Intervista a Supersimmetria

Pubblicato da Alessandro Violante il giugno 7, 2015
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Courtesy of Tian

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Bresciano di origine, trasferitosi poi in Germania e ora attivo con la Hands Productions, Supersimmetria (qui la recensione del suo ultimo album), pseudonimo di Armando Alibrandi, è già una realtà di culto, soprattutto in terra teutonica. La sua musica è una techno molto profonda e caratterizzata da tinte oscure e spacey, condita da velati elementi rhythmic noise. Oggi parliamo con lui dei suoi progetti, del suo rapporto con la musica e molto altro.

1) Ciao Armando! Presenta ai lettori il progetto Supersimmetria. Quando nasce e dove? Già dal tuo monicker, si evidenzia un particolare interesse per la fisica. Ce lo spieghi, anche in relazione alla tua musica?

Ciao Alessandro, Supersimmetria nasce a Berlino a cavallo del 2011 e il 2012. Il nome è emerso dalla naturale umana necessità di dare un nome alle cose, non mi piaceva l’idea di usare il mio vero nome. Supersimmetria è una teoria parzialmente confutata della fisica delle particelle per quanto ne so. Ai tempi, quando scelsi il nome, la teoria non era stata ancora confutata. Riguardo alla scelta del nome ed in generale i nomi delle mie tracce in generale si tratta più un fattore estetico e di mera curiosità riguardante alcuni argomenti.

Di fisica delle particelle conosco poco o nulla, trovo però il senso estetico incredibilmente attraente. I nomi delle tracce emergono naturalmente dopo la lettura di qualche articolo scientifico o di una qualche pagina di Wikipedia. La titolazione delle tracce avviene più o meno così; leggo sull’argomento, ne trovo ispirazione, attribuisco il nome alla traccia. Credo che inconsciamente voglia trasmettere ai miei ascoltatori delle parole chiave da cercare per scoprire la bellezza e i misteri della natura.

2) Kosmogonie è uscito da poche settimane e sta già riscontrando consensi tra i nostri lettori. Ci parli della sua genesi? Pensi che l’indubbio fascino per l’Universo sia legato alla musica che produci?

Beh… la sua genesi è stata meno pianificata di quanto sembra, Kosmogonie non è un concept album, bensì una raccolta di lavori. Le tracce avvengono per ispirazione, poi il concetto aggiunto a posteriori, ha cementificato l’idea.

L’interesse e la curiosità che provo nel leggere “BBC science” o chi per esso traspare nella musica che faccio. Una volta mi è capitata sott’occhio un’immagine davvero interessante. L’immagine raffigurava un diagramma con 2 cerchi intersecanti, in un cerchio la parola “art” nell’altro “science”, l’intersezione tra i due cerchi “Wonder”. Niente di più azzeccato per il mio senso estetico!

3) Nel tuo trasferimento in Germania, cosa ti sei portato dietro, come artista e come persona, dall’Italia? Te lo chiedo perché tu proponi delle ritmiche techno (posso chiamarle così?) molto particolari e suggestive, e Brescia ha giocato e continua a giocare un ruolo di primissimo piano in Italia per quanto riguarda la techno e i suoi derivati, sono io stesso un patito di quell’ambiente.

In realtà, artisticamente parlando, non mi sono portato niente della techno Bresciana. Per quanto abbia sempre avuto una passione per artisti come Autechre o Boards of Canada fin dai miei 14 anni in realtà fino al mio trasferimento ad Atene per erasmus non avevo mai particolarmente apprezzato molto la musica elettronica. Specialmente la Techno, in gioventù, avevo una sorta di repulsione. La associavo alle discoteche “in” del bresciano dove i valori principali erano soldi, vestiti griffati e coca. Ho imparato solo poi col tempo che esiste della techno “buona” in cui riesco emotivamente a rispecchiarmi. Ovviamente ci sono stati centinaia di passaggi tra il repellere la techno a comporla.

I gusti musicali della mia gioventù erano già durante la mia adolescenza molto vari, anche se principalmente ascoltavo molto prog e death metal. Credo che la mia eredità musicale bresciana sia più collegata a quella scena metallara e ribelle piuttosto che alla scena techno.

4) Sei un esempio di come la musica techno sia sempre più entrata in contatto con la musica elettronica sperimentale e underground. Quanto l’una influenza l’altra e in che misura musicalmente e da un punto di vista sottoculturale? Possiamo ancora chiamarla musica industriale?

Ciò che è definita musica mainstream altro non è che musica underground diventata famosa… dubstep e tech-house fino a 10-15 anni fa erano pure loro musica underground. Sul quanto l’uno influenzi l’altra e viceversa questo dipende dal singolo artista. Nessuno inventa niente ma tutti rimescolano e fanno propri suoni ed emozioni che esistono già.

Beh, sul cosa definire industrial e cosa no possiamo dilungarci per ore.. per definizione l’industrial è musica composta da suoni ottenuti da parti industriali.. Se ci atteniamo alla definizione ben poche band possono essere definite industrial, per questo dovremmo ritornare a ritroso e andare a pescare band come Einstürzende Neubauten. Viceversa, se quei suoni striduli, metallici e distorti possono essere anche di origine elettronica, allora perché no; possiamo chiamarla techno-industrial… Anche se, per evitare commenti negativi dei puristi del genere, definisco ciò che faccio semplicemente come Dark Techno/Rhythmic Noise. L’utilizzo del termine comunque dipende dal chi riceve l’informazione.

Credo che definire un genere musicale serve al solo scopo di comunicare a un possibile ascoltatore di cosa si tratta, non di impacchettare artisti all’interno di un box chiamato “Techno” o “Industrial”.

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Courtesy of Ema Discordant

5) Perché, sebbene in alcune situazioni italiane la techno e le ritmiche distorte ottengano un successo più che discreto, la tua musica e quella proposta dalla tua label (ma anche da artisti e labels a te affini) godono di una importanza molto inferiore? Io, personalmente, non trovo che ci sia un grande gap da colmare, magari più sul piano sottoculturale che musicale. Che ne pensi tu?

La verità è che siamo tutti dei pecoroni, io compreso… Ascoltiamo e seguiamo ciò che le istituzioni ci impongono. Per istituzioni intendo discoteche, pubblicità, case discografiche, ecc.. Ci nutriamo della pappa pronta preparata dagli altri perché è più comodo… pensa se non ci fossero le case discografiche a dire cosa vale la pena ascoltare e cosa no? Sarebbe la perdizione.. Riguardo alla realtà italiana lo stesso ragionamento, ma tutto è ancora più “comodo”; fidarsi delle grosse etichette e di cosa ci nutrono i dj purtroppo è decisamente più pratico.

6) Come funzionano le cose in Germania, per quanto riguarda la musica industriale per così dire ritmica e la techno? Ci sono molte webzines e radio che se ne occupano? Quel che vedo è che ci sono molti festival e, se ci sono, c’è tanta gente che vi presenzia.

Difficile a dirsi, ma credo che anche in Germania si tratti di cultura underground, l’unica differenza è che qui, “la gente normale”, tende a non temere ciò che non conosce ma piuttosto è curiosa e indaga più facilmente i contenuti di una determinata sottocultura. Riguardo ai festival ok.. qui sono fanatici, li adorano.. e capisco anche il perché!

Riguardo alle webzine e radio purtroppo non saprei dire con precisione, credo che non ci sia molta differenza tra Italia e Germania in tal senso.

7) Parlaci del progetto AGYA, quest’ultimo insieme a Yura Yura. Quando, come nasce e quale messaggio volete veicolare?

AGYA, acronimo di Armando Gregory Yura Alibrandi nasce dopo una traccia featuring che appare nel mio primo album nel 2012. Ci piacque il risultato e decidemmo di provare a fare altri lavori insieme. Sul messaggio che vogliamo veicolare è un po’ difficile rispondere; il messaggio c’è ma non è stato fatto in modo troppo cosciente, ogni traccia ha un po’ il suo messaggio a se stante e allo stesso tempo il tutto rappresenta un po’ i vari stati della psiche umana.

Il titolo stesso dell’album, ANEMOS (vento, soffio), antica parola di origine greca che, col tempo, si trasformò in “Anima” (prima in latino e poi in italiano), rappresenta la coscienza, anima intesa non come entità spirituale ma bensì tutta l’attività neuronale che fa si che noi siamo caratterialmente ciò che siamo. In sintesi, l’album è un apprezzamento al senso estetico di come impulsi elettrochimici neuronali (sinapsi) si trasformano in azioni, paure, perversioni, eccitazioni sessuali, idee politiche e chi più ne ha più ne metta. L’immagine sulla copertina, creata da nientepocodimenoche Mr. Access to Arasaka, rappresenta esattamente quelle sinapsi sopracitate.

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Courtesy of Persephoniis

8) In una musica come la techno, quali sono gli elementi che differenziano un live da un dj set? Tu come la vivi la dimensione dal vivo?

Live performance… un cruccio che mi ha scomposto da quando ebbi la prima proposta per una performance dal vivo. Beh… prima di tutto il dj set offre non solo musica creata da me, ma anche componimenti creati da altri, il live set è esclusivamente musica mia. In un live set cerco di raccontare una storia dall’inizio alla fine, questo richiede una preparazione non necessaria per un dj set. In un live set tendo a includere parti propriamente “live” come sintetizzatori touch o l’impiego di distorsioni ed effetti dal vivo su campioni extra che vanno in parallelo con la traccia suonata. I software impiegati per dj e per live ovviamente si differenziano.

9) Quali progetti hai in cantiere? Puoi svelarci qualche anticipazione?

Qualche progetto in cantiere c’è, a parte il nuovo album supersimmetria di cui sono pronte già alcune tracce, di recente con Gregory (Yura Yura) si è parlato di iniziare a fare un secondo album AGYA. Ci siamo già messi a lavoro, vedremo cosa emergerà. Le tracce “soft” che ho prodotto dal penultimo release (golden ratio) a oggi saranno pubblicate sotto un’altra etichetta con il nome di Aleph entro i prossimi mesi.

10) Grazie per il tempo dedicatoci! Saluta i lettori e invitali ad acquistare il tuo ultimo album, Kosmogonie!

Grazie a Flux Webzine e ai lettori di questa intervista per l’interesse mostrato nei miei progetti un abbraccio e un saluto a tutti gli ascoltatori.