Pubblicato da Alessandro Violante il luglio 15, 2015
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In occasione della nuova uscita di Maurizio Bianchi per la Raumklang Music di Dirk Geiger, Tridecacofonia, un disco molto impegnato concettualmente e musicalmente, parliamo direttamente con uno dei massimi esponenti del noise mondiale e, in particolar modo, riconosciuto come il maestro italiano dell’industrial noise.
In questa intervista cerchiamo di conoscere meglio l’artista al di fuori di quello che generalmente si conosce della sua musica, facendo luce sul suo posto all’interno della storia della musica, piuttosto che strettamente di quella industriale.
1) Premetto che è un grande onore parlare con un artista di culto come te. In tanti mi hanno parlato dei tuoi lavori, e tempo fa comprai il mio primo album recante la tua firma: M. Plus T. L’uscita del lavoro per la Raumklang è stata l’occasione per parlare per la prima volta ai lettori della tua musica. Penso che inquadrarti in un genere sia molto difficile: volendo farlo posso vederti come un grande pilastro della musica noise. Dicci qualcosa sul tuo progetto che non sia possibile leggere in giro per la Rete o sui libri di settore.
Posso dirti che il mio progetto scaturisce dalla consapevolezza di voler creare qualcosa di spontaneo e di genuino che scaturisce dall’intimo neurotico, prevaricando tutti gli schemi accademici e le superficialità sensazionalistiche di certi artisti sperimentali.
La mia musica è un viaggio cosmico all’interno della psiche umana per carpirne le emozionalità più recondite e le angosce più raccapriccianti, per poterle ritrasporle in musica attraverso la spiritualità del mio essere profondo.
2) Come ti dicevo, faccio fatica a definirti un artista strettamente “industrial”, specie considerando i legami che mi sembra che esistano tra Tridecacofonia e la storia della musica atonale. Tanti sono anche i riferimenti nei titoli, a partire dal titolo dell’album stesso. Se dovessi contestualizzarti, ti senti più legato al primitivo suono dei Throbbing Gristle o a compositori come Schoenberg e Boulez? Sei comunque spesso definito come un musicista industrial. Come vivi questa cosa e quale pensi che sia il legame tra la tua musica, la tua persona e l’industrial?
Ciò che mi definisce la critica musicale di settore si basa su certe caratteristiche sonore che rientrano in vari generi come industrial, noise e ambient, però con il recente Tridecacofonia ho voluto puntualizzare le mie radici anarco-foniche; infatti non riesco a vedermi relegato ad una determinata matrice musicale e probabilmente a distanza di oltre tre decenni posso affermare di aver creato un nuovo genere che è tuttora innominato, quindi gli artisti che mi menzioni esulano dalla mia ferma volontà di indipendenza artistico sonora. Come ha affermato recentemente Dirk, la mia musica si discosta nettamente da tutte le altre ed è davvero unica nel suo genere.
3) La tua carriera finora è stata piuttosto travagliata: tante collaborazioni, tante release, vari periodi di pausa. Qual è il tuo rapporto con la musica e con la composizione? Da cosa dipende il fatto che in un periodo tu sia più o meno prolifico?
Le tante collaborazioni sono un’espressione bivalente della mia volontà comunicatoria insieme al volermi confrontare con altre realtà simili o omogenee. Il mio rapporto con la musica e la composizione ricalca la volontà di uscire dagli schemi tradizionali per creare qualcosa di veramente innovativo, che possa lasciare una traccia indelebile nella storia moderna.
4) Quello che emerge dall’ultimo album è un interesse particolare verso la cacofonia, un argomento piuttosto complesso, che ha attraversato molti generi lungo i vari decenni. Qual è la tua idea al riguardo? Quale posto occupa nella musica e perchè è importante per la sua evoluzione?
Si può affermare che sin dai miei esordi come Sacher-Pelz, la cacofonia è stata una costante della mia evoluzione artistico musicale, passando attraverso il radicalismo elettro-rumorista fino ad approdare all’astrattismo minimalista.
Tante sfaccettature sperimentali della medesima medaglia cacofonica, anche perchè il mio concetto di cacofonia è collegato con l’istintività e l’immediatezza decompositiva, quindi è distante dal concetto tradizionalista di suono sgradevole e disturbante. Invito tutti ad ascoltare attentamente “Tridecacofonia” per rendersene pienamente conto.
5) Quando hai cominciato a comporre, com’erano le cose e c’era interesse? Cosa c’era di diverso rispetto ad oggi, e come la tua musica era inserita all’interno del panorama musicale di quel periodo? Come la critica etichettava i tuoi lavori e come vengono etichettati oggi?
Quando ho iniziato, ero come un eremita nel deserto della superficialità e dell’inutilità. All’epoca imperavano generi musicali come la disco music, i cantautori impegnati, la new wave, i gruppi di neo-elettronica, l’heavy metal, la seconda ondata del punk-rock, tutti generi che erano governati dai mass media e che fungevano da “lavatori” del cervello delle masse giovanili.
Così il mio urlo sperimentale non è stato preso minimamente in considerazione (almeno in Italia) a conferma che il paese in cui viviamo è davvero retrogrado quando si tratta di affrontare discorsi che esulano dagli schemi.
L’unica cosa diversa è che c’era più impegno in ciò in cui si credeva, più desiderio di combattere per poter affermare i propri ideali, mentre ora la quasi totalità delle menti è stata lobotomizzata dal presente sistema di cose, improntato sulla bieca futilità e sullo scettico materialismo, e la volontà di lottare è assopita.
6) E’ innegabile che intorno a te ci sia sempre stata una certa aura misteriosa: hai attraversato la storia della musica industriale sempre nel ruolo di osservatore esterno dei fenomeni culturali e subculturali facenti parte di questa musica, sempre continuando per la tua strada personale. Un altro elemento che la arricchisce ulteriormente è il fatto che non suoni live. Recentemente un altro artista che abbiamo intervistato, Le Cose Bianche, ha pianificato il suo primo e ultimo live (che avverrà a Bologna). Pensi che certi tipi di musica particolarmente ostica, passami il termine, mal si adattino alla dimensione live e questo è il motivo dello scarso interesse nei confronti della dimensione performativa?
In effetti la dimensione live non si addice a un certo tipo di discorso così intimistico e personale. Ecco perchè mi sono subito distaccato dal tradizionalismo “live” degli altri artisti sperimentali e mi sono riallacciato al discorso originario dei primi sperimentatori i quali, mancando di supporti adeguati (nastro e vinile) erano costretti ad esibirsi dal vivo unicamente per propagare le loro idee musicali.
Ma oggi che i supporti esistono, sia sotto forma fisica che digitale, che bisogno ha l’artista di esibirsi dal vivo? Probabilmente lo fa per una gratificazione personale, ma spesso per una manifestazione esibizionistica. In definitiva la mia concezione live viene già espletata nel momento in cui effettuo l’incisione del brano musicale, quindi è del tutto inutile riproporlo in un altro contesto perchè si tratta di una superflua ripetizione.
7) Da dove l’artista noise prende le proprie influenze musicali e culturali? Quali sono state e quali sono, ad esempio, le tue influenze? Da cosa viene influenzata una musica che opera, in un certo senso, un tabula rasa di tutto quel che è strutturato, attraverso la cacofonia?
Le mie influenze musicali dei primordi sono state la musica concreta francese, la sperimentazione cosmica tedesca e la rumorosità Futurista italiana, ma poi nel corso dei mesi e degli anni ho sviluppato un discorso molto personale, così che l’etichetta di artista industrial noise non ricalca l’effettiva realtà del mio sviluppo sperimentale.
8) Come sei entrato in contatto con la Raumklang? so che presto collaborerai anche ad un disco insieme a Dirk Geiger…come il tuo suono è entrato in contatto col suo? Penso anche che il disco che è stato rilasciato pochi giorni fa non sia interessante unicamente dal punto di vista musicale, ma anche culturalmente parlando: come a dire, il concetto italiano di noise che incontra quello tedesco e quel che viene fuori da questo.
Sono entrato in contatto virtuale con Dirk via email, ed a seguito di un nostro incontro “reale” nel 2013, è scaturito il progetto di fare uscire un mio lavoro “epocale” per la sua etichetta, così mi sono impegnato a valicare i confini della cosiddetta dodecafonia facendola comprimere con l’universo cacofonico per ottenere la “Tridecacofonia”.
In seguito Dirk stesso in maniera entusiastica mi ha chiesto di collaborare insieme ed il risultato vi impressionerà, non voglio anticiparvi altro per lasciare a tutti il beneficio della sorpresa.
9) Recentemente hai collaborato anche con Massimo Croce, DBPIT e XxeNa. quali analogie ci sono tra voi musicalmente e artisticamente? Parlaci del lavoro che avete realizzato insieme.
La cosa curiosa è che non ci sono analogie particolari, se non il desiderio di percorrere strade imbattute, ed Isometrie sonore è stata una manifestazione evidente di tale volontà.
10) E’ quasi scontato chiedere quali siano i tuoi piani per il futuro. Di cosa ti occuperai nei prossimi mesi, oltre al lavoro con Dirk Geiger? Cosa dobbiamo aspettarci da MB?
Ho in cantiere una ventina di progetti, in quanto non riesco a stare con le mani in mano. L’inattività e la pigrizia non fanno parte del mio microcosmo ambientale.
11) Grazie per il tempo che ci hai concesso! Se vuoi, puoi salutare i lettori e invitarli ad acquistare il tuo ultimo album, Tridecacofonia!
Ho già rivolto loro l’invito, sia tacitamente che esplicitamente.