Codex Empire – Kingsevil

Pubblicato da Alessandro Violante il novembre 28, 2015

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Un antico codice in cui tutti i germi della musica post-moderna sono già contenuti, questo è il progetto Codex Empire di Mahk Rumbae, un poliedrico musicista che abbiamo già imparato a conoscere grazie ai lavori di Ghost Actor, Konstruktivists, Oppenheimer MKII, Mitra mitra, e così via potenzialmente all’infinito.

Quello che Mahk fa qui, dimostrando la sua grande capacità di songwriting, è prendere quei codici e decodificarli, in modo tale da farli comunicare perfettamente tra di loro: la techno, il post-industrial ed il rhythmic noise sono i principali stili qui in gioco, e questo mix di linguaggi sonori, soprattutto grazie alla Sua cifra stilistica, dà luogo alla sensazione che egli si cimenti nella creazione di una formula che certamente non è nuova (basti pensare a tanti altri progetti di confine che si stanno muovendo in questa direzione, si pensi anche ad Ancient Methods o, alla lontana, all’ultimo EP di Geistform, per citare gli esempi più recenti), formula che però il musicista riesce a sintetizzare meglio degli altri, e, in particolar modo, ciò che è vincente in Kingsevil, è la varietà delle composizioni, che non seguono affatto schemi fissi – non potrebbero averne – perchè Mahk, in questi anni, ci ha dimostrato che di schemi non ne ha affatto.

Un deciso brano dark techno come Slate to marble è completamente diverso, per approccio, dalla titletrack o da Savage dispensary. Questo primo brano è la perfetta colonna sonora per le passeggiate notturne lungo le sconfinate periferie metropolitane, più che per l’ascolto in un raffinato dancefloor, proprio perchè il brano in questione è volutamente “grezzo” nell’incedere ma, soprattutto, nei suoni: sembra davvero di ascoltare i rumori generati dal processo che porta, dalla sgraziata ardesia, alla creazione della purissima perla, un martello che continua a picchiare sordo e, allo stesso tempo, avvolto da una leggera ma penetrante coltre di nebbia, coltre che è possibile ascoltare come presenza fissa lungo tutto l’EP. Questo beat, quindi, volutamente quasi fastidioso, non ha interesse nel mostrare il risultato ma nel mostrare il processo, il loop, tempestato da aspre, distopiche, folate post-acid. Questo è anche il brano con cui Codex Empire si era presentato tramite un video caricato su YouTube e creato dalla the29nov films, che ha interpretato la musica di Rumbae attraverso accostamenti simbolico-distopici quasi Dada e dipinti ricchissimi di codici antichi. Decisamente una intelligente quanto buona interpretazione.

Si arriva così alla già citata titletrack, che si sposta su un rhythmic noise di nuova generazione, sempre contraddistinto da un mood particolarmente oscuro e da una bellissima pausa cacofonica posta quasi al termine del brano. E’ un assalto disumano e alienante che nei suoni rievoca rumori provenienti dalle fabbriche in attività, ma, a differenza dell’effetto “presa diretta” ricercato da un musicista come Swarm Intelligence, si capisce che qui l’artista astrae quel suono primitivo dal contesto e lo rielabora, mentre Simon Hayes lo prende di petto e l’effetto è quello di trovarsi nella fabbrica. Si parla di sampling intelligente, quindi, ma pur sempre tale, perchè più orientato alla dimensione del ballo. Ad ogni modo, i trademarks del genere sono tutti presenti: c’è il ritmo ciclico sempre a metà tra post-industrial e ritmica tribale, così come ci sono i suoni lancinanti e dissonanti. Ci si può sentire l’approccio di Sonar, ma in versione più ballabile e rituale.

Savage dispensary è, come da titolo, un selvaggio (ma sempre e comunque organizzato) dispensario di ritmiche, suoni ed approcci differenti, certamente il brano più vario e complesso dell’EP, pur essendo sempre perfettamente ballabile. Qui ritroviamo, ancora una volta, la tarantolata ritmica rievocante il rituale primordiale africano, ma anche le pulsioni in 4 / 4 più chiaramente techno e, in generale, un gusto tutto anni ’90 per ritmi imprevedibili e stacchi ritmici di matrice quasi breakbeat.

La conclusiva Select observations in English bodies torna invece a chiudersi in una techno sempre profonda, ma comunque ben più definita nel suo schema rispetto ai brani precedenti. Anche qui aleggiano sempre il tipico mood oscuro del lavoro e la palpabile nebbia soffocante. Il principale quid di questo brano minimalista è il tentativo di incrocio tra techno e rhythmic noise, per quel che riguarda il modo in cui un sordo ritmo rhythmic industrial si sposa perfettamente con quello in 4 / 4 tipicamente techno.

Come già detto in occasione di altre interessanti uscite della Aufnahme+Wiedergabe, anche qui vale il medesimo discorso: Rumbae si dimostra ancora una volta poliedrico ed intelligente compositore, e la label si dimostra altrettanto intelligente e scevra da inutili schemi stilistici, sebbene il mood oscuro, distopico e opprimente (ma anche decadente), accomuni tutte le release di quest’ottima label tedesca. Kingsevil è un’ottima prova per un artista del quale già conosciamo le enormi capacità, che in questa sede non ha fatto altro che piacevolmente confermare.

Voto: 9

Label: Aufnahme+Wiedergabe