Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 13, 2015
AU+ simboleggia l’incontro tra due mondi, tra fisico e digitale, tra yin e yang, tra i pavimenti sperimantali, tendenzialmente dark ambient e il sax baritono, ma non solo. In questo viaggio che collega tra loro Marte e New York c’è spazio per tutta una serie di sperimentazioni forse dimenticate o comunque accantonate dalla musica sperimentale post-2000. Si fa riferimento all’uso che viene fatto dei turntables, quelli che comunemente vengono chiamati “piatti” dai non addetti ai lavori.
Il turntablism, per chi non ne fosse a conoscenza, nasce all’interno del lifestyle hip hop, e rientra all’interno della definizione più larga di disciplina, una delle quattro (o cinque, se si considera la knowledge), di un fenomeno certo mutato nel tempo, ma ancora attivo. Chi dice che si tratti di una pratica ormai superata si potrà ricredere ascoltando questo lavoro fuori dagli schemi, che guarda oltre e che non ha paura di uscire dai confini.
Dietro From Mars to NY, infatti, vi sono quattro persone che si ritrovano a costruire un’opera che esprime a pieno il concetto di Gesamkunstwerk o Opera d’Arte Totale. Del resto, la creatura milanese qui giunta alla prima release per Frequenza records annovera una musicista e giornalista esperta di jazz (ma non solo) come Rosarita Crisafi e l’artista sperimentale Fabio Volpi, noto per essere uno dei membri del collettivo Otolab, dedito alla sperimentazione all’interno della new media art. Questa volta, per l’occasione, si sono aggiunti anche il sax baritono Bruno Marini e Nihil Young, quest’ultimo producer e turntablist. Quel che viene fuori da questo brainstorming è un concept di sette brani che, nonostante la scarsa durata della release, riesce a comunicare un mix di sentimenti legati alla sfera del viaggio: ricerca, alienazione, straniamento, vuoto cosmico, sono solo alcuni dei concetti che l’ascolto di questi brani trasmette all’ascoltatore.
I quattro intraprendono un viaggio che li porta alla scoperta di loro stessi, sempre all’interno di un’atmosfera surreale, sempre spinti a riflettere pensando a ciò che è loro visibile: un deserto che, inevitabilmente, ti spinge a contemplare te stesso e a porti delle domande. Il viaggio inizia a New York e lì vi finisce (passando per Marte), un viaggio circolare come circolare è l’immagine della copertina di questa release e come circolare è un viaggio. In qualche modo si torna sempre a casa, qualunque essa sia. Come fossero esploratori di un nuovo territorio, i nostri esplorano anche un mix personale e nuovo, mai intrapreso prima d’ora da altri: immaginate che siano i primi musicisti che si trovino a fare una jam session nello spazio sconosciuto. Gli AU+ sono coloro che, come la copertina ci mostra, si trovano nel mezzo del buco nero, coloro che effettuano il salto nel buio, che desiderano capire cosa ci sia oltre, dei veri e propri pionieri.
Il sound cinematico delle loro composizioni, gli spoken word di matrice teatrale, l’enfasi sull’ossessiva ripetizione ritmica, come se l’ascolto fosse una sorta di rituale e aiutato dal four on the floor, e lo spiccato gusto per la sperimentazione sonora (si faccia caso all’improvissazione delle parti di sax baritono), sono la perfetta colonna sonora per un viaggio importante che si compie in una manciata di minuti, come un corto che racchiude in circa mezz’ora un ipotetico viaggio infinito.
Ecco allora che l’introduttiva NY ci accoglie con i suoi preponderanti inserti di turntables, mentre Mars esemplifica perfettamente il connubio fisico / digitale tra il battito preciso e circolare, oscuro e profondo, e l’improvvisazione sax baritonale. I brani seguenti esplorano in vario modo il concetto già detto, trasportandoci continuamente in luoghi e in situazioni differenti. Se Rrear ci fa sognare ad occhi aperti film mai girati, Sirius ci mostra invece la desolazione di una stella vuota, fredda, attraversata da fortissimi venti in cui, come in un pellegrinaggio, i nostri compiono il loro viaggio personale. Qui, in particolare, emerge un sentito senso di tristezza e di solitudine, il che è possibile se si pensa che l’ambientazione si trovi fuori dal mondo, a milioni di chilometri dal mondo conosciuto dall’uomo postmoderno.
Second line end, in particolare, si riferisce ad un funerale immaginario e rappresenta un richiamo alle Second line brass band parades, il tutto, ovviamente, traslato nello spazio aperto, molto distante da una qualsiasi forma di civiltà conosciuta. Più che un funerale in senso stretto, un’atmosfera, una sensazione funerea, si tratta di un landscape vuoto di cui è impossibile ipotizzare la vastità, ed è di fronte a questo spazio infinito che i nostri intonano la loro disperata melodia. Anche qui il dark ambient è slegato da una qualsiasi ritmica circolare, lasciando respirare a pieni polmoni l’improvvisazione del sax baritono.
Si toccano lidi diversi con la seguente Wild nights, già “singolo” di apertura accompagnato da un video ad effetto, di matrice oscura. Qui si ritrova nuovamente la dimensione ipnotico-rituale scaturita dalla solenne linea dark ambient, il turntablism studiato alla perfezione che conferisce ancora maggior carica alla composizione e lo spoken word femminile il cui testo appartiene ad una poesia di Emily Dickinson dallo stesso titolo.
Il cerchio si chiude con NY state of mind, un brano che riprende la opener proseguendo poi nello spoken word che, a sua volta, si poggia su un tessuto trip hop elettronico.
Quello degli AU+ è un lavoro leggibile con una serie di lenti differenti: ognuno ne troverà una interpretazione e lo scopo degli artisti è di suscitare l’interpretazione personale, come si trattasse di una vera e propria opera d’arte. Se sia una colonna sonora per un film distopico, se sia un album di elettronica sperimentale, se sia possibile chiamarlo industrial, o se, più semplicemente e come forse vorrebbero gli autori, non lo voleste definire ma semplicemente viverlo sul piano esperienziale, questo spetta a voi, nessuno di voi avrà torto. In questo, gli artisti hanno perfettamente centrato il loro scopo. Buon ascolto.
Label: Frequenza records
Voto: 8, 5
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