Pubblicato da Alessandro Violante il ottobre 27, 2015
Click here to read this interview in english!
Gli Esplendor Geométrico sono un duo che è stato capace di influenzare, col loro particolare suono basato su scarni e ridondanti ritmi distorti, tutti quegli artisti post-industriali che, da Dirk Ivens ai Winterkälte (e, in generale, il rhythmic noise), hanno abbracciato l’idea di un suono cacofonico basato su ritmi distorti di derivazione techno. Considerati i padri del rhythmic noise, gli spagnoli, dal 1982 ad oggi, hanno mutato il loro stile rimanendo sempre fedeli alla formula industriale, una formula che affonda nel Futurismo marinettiano e che paga un tributo al Movimento ma anche a Luigi Russolo ed ai suoi Intonarumori, il vero incipit della musica noise. Parliamo direttamente con Arturo e Saverio per farci raccontare meglio la loro musica.
1) Ciao Saverio, ciao Arturo! Sono molto contento di riuscire ad intervistarvi, in particolare dopo aver scoperto che siete musicisti simpatici e alla mano. Innanzitutto vi invito ad illustrare, per chi non vi conoscesse, chi sono gli Esplendor Geométrico e quale urgenza creativa vi ha portato alla creazione del progetto.
Quanto tempo abbiamo per rispondere? Quest’anno festeggiamo i 35 anni di Esplendor Geométrico e quindi mi sa che dovrai correggere quella data (1982) che compare nell’incipit e riportarla indietro di ben due anni. Ce ne vorrebbe di tempo per raccontare la nostra lunga storia… Cercheremo di sintetizzare. Esplendor nasce nel pieno della Movida madrilena come nota dissonante: mentre tutti pensavano a fare musica pop, tre ragazzi, Arturo Lanz, Gabriel Riaza e Juan Carlos Sastre), reduci da una precedente esperienza tecno-pop nel gruppo Aviador Dro, compongono utilizzando rumori, suoni distorti e sibili sintetici. Vi potete immaginare quale reazione possano aver procurato le prime esibizioni davanti ad un pubblico il cui scopo era solo divertirsi e tirar tardi sino a notte fonda.
Dopo poco tempo Juan Carlos Sastre lascia il gruppo (ma continuerà a collaborare con il design grafico di moltissime delle copertine degli album degli EG). Per qualche anno Arturo (ancora a Madrid) e Gabriel (emigrato nel frattempo a Melilla, una enclave spagnola in Marocco, come dipendente del Ministero degli Interni spagnolo) continuano a produrre album come duo. Nel 1986 vengono invitati dal loro amico italo/spagnolo Saverio Evangelista a tenere un concerto presso l’Aula Magna dell’Università la Sapienza di Roma (dove Saverio era studente presso la facoltà di Matematica). Comincia così una collaborazione tra Saverio e gli Esplendor che si ufficializzerà nel ’90. Dopo pochi anni anche Gabriel lascia gli Esplendor. Da allora ad oggi la formazione rimane stabile e promette di continuare ad esserlo per molti anni ancora.
L’urgenza creativa che ha portato alla creazione di EG io la farei risalire ad un viaggio che fece Arturo appena diciassettenne in Svizzera dove in un piccolo negozio di dischi ci fu un incontro casuale (serendipity?) con i primi album di TG e Cabaret Voltaire…
E questa è la nostra storia riassunta in poche righe.
2) Il progetto è nato in Spagna, un paese generalmente considerato “caldo”, al contrario di una musica, come la vostra, che rievoca i suoni delle fabbriche e il mondo post-industriale, che in un certo senso, passatemi il termine, “devitalizza” il ritmo. Che tipo di relazione c’è tra musica e territorio?
Mah, non saprei… noi non la vediamo questa freddezza nella nostra musica… Ci sentiamo l’Africa, i balli… i canti tribali! Pensa che nell’ultimo album, Ultraphoon (qui la recensione), abbiamo pure utilizzato titoli in qualche lingua africana per i nostri brani!
Non c’è dubbio che EG nasca come band industrial, ma secondo noi, dal secondo album in poi, essa prende una strada propria e originale che noi amiamo definire come “tribalismo elettronico”.
3) La vostra performance al MUK.E (qui il nostro report) di qualche tempo fa è stata una delle più interessanti e, soprattutto, particolari, che abbia mai visto. Parlo del particolare mix dei ritmi, talvolta più freddi, talaltra più “umani” e delle particolarissime parti vocali. Dove nasce l’interesse per il ritmo destrutturato, che poi è quello che ha influenzato tanti altri che hanno seguito la vostra formula, modificandola di volta in volta? Qual è lo scopo della vostra musica?
Quale sia lo scopo della nostra musica è una domanda che ci viene posta spesso e alla quale non sappiamo cosa rispondere o, meglio, alla quale l’unica risposta che possiamo dare è: nessuno! La nostra è una musica viscerale, tutta pancia e nessuna dietrologia. Non c’è un progetto, una programmazione, una volontà di dire qualcosa in particolare. La scelta di cui raccontavo prima di dare dei titoli in lingua africana è dettata anche da questo: qualsiasi altro titolo può essere sempre pensato come un esercizio intellettuale (intellettualistico?) che non fa per noi.
4) Oltre alla citazione Futurista del vostro nome “lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica”, mi sembra che le parti vocali, così particolari e a volte irriconoscibili, derivino dal concetto di “parolibere” Futurista. Siete stati influenzati da questo o si tratta semplicemente di una interpretazione?
Sinceramente a questo non ci avevamo pensato. Temo che deluderemo più di una persona dicendo che l’influenza del Futurismo su di noi si è fermata proprio al nome del gruppo: uno di noi, Arturo, si innamorò del titolo di un poema di Marinetti. È tutto.
5) In che modo pensate che, volente o nolente, Luigi Russolo, coi suoi Intonarumori, abbia aperto un Vaso di Pandora dal quale poi è nato il suono cacofonico, di cui anche voi fate uso? Vi sentite influenzati da quanto svolto da lui e pensate che dovrebbe ricoprire un posto nella storia della musica elettronica al pari dei Kraftwerk, per fare un esempio?
Che il Futurismo non ci abbia influenzato (almeno a livello conscio!) non vuol dire che noi non si riconosca l’importanza di un movimento che è stato fondamentale nella Storia dell’Arte. Noi amiamo i Kraftwerk e riconosciamo la loro influenza su tutta la musica elettronica di un certo tipo e riteniamo che Luigi Russolo sia altrettanto importante per il suo lavoro come antesignano di tutto un genere.
6) Recentemente avete suonato due live insieme ai Winterkälte, considerati tra i massimi esponenti di un genere comunemente noto come rhythmic noise. In passato lessi che suonaste anche con Dirk Ivens (Dive), che probabilmente fu influenzato dalla vostra musica anche nel suo progetto Sonar. Come vivete il fatto di aver dato degli input che poi negli anni hanno preso forme proprie?
Beh, ci fa sicuramente piacere sapere che il nostro lavoro possa aver positivamente influenzato qualcuno anche se non siamo assolutamente sicuri che ciò sia accaduto veramente…
7) Premesso che nella vostra lunga carriera avete esplorato molteplici soluzioni musicali, vi sentite di appartenere ad una sorta di categoria, oppure la cosa vi va stretta? Io vi definirei semplicemente dei musicisti elettronici e industriali, ma oggi si può effettivamente parlare ancora di musica industriale?
Le categorie, così come le etichette, le fanno gli uomini e probabilmente sono utili e forse indispensabili per qualcuno (pensiamo ai pochi negozi di dischi che hanno pur bisogno di trovare posto ad un disco che devono vendere oppure alle riviste musicali al momento di dover recensire un disco). In un certo senso non ci dispiace di venir “etichettati” come gruppo industrial ma al tempo stesso questo ci ha portati ad aver meno sbocchi rispetto a quelli che forse avremmo potuto avere. Ma credo che questo stia finendo: ultimamente veniamo invitati a festival techno così come a quelli industrial.
8) Come vivete la dimensione live? Cosa riuscite ad esprimere in un concerto che non riuscite ad esprimere negli album in studio?
La dimensione live è per noi importantissima e ciò penso lo possano confermare coloro che ci hanno visto. Un live si trasforma in una sorta di rito sciamanico che quando funziona riesce a coinvolgere le persone anche non avvezze al genere. E tutto ciò è più difficile ottenerlo “semplicemente” ascoltando un brano registrato.
9) Dobbiamo aspettarci un nuovo album o qualche side project nel prossimo futuro?
Non uno bensì cinque! È appena uscito un box con quattro vinili con una selezione di tracce provenienti da album usciti solo su CD degli anni ’90 (quando il vinile praticamente non si stampava più, cioè l’esatto opposto di adesso: ritorno al futuro!). Inoltre è uscito anche un vinile (ed un CD) con la registrazione di un live fatto a Tokyo insieme allo storico gruppo noise Hijokaidan. Mi sembra abbastanza, no?
10) Vi ringrazio per il tempo che ci avete concesso e vi saluto. Invitate i lettori di FLUX ad acquistare i vostri album!
Grazie a voi! E che dire: con la discografia infinita che abbiamo… c’è solo l’imbarazzo della scelta!