamento del linguaggio musicale passava per la riconsiderazione del ruolo del rumore e per un’orchestrazione che permettesse una nuova gamma di suoni utilizzabili rimpiazzando gli strumenti classici. L’idea che solo un ristretto numero di frequenze, le note e le loro alterazioni, fosse utilizzabile in musica era inconciliabile con la rappresentazione del mondo in trasformazione all’inizio del secolo.
Apparentemente in contrapposizione a questo pensiero, Corale di Antonio Russolo mette in dialogo gli Intonarumori con una specie di marcia suonata da un ensamble tradizionale e Serenata fa altrettanto, mettendo in luce l’evidente presa in giro di una forma tanto legata al pensiero romantico. Il piano ne L’aviatore d’oro viene usato da Francesco Balilla Pratella come nelle colonne sonore cinematografiche ed usa i rumori e le voci dei personaggi come effetti di scena. Allo stesso modo, la voce di Macchina tipografica di Giacomo Balla e Canzone rumorista di Fortunato Depero riprendono il concetto di parole in libertà applicandole al canto, preconizzando stilemi che verranno usati, nella musica occidentale, solo qualche decennio più tardi. Chiude il lavoro un omaggio eseguito da Riccardo Santoboni e Rossana Maggia.
Associato a questo lavoro c’è una registrazione della Intonarumori Orchestra, un gruppo di musicisti (Otomo Yoshihide, Sachiko M, Toshimaru Nakamura, Tagu Sugimoto e altri) legati al genere onkyo, che applicano questi suoni all’approccio tipico di questo genere di nascita giapponese dove il silenzio diventa una specie di tela che viene colorata con piccoli tratti di rumore.
S’impone l’amarezza, constatando che questo pensiero, e la sua eredità, viene maggiormente considerata all’estero, mentre in Italia è avvolta nell’oblio dedicato a tutta la corrente futurista; evidentemente abbiamo preferito la compagnia del chiaro di luna.