Pubblicato da Davide Pappalardo il gennaio 17, 2015
Siete pronti per un salto indietro nel tempo? Spero per voi di sì, perchè è questo che i milanesi Cineteca meccanica ci offrono con questo album e, in generale, con la loro produzione che va avanti da anni (dal duemilanove per l’esattezza); un pop/rock elettronico e scanzonato ma non sempre, dallo spirito punk che non risparmia attacchi ironici alla vita e alla società moderna.
I punti di riferimento che vengono in mente sono una serie di personaggi della wave italiana anni ottanta, da Camerini fino all’Ivan Cattaneo di Urlo, passando per i Krisma, i Decibel, i CCCP e certe influenze teutoniche legate alla Neue-Deutsche-Welle e al minimalismo tipico di quella scena, tra i primi passi di quella che poi diventerà la EBM, e il gusto sperimentale del post-punk.
Un suono non necessariamente oscuro, dunque, ma che cerca anche di presentare testi ragionati, sottolineati dalla semplice energia espressa dal duo Davide “Kobra” De Santis (voce, effetti) e Alessandro Ruberto (elettronica, synth, tastiere).
Si parte con La moda del Burlesque e con le sue chitarreanni cinquanta condite da tastiere, in un’atmosfera molto surf su cui si disegnano le vocals effettate di Davide, generando un ballo incalzante in cui i ritornelli orecchiabili e critici verso una certa moda retro sono sottolineati da scale vorticose di chitarra e da linee sintetiche più anni ottanta.
Si passa poi alla più cadenzata e rock Sporco nichilista, in cui una drum machine incalzante accompagna i loop grevi di basso insieme ad effetti dilatati di tastieradal sapore cosmico; il cantato, ancora una volta, attacca un aspetto della società odierna ovvero la disinformazione e il qualunquismo, lanciandosi, nel ritornello, in slogan sottolineati dai suoni stridenti e dall’andamento meccanico.
Estate a mano armata parte con un bell’andamento che ricorda alla lontana i Depeche Mode di Strangelove, salvo poi evolvere in un concitato brano electro rock dalle bassline coinvolgenti tanto quanto i loop di chitarra e i ritornelli sarcastici del cantante; si delinea, ancora una volta, il gusto dei nostri per una certa melodia trascinante e per i testi senza peli sulla lingua, uniti in una combinazione che funziona e che si fa decisamente ascoltare.
Con Guerra d’inverno (l’odio), troviamo corpose pulsioni proto EBM alla DAF unite a chitarre post punk e a spettrali tastiere, con un andamento elettronico che prende forza nel ritornello strisciante e coinvolgente, capace anche di far muovere le piste alternative con i suoi groove quasi dark wave e la sua drum machine serrata.
Decisamente più energica e solare, Settembre nero, nonostante il nome, con le sue danze da electro boogie e i suoi fraseggi di chitarra trascinanti; naturalmente, però, anche questa volta il testo nasconde amare considerazioni, rafforzate dal contrasto con l’apparente allegria dinamica della musica.
Infine, Bianca primavera (Flux) gioca con la sperimentazione sonora, configurandosi in un loop dai beat elettronici techno idm e in vocals in riverbero; glitch ed effetti vari si susseguono in un bombardamento claustrofobico che getta la maschera dell’allegria, sputando la realtà più scomoda nel testo diretto. La conclusione vede una coda ambient che trascina l’album verso il nulla, chiudendolo con un silenzio poco rassicurante.
Un buon lavoro dunque, con una certa vena ed identità artistica ben delineata, che si esprime in un pop elettronico militante che sicuramente fa la sua figura nei locali alternativi, ma che cerca anche di convogliare un certo messaggio sociale nato dalla grigia realtà urbana e decadente del nostro paese, e in particolare di quella Milano che è sempre più apatica, ipocrita, senza soldi e distaccata nei rapporti umani, ma che vuole mantenere ancora una certa immagine di sè, basata più sulle apparenze che sulla realtà.
Label: In the box
Voto: 7