Pubblicato da Alessandro Violante il dicembre 5, 2014
Quante volte siete rimasti affascinati dalla descrizione di techno offerta da Derrick May, un ascensore in cui si trovano rinchiusi George Clinton e i Kraftwerk? Che si proverà a stare dentro quello stretto, opprimente, oscuro, ascensore? In tanti, tantissimi, hanno dato la loro interpretazione del concetto in tutti questi anni, ma che qualcuno, nel suo essere lì hic et nunc, ne avesse scritto una poesia distopica postmoderna, beh, quello mica l’hanno fatto in tanti.
Heather Hansen Celeste sì, con Austere, un lungo brano da 17 minuti che precede un album in uscita a gennaio per la Evawyna, sorella della Anywave records. Statunitense, batterista, cantante e produttrice musicale e, aggiungerei, cantrice della condizione mentale dell’uomo postmoderno.
La musica elettronica, in particolar modo quella industriale, ma anche la techno e le sue diramazioni, hanno reagito al progressivo decadimento/deterioramento sociale e alla distopia sempre più reale rintanandosi in quell’ascensore e facendone, forse, l’ultimo vessillo di libertà. D’altronde, in fondo in fondo, che cosa sono i rave se non questo?
Certo, si potrebbe stare a disquisire su come il minimalismo abbia intrapreso un percorso più critico rispetto alle ritmiche battute in 4 / 4 dei fratellastri più veloci ma anche più orientati agli spazi aperti, agli stadi ad esempio. Non è questo il contesto, accantoniamolo.
Ode alla condizione dell’uomo che vive il proprio 1984 quotidiano: paura, inquinamento ambientale, paranoia, “tossicità psicologica” e propaganda religiosa sono il suo pane quotidiano. Quale destino per l’umanità? Fuggire in uno spazio oscuro per condurre una esistenza senza stimoli, certo, senza prese di posizione, chiaro, tutto sommato, però, vivendo nel buio sentendosi in qualche modo protetti da questa oscurità.
Minimalismo, ma non influenzato dalla wave nè tantomeno dall’electro o dal synth-pop. Prima abbiamo parlato di techno. Sì, è proprio la techno, insieme al dub e agli altri generi che, negli ultimi decenni, hanno riflesso, come gli specchi del brano appunto, i mutamenti sociali di una società che, dopo l’Illuminismo, ha preferito spegnere la luce e rifugiarsi nella sua creazione, una prigione per la mente, una prigione nera senza porte nè finestre oltre la quale non c’è niente, perchè niente si vuole vedere, perchè l’esterno fa paura. E l’uomo del brano, che ci rappresenta, è l’uomo che, con austerità, si rifugia dai disastri ambientali, dai dogmi e dalla politica, che rimane neutrale nei confronti di tutto.
Come descrivere in musica questo stato, questa tendenza mentale/sociale/culturale? Attraverso la ritmica e i sommessi pattern minimalisti e lisergici, che evocano molto bene il paesaggio lunare della mente del protagonista/i protagonisti. Una ritmica primordiale quindi, che si snoda, muta, si scompone e si ricompone esplorando la ritmica industriale, quella techno, quella microhouse, quella dub, e avanti così. Il background musicale di Heather Hansen Celeste è molto ampio e dimostra la sua comprensione di tutto quello che è successo almeno negli ultimi venticinque anni della musica ritmica elettronica. La sua voce è la voce narrante, la parola extradiegetica che recita una poesia drammatica degna dei peggiori incubi della Scuola di Francoforte che, a volte, sono terribilmente concreti e palpabili.
Austere è una ottima prova. Riparleremo dell’artista all’inizio del 2015 e, nel frattempo, drizzate bene le orecchie e schiacciate play. Considerando che questa è la loro prima uscita, se queste solo le premesse, della Evawyna se ne riparlerà a più riprese.
Voto: 9
Label: Evawyna records