Pubblicato da Alessandro Violante il maggio 21, 2016
C’è una domanda caustica nell’ultimo film di Godard che suona più o meno come “è possibile filmare il pensiero?”; il suo senso è legato alla preoccupazione di un film basato sulla posizione filosofica, piuttosto che su un terreno. Un esempio di questo film è l’incredibile sforzo da parte di Gustav Deutsch, che è una sorta di saggio filosofico sul film. Questa recensione è basata sulla edizione in DVD realizzata dalla Index, che ha condensato le due parti del film, Film Ist 1-6 e Film Ist 7-12, in un unico film, Film Ist 1-12.
Le dodici parti del Film Ist fanno riferimento alla particolare proprietà del film sulla base dell’analisi della sequenza. Ogni sua sottosezione si focalizza su un estratto da un film o su un documentario, per sottolineare la sua proprietà con la didascalia. Ogni sezione è contrassegnata da una didascalia con il testo “Film ist”, una seconda con la sua proprietà e una terza col suo numero.
Le prime sei sezioni del film vertono sul laboratorio scientifico inteso come il primo luogo di nascita della cinematografia, ragionando sulla sua natura di documentario. Movimento e tempo inizia con il presupposto che i primi film sono stati girati a dodici fotogrammi al secondo, così che fosse necessario copiare due volte un fotogramma per ottenere l’usuale frequenza di proiezione frequenza-fotogramma. Le sequenze scelte sottolineano la natura della fotografia in movimento, utilizzando animali in movimento o l’oggetto lanciato. Luce e Tenebra si concentra sull’immagine come luce riflessa, in modo da raffigurare l’occhio come uno specchio della lente. Uno strumento mostra la natura documentale del mezzo e, quindi, è l’unica parte con un audio sincronizzato.
Con Materiale, il regista ragiona sul fotogramma, mostrandolo come una diapositiva ed una sua copia degradata o rovinata, sottolineando come il film sia, in effetti, non un movimento reale ma la sequenza di fotogrammi che crea l’illusione del movimento per mezzo di un materiale, la striscia di pellicola. Un battito di ciglia studia ulteriormente il confronto tra la lente e l’occhio, una preoccupazione centrale nel cinema, dato che la macchina fotografica è stata vista come un miglioramento dell’occhio o, in termini estetici, il film è quello che viene visto da un occhio alla velocità di ventiquattro battiti al secondo così come il fotogramma è la scelta di un occhio. Uno Specchio chiude la prima parte, che mostra gli altri lati del cinema: il pubblico che vede qualcosa e l’atto del vedere come guardare uno specchio.
La seconda parte è legata al teatro di varietà, così come la seconda natura della cinematografia o il suo carattere narrativo. In quanto fondamentalmente correlata al cinema di Hollywood, inizia con Comico, dato che, prima di essere considerata un’arte, il cinema è stato concepito come un’attrazione per le persone, così e.g. utilizza il tema della vista da un buco della serratura. Con Magia, viene enfatizzato il ruolo delle illusioni ottiche per la creazione di uno spettacolo suggestivo basato principalmente su influenze quasi pittoriche.
Conquista ragiona sull’elemento et(n)ico di utilizzare animali o cosiddette popolazioni primitive per la rappresentazione di film d’avventura in cui sono stati visti come una minaccia, oppure elementi di un freak show. Il ruolo delle didascalie è al centro di Scrittura e linguaggio, che era il trucco principale per sopperire all’assenza della voce nel cinema narrativo e un modo per sottolineare certi aspetti della trama. Emozioni e passioni si concentra invece sul volto dell’attore, con le sue espressioni esagerate, come elemento principale per l’identificazione o l’innesco dell’attenzione del pubblico. Ricordo e documento è un ritorno alla prima parte del film e si concentra sulla ricreazione della vita reale nel cinema, in modo che il film storico sia visto come un ritorno alla forma del documentario, visto che è quasi un film incentrato sul come creare un documento.
Il risultato è una riflessione sulla natura contraddittoria del cinema, in quanto è allo stesso tempo un documento e una finzione, che viene risolta dal presupposto che l’atto del vedere è la natura propria della cinematografia. Da questo punto di vista, le sequenze scelte in Strumento si riflettono in quelle di Magia, dato che le prime sono legate a ciò che è stato visto e le altre a ciò che è destinato ad essere visto. Il simbolo dell’occhio è stato legato, di fatto, non alla telecamera, ma allo spettatore, di modo che la scena della chirurgia oculare risulti il concetto centrale del film, il cinema come ciò che viene mostrato al pubblico e che coincide con ciò che viene scelto dall’occhio del regista, quindi è una sorta di trapianto agli occhi. Questo film è pressoché muto per un motivo non ovvio, che potrebbe essere questo: avendo usato quasi esclusivamente filmati tratti dal cinema degli albori e non essendo interessato ad una loro rielaborazione, ma alla dialettica e all’esposizione dei loro principi, sarebbe stato ridondante il doppiaggio di un discorso e così, come mostra Scrittura e linguaggio, le parole sono un mero supporto alla visione e non trasmettono gli aspetti centrali di un film.
Questo approccio potrebbe essere legato ad una tradizione che vede la narrazione, così come la letteratura, un elemento estraneo alla natura del cinema e, infatti, le parti 7-12 sono prese dal teatro di varietà che, nella tradizione accademica, non è generalmente considerato un’alta forma d’arte qual è il dramma che è formalmente basato su una forma letteraria. Anche le parti 1-6 sono basate su un documento scientifico che non è considerato come una forma d’arte. Questa questione potrebbe essere posta nei termini di come costruire l’arte a partire da qualcosa che non è arte, e questo lavoro è una risposta a questa domanda, in quanto mostra come il significato sia costruito dal montaggio di sequenze del film come una forma dialettica, e non è nella singola sequenza in sé.