Pubblicato da Alessandro Violante il aprile 4, 2016
E’ cominciata quasi per caso, la “trilogia pornografica” di Giovanni Mori alias Le Cose Bianche, nome di tutto rispetto all’interno della scena power electronics italiana, ribattezzato, sulle nostre pagine, il “poeta” del genere. Un lavoro dal titolo L’ultimo canto della pornografia suona un po’ come una sorta di bonus extra, un “canto del cigno” di un discorso che ci ha accompagnato per poco più di un anno, regalandoci tre album (Aesthetics of a good pornographer, Pornography should not be an illusion e Born) tra loro simili e, allo stesso tempo, diversi per certi aspetti, ricchi di collaborazioni interessanti e, soprattutto, più che strumentalmente, molto validi dal punto di vista delle liriche contenute, che affrontavano il tema della pornografia presentando approcci differenti.
Questa ricerca lirica di alto livello conosce qui una ulteriore evoluzione, che la porta a diventare l’elemento predominante dei suoi brani, in aggiunta ad uno spiccato interesse per certa cinematografia anni ’60 e ’70, che ritroviamo nei video utilizzati per i brani L’indissolubile legame tra sesso e morte (che, più che scioccare l’ascoltatore, ricorda i lunghissimi titoli dei film italiani di genere degli anni ’70) e L’ultimo canto della pornografia, brano che dà il titolo a quest’uscita. Se si volesse cercare l’elemento chiave del lavoro, lo si troverebbe nel disfacimento dell’oppressiva coltre cacofonica che copriva interamente il flusso di coscienza di Mori, che qui, invece, si fa da parte, ponendosi sullo sfondo e lasciando respirare testi tutt’altro che banali, che spaziano dalla recitazione extradiegetica nella già citata L’indissolubile legame tra sesso e morte, forse il miglior brano dell’album, accompagnato da un video che utilizza un film a noi sconosciuto ma dalle scenografie un po’ avantgarde e un po’ teatrali, alla dirompente ed angosciante (nei testi) L’ultimo canto della pornografia, che invece, nel video, riprende chiaramente ambienti, personaggi e scenografie anni ’70 all’italiana (anche qui non sappiamo quale sia il titolo della pellicola utilizzata). Qui si dà la precedenza alla ripetizione urlata, piuttosto che alla descrizione di uno scenario.
Ci sono poi brani dai testi più introspettivi e personali come Ultima notte all’EUR, in cui il Musicista richiama la figura paterna (uno degli elementi centrali del discorso di Mori), La sindrome del tramonto (un altro brano molto personale) ed Eleonora, un brano che descrive il particolare rapporto con la donna, anche questo un tema caro a Mori. Interessante, anche se un po’ (volutamente?) confusionaria dal punto di vista della resa sonora, è l’inclusione, nel vinile, della versione live di Come se la pornografia non fosse mai esistita, risalente all’ultimo Congresso Post-Industriale, svoltosi di recente a Bologna, quest’ultima con Iugula-thor come guest. L’operazione eseguita da Mori in L’ultimo canto della pornografia è molto simile alla necessità che i serial killer hanno, a posteriori, di spiegare le motivazioni dei loro crimini. Mori qui si spoglia del wall of noise che caratterizza la sua opera per cercare di spiegarci al meglio, senza rinunciare al suo dizionario intriso di metafore, quello che ha cercato di raccontare (e di raccontarci) con la sua trilogia e, più in generale, con la sua musica composta fino a questo momento. E’ un mettersi a nudo di fronte all’ascoltatore, forse non voluto, come da lui stesso affermato, ma un processo inevitabile, che gli permette di distinguere la propria proposta rispetto a quella dei suoi colleghi (che hanno altre specificità, diverse dalle sue).
Questo è uno dei motivi per cui, escludendo alcune sue collaborazioni (si veda quella su Ten Hot Injections con l’amico Otur Boyd / Moreno Padoan), è inutile parlare di Le Cose Bianche focalizzandosi solo sui pattern rumoristici da lui utilizzati, in questa sede più che altrove, nonostante la presenza dell’amico e collega Paolo Bandera, a firma SSHE Retina Stimulants, sia perfettamente rintracciabile tra i solchi dell’album. Sarebbe altrettanto poco caratterizzante parlare delle sue radici musicali (Maurizio Bianchi per i suoni e Atrax Morgue per l’approccio lirico), quando è ormai chiaro che il Nostro ha raggiunto una formula personale e che ricorre ad un immaginario testuale molto particolare. Magari musicalmente non sarà un progetto rivoluzionario, ma LCB è uno dei parolieri più interessanti dell’attuale scena post-industriale italiana e non.
Label: Old Europa Cafe
Voto: 7