Ansome – Stowaway

Pubblicato da Davide Pappalardo il maggio 5, 2016

ansome-stowawayLa techno industrial è in ascesa da alcuni anni, e questo non è certo un mistero: basti pensare a nomi come Perc, Truss, Regis, Surgeon, Karren, e in tempi più recenti ad Ancient Methods, Codex Empire, Blush Response, Phase Fatale, e molti, molti altri. Un suono che è galvanizzante sia per il mondo techno che per quello EBM / electro-industrial, consegnandoci molti esempi di musica elettronica allo stesso tempo coinvolgente, oscura, inesorabile, punitiva e sperimentale.

Non sorprende il fatto che la Perc Trax, etichetta di Ali Wells (Perc) in persona, sia uno dei principali attori di questo scenario, per la quale molte uscite interessanti vengono pubblicate, che si muovono tra techno, industrial, noise e così via, raggiungendo nuove vette di aggressione, riecheggiando il suono degli anni ’90 in modo più pesante ed inquietante. Non dobbiamo pensare ad un movimento intellettuale: questa è musica fatta per essere riprodotta ad alto volume, in discoteca o nelle cuffie, in modo viscerale, fisico e diretto.

Ecco Ansome, l’alter ego techno del produttore Kieran Whitefield, proveniente dall’area sud di Londra, che ha già pubblicato numerosi EP e singoli su vinile e in formato digitale per varie label; il suo suono riassume perfettamente tutti gli elementi principali a cui abbiamo accennato in precedenza, che caratterizzano la musica techno-industrial nella propria essenza. Pieno di ritmi in grancassa, bassi incessanti e feedback stridenti, l’album è una bestia che avvolge l’ascoltatore in un oscuro mondo stritolante, che però è anche pulsante e vivo.

Stowaway è il primo full length del progetto, pubblicato per l’etichetta di Wells, una dichiarazione fatta di musica ossessiva, nel quale Whitefield espande il percorso che in precedenza aveva creato con tutte le sue opere, in particolare col suo EP di debutto su Perc Trax The White Horse e con l’EP digitale per la THEM Coffin Dodge. Qui troviamo otto tracce (dieci nella versione limitata in CD) a base di affascinanti, coinvolgenti, massacranti attacchi sonori e strati di distorsioni noise, con una sezione ritmica proveniente dall’Inferno, fatta di grancasse roboanti e di pura e feroce velocità.

La prima traccia Chemical Kenny ci può ingannare con il suo suono distorto dal gusto post punk collocato in apertura, ma poi si evolve con uno strisciante movimento metallico che ci offre un’introduzione sperimentale al mondo di Ansome. Con un episodio pesante come Blackwater inizia il divertimento a base di grancasse, distorsioni al rumore bianco e ritornelli ritmici che ci guidano in un groove ossessivo; la title track è al limite del rhythmic noise con le sue incudini industriali ed i suoi loop ripetitivi, mentre The pain train si dimostra all’altezza del suo nome, una locomotiva sonora con un effetto profondo ed oscuro pieno di effetti lontani, spaventosi ed eterei, senza lasciare da parte il crescendo ritmico dal gusto meccanico che costituisce l’ossatura della traccia.

Grave Digger Figure verte pesantemente sul versante industrial e noise con i suoi campionamenti vocali filtrati e coi suoi suoni stridenti, mantenendo un ritmo lento e snervante, una traccia che ci mostra ancora una volta il lato più sperimentale di Ansome, prima di esplodere in un mantra ritmico completato da grancassa e ritmi ipnotici. La traccia conclusiva, Bad Blood, è un altro esempio di techno oscura completata da lontani rumori notturni e da suoni taglienti provenienti da una fabbrica, stratificati su una struttura fatta di snares ​​ed ossessivi suoni di batteria.

Per farla breve: questo è un capolavoro di techno industrial senza fronzoli, pesante, tetro e cupo, pieno di brani pestati e di momenti che sembrano composti dai sogni di ogni amante della musica elettronica oscura e punitiva. Le radici della techno underground di scuola inglese sono qui, ma allo stesso tempo i suoni più industriali e noise non vengono dimenticati, sottomessi alla tirannia del ritmo per una tempesta sulla pista da ballo. Whitefield mostra le sue abilità nel sound design regalandoci strutture complesse, ma allo stesso tempo dirette, in cui un certo senso di crescendo drammatico è collegato ad una forza bruta ed abrasiva che non perdona. Funziona nel club, funziona anche in ogni sessione di ascolto solitario con un buon paio di cuffie, e richiede di essere suonato ad alto volume per essere goduto al meglio. Se amate la musica dance “pesante”, smettete di leggere questa recensione ed andate a comprare questo album, non rimarrete delusi.

Label: Perc Trax

Voto: 9