Pubblicato da Alessandro Violante il giugno 14, 2015
Quello della cosiddetta Scuola di San Francisco si è rivelato ben più di un fuoco di paglia nel già vastissimo e frastagliato panorama musicale post-industriale. Esiste un fortissimo legame tra le nuove proposte provenienti dal caldo stato degli Stati Uniti e le quasi sciamaniche teorie dei teorici di questa musica (primo tra tutti William S. Burroughs), e non è un caso che queste siano state partorite proprio in California, la terra dalla quale provengono anche gli High-functioning flesh, considerati uno degli esempi più chiacchierarti e noti di quella che sta sempre più diventando una vera e propria corrente musicale.
Il cammino del duo composto da Greg Vand e Susan Subtract comincia non più di due anni fa, ma i due conoscono subito una certa notorierà, se così si può definire, grazie alla loro particolare rilettura dei classici in maniera creativa, ma anche e soprattutto grazie al supporto offertogli dai talent scout, così diversi eppure così simili, Front 242.
Il legame con i belgi si riscontra unicamente nelle intenzioni: i belgi (ieri) e gli statunitensi (oggi) vogliono creare qualcosa di nuovo e di rivoluzionario, ma musicalmente il duo autore di Definite structures è molto più legato al suono canadese e, appunto, alle teorie californiane espresse da Burroughs e Gysin. Lo scopo è scardinare le strutture di controllo nel modo migliore che la storia del genere abbia insegnato loro: attraverso un massiccio e creativo uso del sampling, quella terza mente in grado di rompere il sistema, di attraversarne i confini.
Scardinare le strutture di controllo: questo è il messaggio, così antico eppure così svalutato e relegato in un angolo dalla pletora di musicisti postindustriali dediti alla celebrazione di una estetica postapocalittica, e sembra quasi che la voce di Burroughs riviva attraverso i due ragazzi. Queste strutture sono rappresentate dal pensiero preconfezionato, dal meccanismo di diffusione delle notizie tramite gli apparati statali ma anche dai dogmi religiosi (altro punto in comune con i belgi) e, in generale, da tutto quello che ci fa vivere la nostra vita come se fossimo dei burattini nelle mani del sistema: esemplare è il sampling nella conclusiva Mistakes were made, il rumore dei passi dei soldati in marcia, e già nel titolo sta la summa del pensiero dei californiani: Errori furono fatti, ma non per questo non si può impararne, non per questo non si può guardare oltre. L’evoluzione di questo pensiero è la figura di Neo in Matrix, colui che, osservando il codice, può alterarne le regole. Il già citato sampling ha la stessa funzione, e Definite structures ne è permeato: innumerevoli sono gli esempi, e The plunge ne è forse il migliore: un brano completamente costruito intorno a questa pratica.
Le strutture definite non sono, però, solo concettuali: stiamo pur sempre parlando di un disco di musica vagamente definibile come electro: sono anche più prettamente musicali: il duo mescola in maniera intelligente, creativa e, se vogliamo, weird, fuori dal comune, l’enciclopedia del genere: il sampling e i synth utilizzati recuperano quanto fatto in Canada da capisaldi quali Front line assembly e Skinny puppy (in particolar modo nei primi lavori), ma il songwriting e l’immediatezza delle composizioni sono decisamente punk. I vocals sono debitori, allo stesso modo, del punk ma anche dell’EBM diretta e concisa dei Nitzer Ebb, altra grande influenza del duo, e la ciliegina sulla torta è una forte influenza synth pop anni ’80, molto vicina a quanto fatto dagli Psyche (in cui, non a caso, militò il compianto Dwayne R. Goettel, e questo è uno dei motivi per cui, ascoltando quest’album, il Canada non può non essere evocato nella nostra mente). Al contrario dei musicisti che cercano la rottura dei confini attraverso la rottura delle ritmiche, come accade nel ritmo spezzato, i nostri capiscono che, per cambiare le regole del gioco, è necessario combattere il sistema dall’interno, ed è per questo che, senso del groove a parte, i Nostri si muovono all’interno di strutture definite in 4 / 4, talvolta in mid tempo, talaltra più tarantolate, ma il cui ritmo è sempre di ispirazione disco.
Non di rado sembra di ascoltare una rilettura semplificata di quanto fatto da Bill Leeb sul finire degli annio ’80 e l’inizio degli anni ’90, come in Whispered steel, e probabilmente il duo ne è stato influenzato, ma quanto si trova su Definite structures è sostanzialmente nuovo, e mai derivativo a tal punto da sembrare una copia di quanto già fatto in passato. Già una parte della critica lo ha definito un disco non prettamente definibile come industriale, in riferimento a quanto composto dai numi tutelari del genere, ma sta a noi lettori ripensare a quanti errori furono fatti quando lo stesso tipo di giudizio venne applicato alla musica prodotta in Canada da realtà che si sono poi rivelate estremamente influenti. Quel che è certo è che, se non dal punto di vista prettamente musicale, da quello concettuale ci troviamo di fronte ad uno degli album più genuini e “fedeli ad una certa estetica” di sempre. Un altro centro per la Dais records.
Label: Dais records
Voto: 9