Pubblicato da Alessandro Violante il marzo 11, 2013
Negli ultimi tempi l’Italia, in particolar modo Milano, si è aperta alle sonorità elettroniche più sperimentali e industriali, soprattutto per via dell’iniziativa di Carmine Pizzuti, organizzatore, insieme a Matteo Saltalamacchia, Yann Antimoine e Francesco “Yasu” Pezzoli, di un ciclo di serate noto fino al 2012 come Dark Industrial, che oggi ha cambiato nome in Alterazioni Sonore. Durante questo anno, l’organizzazione ha portato vari ospiti internazionali e ha promosso dj nazionali nel segno della musica industriale non da club, quanto piuttosto impostando gli appuntamenti all’interno di una dimensione da live show. Parliamo in questa sede con Carmine Pizzuti.
Ciao Carmine. La prima domanda riguarda la nascita di questa organizzazione. Parlami delle sue origini e del perché hai cominciato.
Guarda, io e il gruppo di ragazzi con cui ho dato inizio a queste serate abbiamo cominciato quasi per gioco. La volontà era quella di portare i nostri artisti preferiti (che riuscivamo a vedere dal vivo solo raramente e quasi mai in Italia) nel nostro Paese. Dapprima siamo entrati in contatto con il collettivo del centro sociale Boccaccio di Monza (da sempre interessato a portare avanti sonorità e generi d’avanguardia) che ci ha permesso di ospitare le prime serate (l’esordio assoluto è stato il 4 febbraio 2012 con Ch District e Wieloryb); poi abbiamo conosciuto i ragazzi che gestivano lo Spazio Concept (dove attualmente siamo ospitati), pure loro alla ricerca di eventi che fossero fuori dai soliti schemi, con cui abbiamo proseguito questo “discorso”, diventando molto più professionali e creando un vero e proprio appuntamento fisso e (spero) irrinunciabile all’interno del panorama musicale alternativo milanese.
Spiega ai lettori perchè hai scelto il nome “Dark industrial” e, successivamente, “Alterazioni sonore”. Cosa hai voluto trasmettere a chi frequenta le vostre serate?
Sapevamo che Dark Industrial sarebbe stato un nome provvisorio ma volevamo un qualcosa “d’impatto”: lo abbiamo scelto perché speravamo che si capisse la nostra intenzione di fare musica oscura e veramente industrial cercando di far comprendere, a quanti decidessero di prendere parte ad una delle nostre serate, il vero significato di questi termini che , a mio avviso, sono un po’ troppo abusati e travisati. La scelta invece di Alterazioni Sonore è stata molto più ponderata: dal momento in cui siamo passati a fare eventi allo Spazio Concept (in zona navigli di Milano per cui con una visibilità molto maggiore), è cambiato anche il nostro modo di intendere queste serate: da semplici concerti musicali a veri happening culturali dove è nostro obbligo anche quello di presentare una mostra connessa alla proposta musicale per cui volevamo un nome che rendesse l’idea di un qualcosa di mutevole, magari anche non troppo “rassicurante”, ma che fosse in cambiamento continuo. A mio avviso, questo nome rende appieno l’idea di evento che avevamo e abbiamo in mente: la gente che partecipa alle nostre serate non deve avere certezze, vogliamo che scopra realtà nuove e che superi i pregiudizi legati a determinati generi di “nicchia”. E devo dire che il nostro pubblico si sta dimostrando davvero attento e curioso.
Il tuo percorso musicale è passato dal metal all’industrial, così come il mio. Vorrei sapere se hai trovato dei punti di contatto tra questi due mondi e se secondo te esistono, e in che misura.
In effetti per anni ho ascoltato prima il Death poi il Black Metal per cui ho sempre cercato di ascoltare generi di nicchia. Devo dire che, se musicalmente magari non c’era tanta affinità, dal punto di vista dell’approccio e del mood, soprattutto con le prime uscite metal, ci sono molte cose comuni. Purtroppo poi anche il Death Metal o il Black sono diventati fenomeni da migliaia di album venduti per cui hanno perso tutto quel fascino che potevano avere agli esordi. Io poi personalmente sono cresciuto a “pane e Godflesh” per cui l’industrial, seppure misto al metal, è sempre stato parte integrante dei miei ascolti. Una larga fetta della cosiddetta musica industrial, specie quella più brutale e legata al noise o alla musica concreta, non ha assolutamente nulla da invidiare alle cose più estreme che abbia mai ascoltato nel Black metal.
La musica che proponi è poco diffusa nelle nostre regioni, come nella mia, in Abruzzo. La musica industriale potrebbe emergere allo stesso modo in cui, ad esempio, è successo alla Dubstep? Oppure la vedi una prospettiva remota?
Innanzitutto bisogna dire che, quando parliamo di Industrial, ci riferiamo a un calderone enorme che comprende troppi sottogeneri. Industrial possono essere definiti, per esempio, sia i Brighter Death Now che Roger Rotor che fanno musica non paragonabile l’una con l’altra. Diciamo che, visto che finora abbiamo proposto un certo genere di industrial che va dal rhythm all’Idm, intendiamo quello, quando parliamo di questo genere e della possibilità di ottenere una maggiore visibilità. Premesso questo, ovviamente sarei contento se un numero maggiore di persone iniziasse ad ascoltarlo però questo è un genere di nicchia e come tale deve rimanere. La Dubstep ha iniziato partendo dall’underground per poi diventare di moda ora e la cosa l’ha sicuramente spersonalizzata. Dietro al cuore freddo delle macchine che compongono ciò che ascolto invece si intravedono chiaramente delle persone che creano musica con enorme passione e senza l’assillo di dover per forza piacere o vendere…la differenza è davvero abissale. Il fatto che non ci sia un guadagno effettivo e che non girino molti soldi rende il tutto sicuramente più interessante, perché chi suona lo fa solo per il piacere di fare musica ed è così che io intendo il music business.
All’interno del tuo ultimo evento hai ospitato una performance. Qual’è il tuo approccio nei confronti della musica delle origini? Cosa ti ha spinto a farlo? Si tratta di ripristinare la dimensione della prima musica industriale come connubio di musica e performance?
Finalmente, con l’ultimo evento, siamo riusciti a proporre la prima performance live. Venendo dal metal, logicamente, quando mi sono approcciato alla musica industrial, l’ho fatto iniziando ad ascoltare gruppi più recenti, andando poi a documentarmi sulle origini del genere (Throbbing Gristle, Spk, Whitehouse) e restando assolutamente affascinato dalla dimensione performativa con cui queste band esprimevano il loro disagio musicale. L’intenzione mia e di tutti coloro che organizzano queste serate è quella di esplorare tutti i sottogeneri dell’Industrial, proponendo in futuro anche gruppi che fondono insieme musica ed esibizione live. Era da tanto tempo che ci pensavamo ma poi, forse anche per i limitati mezzi economici che abbiamo, avevamo sempre accantonato l’idea ripromettendoci di metterla in atto prima o poi. Il 16 (febbraio), quando abbiamo acceso le luci e la campana ha iniziato a suonare (l’inizio dello spettacolo), ero un pochino preoccupato forse per il fatto che era la prima volta e non sapevo come avrebbe reagito l’audience: ma visti i riscontri decisamente positivi, sarà una di quelle cose che, budget permettendo, ripeteremo sicuramente.
Mi sembra di capire che sei un appassionato di label come la Ant-zen, la Hands e la Tympanik audio. Hai infatti ospitato artisti di calibro internazionale come Synapscape, Imminent, Dirk Geiger, e ti stai apprestando a portare Winterkalte. Quale ruolo pensi che questi artisti, e in generale il genere del rhythmic noise, abbia all’interno della musica industriale?
La Ant-Zen è stata in assoluto la prima etichetta che ho conosciuto relativa a questo tipo di sonorità. Sicuramente il peso che ha avuto (e con lei, anche le altre etichette che l’hanno poi seguita sugli stessi passi) all’interno del genere è stato davvero grosso anche perché ha espatriato un nuovo tipo di musica e l’ha resa più facilmente fruibile. Partendo dal discorso iniziato da gruppi come Klinik o Front 242, queste etichette hanno cercato di sviluppare un nuovo genere musicale che mescolasse la durezza di certe sonorità industrial con la ritmicità della techno music, arrivando a creare un vero Ant-Zen o Hands style riconoscibile nella maggior parte delle loro produzioni. É incredibile vedere come questo genere sia adesso amato da un’audience piuttosto eterogenea: sia da chi precedentemente ascoltava goth music, che da chi (come il sottoscritto) invece ascoltava metal estremo, che anche da chi invece proveniva dalla scena rave.
Cosa ne pensi della scena dei club, intendendo con questo la musica che viene proposta, la gente che li frequenta e l’atmosfera che vi si respira? E cosa pensi invece della dimensione live dell’artista che suona come in un concerto?
Io sono stato un assiduo frequentatore di club per cui credo di poter avere voce in capitolo: ad essere davvero onesti la situazione dei club goth o comunque alternativi a Milano non è, a mio avviso, delle più rosee. Questo perché purtroppo la musica che viene suonata non è cambiata molto da 20 anni a questa parte, non c’è freschezza, i dj (che dovrebbero essere coloro che accanto ai grandi classici, fanno scoprire anche nuovi gruppi), un po’ per comodità forse e sicuramente anche molto perché costretti a riempire le piste da ballo, mettono sempre le solite canzoni senza quindi avere o dare la possibilità di crescere musicalmente. É da 2/3 anni che non giro più per locali proprio perché ormai ero annoiato e deluso da ciò che mi veniva fatto sentire. Proprio per questo noi diamo estrema libertà di espressione ai dj che vengono a suonare alle nostre serate perché capiamo la frustrazione di alcuni di loro quando erano costretti a mettere per l’ennesima volta il solito pezzo del solito gruppo solamente perché il dancefloor si stava spopolando. Mi auguro che chiunque venga alle serate di Alterazioni Sonore o sia venuto in precedenza per Dark Industrial abbia apprezzato lo sforzo.
Provo una grandissima gioia quando vedo, nei commenti post evento, che qualcuno ringrazia questo o quel dj per avergli fatto scoprire un nuovo gruppo che prima non conosceva: per me questo è un successo enorme. La dimensione live poi é tutta un’altra cosa: alla faccia di chi dice che si tratta di musica pre registrata e non suonata dal vivo, a me personalmente dà un’energia incredibile. Sarebbe bello avere anche un impianto luci di buon livello: sono sicuro che gli show migliorerebbero ancora di più unendo, alla forza della musica, l’impatto visivo. Se mai qualcuno fosse stato a qualche festival importante tipo Maschinenfest, sa benissimo di cosa parlo. Se avessimo la possibilità di disporre di attrezzature consone, potremmo far fare un grossissimo salto di qualità ai nostri spettacoli.
Negli ultimi anni abbiamo assistito al boom della musica definita come “indie”, che è una scena sempre più apprezzata e seguita da un numero sempre crescente di persone. Quello che però colpisce è che la musica elettronica / industriale indipendente non viene considerata nè spinta nelle riviste. Perchè non c’è interesse verso queste sonorità? Qual’è il tuo pensiero?
Io credo che questo “disinteresse” sia dovuto innanzitutto alla non conoscenza della materia. Ciò di cui stiamo parlando è una scena davvero piccola per cui, per poter ascoltare determinate cose, bisognerebbe davvero andarsele a cercare. Io stesso ho scoperto questo genere solo per curiosità: dopo aver letto un paio di recensioni di gruppi della Ant-Zen (su una qualche fanzine gotica), ho provato a fare un ordine presso di loro “a scatola chiusa”, scoprendo poi tutto un mondo , a me prima sconosciuto, che ho amato da subito alla follia. Manca la voglia di rischiare: molti dei gruppi indie di cui tu parli, non fanno nulla di veramente innovativo, rimescolano semplicemente le lezioni imparate precedentemente o quelli che sono i loro gusti musicali. In realtà bisogna ammettere che qualcuno nel genere che ascolto ce l’ha fatta a conquistare palcoscenici importanti: se vedi l’esempio di gruppi come Einsturzende Neubauten: loro , pur partendo dall’underground più alternativo, sono riusciti a farsi conoscere dal “grande” pubblico indie arrivando a vendere un numero importante di copie dei loro vari album.
Pensi in futuro di organizzare un evento nel sud Italia per promuovere questa musica nel nostro territorio? Pensi che questo sarebbe possibile?
Sto iniziando ad avere alcune proposte per poter fare anche delle serate in altre città. Devo dire che la cosa mi stuzzica parecchio ma non credo che sarà onestamente possibile. Primo perché quello che faccio resta comunque fondamentalmente un divertimento e una passione, non un vero e proprio lavoro. Già così sto iniziando a vedere che, per poter fare tutto al meglio, devo impegnarmi strenuamente, per cui ho paura che non sarà possibile organizzare anche altrove una cosa del genere. Sarebbe bello ma, come ti ho detto in precedenza, ciò che “guadagniamo” con i nostri eventi va di solito a ripagare tutte le spese che abbiamo sostenuto, per cui preferisco di gran lunga che questa cosa resti come un hobby (se possiamo chiamarlo così) piuttosto che diventi una vera e propria professione.
Qual’è il prossimo appuntamento firmato “Alterazioni sonore”? Cosa hai in serbo?
Come ho già annunciato sul nostro gruppo (in-dust collektive) il nostro prossimo appuntamento sarà il 20 aprile quando avremo l’onore di poter presentare, per la prima volta in Italia, i grandissimi Winterkalte: per chi ancora non li conoscesse, sono il gruppo di cui fa parte anche Udo Weissmann ovvero il mastermind dietro l’etichetta Hands Production. Di supporto a loro, come al solito, ho voluto dare spazio anche a realtà italiane magari piccole ma di grande livello artistico: avremo Hyena (già nostro dj) che ha appena fatto uscire un cd per la Dark Industry (Atrabile), e poi avremo Giorgio Ricci, membro dei ben più noti First Black Pope, che ci proporrà uno dei suoi progetti: Templezone. La mia intenzione (condivisa da tutti coloro che fanno parte di questo progetto) è fermamente quella di riuscire a portare qualche nome famoso della scena industriale, dando comunque spazio anche a quelle che sono le realtà italiane che spesso hanno tantissime difficoltà a proporsi live. Il nostro scopo è e sempre sarà quello di proporre musica di qualità, non cercheremo mai di ingraziarci il grande pubblico con scelte semplici; la volontà è quella di andare a scovare, nei meandri di generi musicali sconosciuti, band di grande talento e di dare loro lo spazio che si meritano, offrendo anche al nostro pubblico l’opportunità di conoscere e scoprire gruppi nuovi.
Ti ringrazio per il tempo che hai concesso e ti saluto, dì qualcosa per chiudere l’intervista.