Ecstasphere – Feed your head

Pubblicato da Alessandro Violante il dicembre 28, 2014

ecstasphere-feed-your-headCibo per la tua testa. Il titolo del primo album di Ecstasphere alias Ophelia The Suffering (già Aphexia e collaboratrice della creatura Phasenmensch) descrive alla perfezione il magma che, durante l’ascolto, troveremo sulla nostra tavola. Apparecchiate bene e con cura perchè le atmosfere opprimenti e postindustriali, le ritmiche slegate, distorte e i breakbeat potrebbero sfuggirvi di mano da un momento all’altro. Qui non si mangia con coltello e forchetta perchè non è cibo per il nostro stomaco.

Piuttosto ci si nutre per mezzo dei timpani, nei quali questi grovigli entrano con prepotenza sempre crescente (per non uscirne mai). Al termine del nostro pasto ci alziamo da tavola soddisfatti e la nostra percezione del mondo cambia per un po’, giusto il tempo di assimilare quanto ascoltato, per poi riascoltarlo ancora. Cerebrale, questo lavoro prodotto dalla Raumklang di Dirk Geiger non è solo ritmica distorta ma anche oscura atmosfera e messa in scena degli stati d’animo di colei che si cela dietro le macchine. Una copertina oscura che ben esemplifica quello che andremo ad ascoltare. Parlavamo di atmosfere dark ambientpowernoise, IDM e ritmi spezzati. Il suono è profondo, proviene dalle viscere dell’animo, parla a tutti coloro che vivono la condizione postumana delle metropoli postindustriali ma anche a chi ha la mente in subbuglio e vuole cibarla con qualcosa di delizioso che, al posto di chiarire i dubbi, rafforzi il caos, caos amplificato dalla grande capacità di songwriting dell’artista e dalla varietà delle soluzioni stilistico-ritmiche proposte.

Parlando più in dettaglio dell’album, a fronte di episodi powernoise diretti ed esemplari come Make it stopepisodi più duri, secchi e claustrofobici come Fukc nice things ci teletrasportano in qualche periferia urbana piena di rovine e vicoli bui. The journey è più ariosa e spacey, distopica nel suo svilupparsi, che parla chissà quale lingua e di chissà quali popoli (con qualcosa, dal punto di vista melodico-ritmico, accostabile a certe cose dei Frontline assembly), mentre l’ottima A cure, in cui figurano anche vocals siderali e distanti, è un episodio più orientato ad una IDM meccanica che evidenzia il lato sensibile dell’artista come a voler dire che, come affermato nel sampling del brano precedente, sia necessario che l’uomo sia libero per non essere schiavo della macchina. Che questa sia la cura alla condizione di relazione-sudditanza uomo-macchina? Certo non un tema nuovo, ma sempre molto valido e sentito nei reparti elettronici più improntati sulla ritmica.

In un contesto musicale in cui, appunto, questa dicotomia tra umano e non umano entra in strettissima relazione, Ophelia dimostra di possedere il controllo della sua materia e di saperla modellare a proprio piacimento, mai rimanendo ingabbiata in una particolare corrente musicale. Se Disillusioned dreams è un breve episodio ambient che vuole trasmettere, appunto, un certo stato di disillusione, gli episodi conclusivi rappresentano una perfetta sintesi di ritmi molto groovy e coinvolgenti frammisti ad aperture melodiche, più nello specifico di matrice dark ambient, che permettono ai brani di respirare e di risultare più vari. Mai come in questo caso la parola decostruzione bene si addice al lavoro svolto dall’artista: come un novello Merlino, Ophelia miscela e scompone il beat portandolo a nuovi, inaspettati scenari, declinandolo in infinite forme. Nessun limite di genere e di forma, questa è l’esperienza che rifocilla la nostra testa. Ascoltatene ed assaporatene il gusto.

Label: Raumklang music records

Voto: 8, 5