Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 20, 2015
Visionario. Ci sono vari modi in cui si potrebbe parlare di un album come Along the axis (album del 2014 ripubblicato dalla netlabel Evawyna proprio nella giornata di ieri) della newyorchese Heather H Celeste, ma ascoltandolo attentamente, i principali sono due: c’è un percorso breve e uno lungo, decidere non è semplice anche perchè non si vuole tediare il lettore dietro milioni di caratteri, quindi si proverà a percorrerne uno intermedio.
Due parole sull’artista, il che farà capire meglio la seguente “descrizione” del lavoro: Heather è un’artista, oltre che una musicista, molto curiosa e aperta alla sperimentazione in vari campi, e questa curiosità la porta a creare dei macrocosmi astratti, dei vasi di Pandora dai quali si è leciti aspettarsi di tutto: l’artista è cosciente della natura generativa della musica elettronica e, grazie a questa comprensione, capisce che, da una semplice idea, si può generare un ciclo infinito e imprevedibile. In questo senso, le sue composizioni sono dei cicli, degli imbuti che si originano da un triangolo e che si dilatano sempre più, portandoli in territori sempre diversi e inusuali.
Come ogni artista che si rispetti, ed essendo newyorchese, non può ignorare l’enorme peso che gli anni dell’avanguardia statunitense degli anni ’60 hanno rivestito all’interno del panorama artistico di NYC: fu infatti negli Stati Uniti che la video art conobbe il suo maggiore successo nel 1969 all’interno della celebre mostra Tv as a creative medium. Non a caso, l’artista attinge anche a quel modo di fare arte e, indubbiamente, questa influenza si riflette anche nella sua musica, basti pensare ai suoi videoclip e alla manipolazione delle immagini, il che rievoca lo spettro della vecchia scuola della performance art riletta attraverso il medium del video. E’ un’artista postmoderna che genera non-luoghi e che mixa, in maniera trasversale (e questa è la novità della sua musica) l’intera storia del ritmo elettronico (che altro non è che una declinazione di quello afro-americano) col postmodernismo (NYC E’ il Postmoderno) dei suoi testi e con l’atmosfera che definire ambient sarebbe riduttivo (meglio chiamarla “esperienza”). Non volendo, abbiamo già spiegato a grandi linee cosa sia questo album.
Visionario perchè gli spazi generati da Heather sono euclidei: le ascisse e le ordinate, incubo di molti studenti, nel momento del loro incontro formano un punto nello spazio. Trattandosi di un concetto piuttosto astratto, le possibilità dell’artista sono infinite e non è affatto semplice comprendere dove si stia andando e di chi si stia parlando. Leggendo i testi e ascoltando la musica, ci si troverà spesso a chiedersi chi sia Ian e chi siano loro, chi siano gli Antichi o di che vulcani si parli…tanti sono i simbolismi, i rimandi, tanto sono forti i richiami alle avanguardie artistiche e ai loro giochi di parole. L’artista sembra lavorare costantemente su diversi livelli apparentemente disgiunti tra loro: da una parte ci sono i testi slegati dalle ritmiche, che sono piuttosto dei racconti interessanti e ricchi di simbolismi (vi chiederete cosa siano gli specchi oscuri, tanto l’elemento era presente anche in Austere, la sua precedente release, sempre per l’avanguardistica netlabel Evawyna), da un’altra c’è una rara esplorazione di tutte le soluzioni messe a disposizione dalla ritmica, senza per questo distruggere il four on the floor, che qui viene declinato in mid tempo o nella techno e così via, dall’altra c’è l’ambient che crea mood sempre diversi, talvolta più cupi, talaltra più sognanti o memori della lezione wave.
Non è musica derivativa, è musica nuova, che abbraccia a piene mani tutto quanto fatto in passato in ambito elettronico (e, dal punto di vista lirico, in ambito avanguardistico) e che ne rimescola le parti dando alla luce un sound fresco e interessante. La ritmica è l’elemento predominante in quanto, quando entra in scena, è sempre ben presente, mai invadente, mai disturbante ma comunque claustrofobica, intricata o dritta a seconda del brano, che ha sempre un che di sognante e statunitense, quindi non aspettatevi distorsioni perchè qui si guarda ai maestri di Chicago e Detroit. Come in una piramide, salendo gli scalini, sorretta dalle ritmiche, c’è l’atmosfera, il mood della composizione, sempre diversa, che è molte volte legata al testo, il racconto che viene narrato in uno spoken word di cui non si riesce a localizzare l’esatta provenienza. I testi sono sussurrati, come se provenissero dalla mente dell’artista e parlassero alla mente dell’ascoltatore.
Più che di brani, sarebbe opportuno parlare di composizioni, di esperienze, sia perchè i testi raccontano delle esperienze più o meno concrete, sia perchè il mood fa librare la nostra mente nei landscapes descritti, che perchè molto spesso gli episodi sono molto lunghi, la maggior parte dei quali ha una durata di dieci minuti e anche più (gli ultimi oscillano tra i tredici e i sedici).
Scendendo un po’ più nel dettaglio dei singoli episodi, la opener Gemini twins nasce, a detta dell’artista, dall’ascolto del lunghissimo brano Time to tell di Cosey Fanni Tutti, performer dei Throbbing Gristle e musicista. Exteriors è uno degli episodi più tirati e cupi, in cui il four on the floor, sempre aperto ad aperture di altro tipo, incalza e chiude l’ascoltatore in un ritmo claustrofobico e in cui il testo, presumibilmente, si sofferma sulla complessità della Via Lattea. Qui viene presentato il titolo dell’album, laddove i punti di intersezione sono le stelle e gli specchi fungono da lasciapassare per altri mondi e, se Muse V parla dell’incontro alieno da parte di Ian, Reincarnation si concentra su delle profezie per un nuovo mondo, la title track parla di come loro si siano spostati tra i punti di intersezione degli assi (da qui Along the axis) ma, come è possibile intuire, i testi dell’artista o, sarebbe meglio dire, le storie raccontate, hanno dei significati codificati interessanti quanto talvolta difficilmente comprensibili.
Quello di Heather è un lavoro molto complesso e variegato, che necessita di ripetuti ascolti per essere compreso al meglio e, soprattutto, dal punto di vista lirico, di una chiacchierata con l’artista. Quel che è sicuramente apprezzabile e immediatamente riscontrabile è che Along the axis è un lavoro fuori dai canoni, che guarda oltre, un suono sperimentale dotato di una propria e spiccata personalità. All’artista si deve riconoscere una grande capacità di songwriting che le permette di creare lunghissimi brani che non generano mai cali di attenzione. Un album perfettibile, certo, ma che è davvero nuovo. Tenetela d’occhio perchè continuerà a stupire.
Label: Evawyna netlabel
Voto: 10