Pubblicato da Alessandro Violante il aprile 3, 2015
Quando Lorenzo Manià parla del suo progetto Linguaggio Macchina, lo fa recuperando un’estetica musicale/artistica a sua volta elaborata dai musicisti appartenenti alla primissima avanguardia artistico-musicale, in particolar modo quella Futurista di Luigi Russolo e dei suoi ferri del mestiere, gli Intonarumori che dominano le pagine dei libri di storia dell’arte e della cultura così come quelle della musica. Sebbene a volte definito come un esperimento bizzarro, il suo intervento viene posto come uno dei punti cardine a partire dal quale la cosiddetta non-musica si è sviluppata, e anche la musica industriale paga senz’altro un debito nei suoi confronti.
Di fatto, Linguaggio macchina v.1.2 ha uno scopo piuttosto simile rispetto all’idea dello storico compositore, ma il suo prodotto arriva a distanza di un secolo di sperimentazioni. L’idea è quella di generare una musica ritmata e, quindi, in qualche modo, ballabile, facendo unicamente affidamento sulla “vastissima” gamma di suoni generabili tramite un computer. Del resto, nella sua lunga storia, la musica elettronica ha sempre, in misura più o meno forte, cercato di trasmettere quella freddezza propria della macchina, come fosse essa stessa a comporre brani freddi e asettici. A fronte di un impoverimento di questa idea (soprattutto per quel che concerne l’ottica mainstream), il non-musicista di Udine si affida ai suoni generati da file, eseguibili e tutto quello che può venire fuori dalla scatola attraverso un processo noto come data bending, ovvero il processo di manipolazione delle informazioni provenienti da un file di un qualche formato, con lo stesso spirito d’avanguardia di chi già fece qualcosa di simile, in quanto a ricerca della rottura degli schemi, circa un secolo prima.
Potrà sembrare strano, ma il computer è di per sè in grado di generare una gamma di suoni molto ampia, in quanto le possibilità, basti pensare alla traduzione in suoni di immagini ed eseguibili di varia natura, sono potenzialmente infinite. Quello che fa Lorenzo è spiegarci questo concetto che è già stato esplorato da certa musica ritmica prettamente underground, specialmente il power noise, al quale, volente o nolente, il musicista fa qui riferimento. Quel che è importante riconoscere a Lorenzo è che, al di fuori di una musica comunque accattivante, ben ritmata e ricca di soluzioni, quel che è più importante è la volontà di porre il bit al centro del discorso estetico-musicale. Il linguaggio macchina, ma questo può essere chiarito da una qualsiasi pagina di un qualsiasi motore di ricerca, non è altro che la forma più diretta e primitiva di “comunicazione” con un computer ma, in generale, con qualsiasi dispositivo digitale: una serie infinita di 0 e 1.
Così come Russolo, con la sua musica direttamente ispirata ai suoni della realtà, aveva in sè la volontà di attuare una rivoluzione non-musicale che, nei decenni successivi, troverà terreno fertile nella sperimentazione di genere, anche Lorenzo vuole rompere con la musica generata dagli strumenti classici per accendere nelle persone la spia che dimostri loro come le macchine siano in grado di generare un insieme di suoni che abbia un suo senso e che generi in noi se non sensazioni, comunque puro ritmo.
Quel che però c’è di differente rispetto all’esplosione e all’incomunicabilità del messaggio di Russolo e che non è poi così dirompente in questa release è il fatto che siamo una società abituata alla musica elettronica che, se da un lato insegue sempre meno il suo legame primordiale coi due stati principali della macchina (0 – 1, acceso – spento), è comunque entrata nelle nostre vite quotidiane. Ne consegue che quello che l’ascoltatore può trovare in questo progetto è una idea interessante ma nulla di realmente fantascientifico, poichè, di fatto, i sei brani qui presenti sono nient’altro che (ma questo certamente non è poco) sei brani di ritmi elettronici disumanizzati, nei quali solo i circuiti che li animano sono ben visibili. Quello del musicista è oggi un divertissement di gran gusto e intelligenza, ma non ha una vera e propria carica distruttiva nei confronti del panorama odierno.
Quel che gli fa onore è che è piuttosto raro trovare idee simili in questa penisola, il che lo rende un musicista da esportazione di sicuro successo, che col tempo non potrà fare altro che crescere, guardando il panorama internazionale e affinando la sua tecnica. Queste sei brevi revisioni del software di Lorenzo sono ottimi prototipi di qualcosa di più grande che potrebbe benissimo essere stampato su una label di prestigio tra quelle che si occupano di realtà sperimentali e intelligenti come questa. In bocca al lupo di cuore!
Label: Autoproduzione
Voto: 8