Pubblicato da Alessandro Violante il ottobre 22, 2016
Spesso accade che i migliori risultati nascano lontano dai riflettori, soprattutto quando parliamo di darkwave e post-punk, ed infatti il lavoro del regista André Savetier vi è rimasto fino a poco tempo fa. Un documentario piuttosto interessante, anche considerando che può essere visto gratuitamente. Un lavoro molto professionale che si focalizza sulla musica wave del settentrione della nostra Penisola, muovendosi tra Bologna, Ravenna, Parma e Gradara, parlando con alcuni dei suoi più importanti artisti. Il risultato è un interessante ritratto di gruppi e scene locali capaci di diffondere il loro messaggio anche all’estero. Questo è anche il motivo per cui è stato importante parlarne direttamente con lui.
1) Ciao André! Prima di tutto, congratulazioni per il documentario che hai realizzato. E’ stata veramente una bellissima idea e spero che visiterai anche la parte meridionale del nostro Paese per parlare con i suoi artisti, sarebbe interessante!
Grazie mille! Ma il merito dovrebbe essere distribuito in egual misura a Cyrene, una donna-vampiro slava che divora musica e che mi ha accompagnato e assistito durante l’avventura. Sarebbe stato abbastanza noioso viaggiare da solo, non credi? La sua presenza è stata cruciale, poichè ha contribuito con molte idee utili al miglioramento del film.
Mi piacerebbe realizzare lo stesso tipo di progetto in altre regioni italiane, ma anche in altri paesi, come la Polonia, il Portogallo, la Slovenia o l’Ucraina. Anche questi paesi hanno delle scene interessanti!
2) Come è nato questo progetto? Siamo molto curiosi di saperlo. Come ti sei messo in contatto con gli artisti?
Arrivato ad un certo punto, ho realizzato che molti dei musicisti di cui scrivevo erano italiani. Ovviamente, questo mi ha incuriosito. Mi sono chiesto cosa accadesse lì. Già da alcuni anni avevo pensato ad un road-movie, ma a causa della mancanza di tempo potei girarlo solo in estate. Ho contattato i musicisti che già conoscevo, come gli Schonwald, i Temple of Venus, i Tetrolugosi e i Dade City Days e tramite loro, in qualche modo, sono entrato in contatto con gli altri. Alla fine ben dodici band vollero parteciparvi. Nel documentario però ce ne sono dieci, perchè a causa di alcuni problemi potemmo ripartire solo un giorno dopo la data di partenza da noi pianificata, e così perdemmo l’occasione di includere i Der Himmel über Berlin, triestini, e la conferma di un’altra band, i We Are Not Pop Music di Bologna, la cui email è atterrata nella mia cartella di spam, e di questo mi dispiace molto!
3) Che feedback hai ottenuto? Mi dicevi che ne avete ricevuti parecchi e positivi.
La reazione, in generale, è stata molto positiva. I musicisti coinvolti sono stati molto contenti e l’idea, così come il risultato, gli è piaciuto molto. Anche altri musicisti, varie webzines e vari editori hanno mostrato apprezzamento per il mio sforzo e hanno lodato il modo in cui il documentario è stato realizzato.
4) Hai visitato molte città. Quali differenze hai trovato, ad esempio, tra gli artisti bolognesi e gli Schonwald o i Tetrolugosi, se ne hai trovate?
Non ci ho mai pensato da questa prospettiva. Se fossi forzato a dover dire la mia, forse a Bologna c’è più interesse per il post-punk. Le tre band che non sono bolognesi – Schonwald, Tetrolugosi e Modern Blossom, fanno un più largo uso del sintetizzatore, il che può anche rappresentare una coincidenza.
5) Talvolta hai intervistato progetti molto differenti tra loro. Qual è l’elemento che li lega? E‘ possibile parlare di una scena italiana o, piuttosto, ci sono diverse microscene aventi elementi in comune?
L’elemento in comune tra questi musicisti è ovviamente un interesse per estetiche dark e musica dei tardi anni 70 e primi 80 – post punk, darkwave, synth pop, industrial – la lista è lunga. Questi generi sono molto diversi tra loro così come le band che abbiamo incontrato.
Non è semplice rispondere alla domanda riguardante la scena. Alcuni tra i musicisti bolognesi si sono rivelati dubbiosi sulla definizione di scena locale. Per loro, piuttosto, è una sorta di “famiglia”. Si conoscono tutti tra loro, e alcuni di loro suonano insieme in più di una band.
Penso che le tre band non provenienti da Bologna non siano parte di una scena locale, ma che piuttosto siano entità slegate da un contesto più generale, così come i Temple of Venus.
Non posso allargare il discorso all’intero Paese. Prima di venire qui (in Italia), pensavo che nell’Italia settentrionale la scena fosse decentrata, ma ora mi sembra che Bologna sia la sua Capitale, o almeno una delle città chiave.
6) A seguito delle interviste agli artisti, ti senti soddisfatto circa le risposte date alle tue domande?
Io sono un antropologo, e ho un approccio differente al modo di fare interviste: Niente è stato pianificato. Lasciamo che siano gli artisti a parlare. Solo a volte io e Cyrene chiedevamo qualcosa per mantenere attiva la conversazione. Penso che questo permetta a chi osserva il documentario di comprendere la dimensione più umana delle band che apprezza. Gli Schonwald, ad esempio, ci hanno parlato della loro storia d’amore e del loro legame con Ravenna, mentre Piero Leonardo dei Temple of Venus ci ha spiegato la storia della musica wave italiana, solo al fine di fare, successivamente, una dettagliata analisi della musica odierna.
7) Potresti parlarci della tua scena locale?
Dipende da quale intendi. Ho vissuto a Graz in Austria, a Lubiana in Slovenia per molti anni, ho passato lunghi periodi di tempo in Polonia e in Ucraina, e ora sto vivendo a Košice in Slovacchia. Sorprendentemente, in Austria non c’è poi molto, ma in Slovenia e in Polonia sì.
In Slovacchia, molti eventi vengono organizzati a Bratislava, ma alcuni amici, tra cui io, stanno cercando di organizzare qualcosa di più a Košice. Nell’arco di tre settimane avrà luogo il secondo Kaschau Industrial Gathering, in cui band locali, ma anche il gruppo australiano Ascetic, suoneranno. Košice sembra abbastanza lontana e remota, ma solo a prima vista: una bella città tra Budapest e Cracovia ha un potenziale piuttosto forte. Anche alcune tra le band presenti nel documentario sono interessate a suonare a Košice.
8) Hai passato molti giorni a Bologna, una città che ha una scena piuttosto solida. C’è anche chi, come gli European Ghost, hanno ottenuto anche un contratto con una label come la francese Unknown Pleaures. Cosa pensi di questi artisti? Pensi che avranno una buona carriera?
Per prima cosa, sono veramente contento per gli European Ghost ed auguro loro buona fortuna! Tra le band che abbiamo incontrato, loro sono quella col sound più oscuro.
Tutte queste band sono composte da buoni musicisti e hanno un proprio suono personale. Vivere DI musica è difficile, ma vivere PER LA musica è facile. Finchè continueranno a fare musica con passione, indipendentemente dall’idea di guadagnarci molto o di diventare delle grandi rockstar, vedo un grande futuro per loro.
9) Ti consideri un antropologo musicale. Potresti, per favore, spiegarci cosa stai facendo di preciso?
Da antropologo musicale quale sono, ovviamente mi sto occupando di musica, ma ancor di più delle sue dimensioni sociologiche e sociali, che sono strettamente connesse – c’è l’intenzione di fare musica, un interesse per le comunità di appassionati, per le sottoculture, per le scene, ed altro. E mi interessa anche relazionarmi con le persone che si celano dietro la loro musica.
10) A differenza di altri documentari, spesso ti vediamo mentre ascolti le risposte dei musicisti (piuttosto che come voce fuori campo). Hai pensato a questa cosa particolare? Sembra che questo renda il documentario più umano, più reale, piuttosto che qualcosa troppo programmata.
Inizialmente la nostra idea era stata di apparire solo nel road-trip, intenti a fare cose tipicamente italiane come mangiare la pasta o il gelato, o bere un caffè. Alcune band mi hanno chiesto se potessi essere visibile insieme a loro durante le interviste, e questo è il motivo per cui mi vedi inquadrato. Se questo, come dici tu, rende più umano e realistico il documentario, beh ne sono molto felice.
11) Quando hai girato il documentario, è accaduto qualcosa di inaspettato o di sorprendente?
Certo, ben più di una! Prima di tutto, sono stato sorpreso dal fatto che tre delle band che abbiamo incontrato, i The Black Veils, i Bestrass e i Modern Blossom, hanno dichiarato di fare musica pop. Per quanto riguarda i primi, potrebbe anche essere, sono i più accessibili, ma le altre due band non le considererei mai tali.
La seconda cosa è che, come sai, fuori dai confini italiani abbiamo potuto sentire parlare di alcune band nel campo della musica dark: i The Frozen Autumn, i Kirlian Camera, i Carillon del Dolore, Il Giardino Violetto, o Chromagain. La nostra visita italiana ci ha rivelato che non sono così noti come avevamo pensato. Terza cosa, pensavamo che i Modern Blossom fossero più noti in Italia. Secondo me, sono molto sottostimati.
Grazie per il tempo che ci hai dedicato. Saluta i nostri lettori ed invitali a vedere il tuo documentario!
Grazie a voi!