Pubblicato da Alessandro Violante il giugno 14, 2013
Non è necessario appartenere ad un mondo per poterne discutere, soprattutto se si deve parlare di leggenda. Una volta appresi I numeri, ovvero, I sessanta e più anni di età/ I dieci anni di distanza dall ultimo lavoro solista/ le dodici tracce del disco/ I quaranta anni di carriera, è impossibile non avere nulla da dire su Uno dei Quattro re della musica elettronica Kraftwerk.
Squadra vincente non si cambia e, quindi, anche solo Karl Bartos mescola suoni e voci totalmente computerizzate, dove l’unico intervento umano è nello switch on/off confezionando, però, un album dai mille ambient e ritmi, dai più freddi e tortuosi ai più allegri e ballabili.
Diverse sono le reminescenze: dai Pet Shop Boys ai Fanfarlo, passando per gli High Places, la musica math e quella dei videogame rimandendo, però, sempre fedeli all’obbiettivo di portare il synth pop sul podio.
Le tracce non sono mai lunghe, ma ben studiate per essere all’interno di un album, compresa la traccia fantasma “Silent”, che velocemente fa slittare alla traccia di chiusura, la più imbarazzantemente allegra e che sottolinea come chiamarsi Bartos vuol dire a volte essere, da parte del pubblico, vincolato, ma questo non è sicuramente il caso.
Label: Bureau B
Voto: 3