Pubblicato da Alessandro Violante il aprile 26, 2016
Sono passati poco più di quattro mesi dall’ultima emanazione cinematografica di Cosmotropia de Xam, e finalmente Succubus è pronto ad essere mostrato, vissuto, come un’esperienza mistica, come uno stato di allucinazione, come un mezzo attraverso il quale riscoprire “l’altro da sé”, il mezzo attraverso il quale scaricare le pulsioni quotidiane che ci attanagliano. Mari K e Alena Trucizna sono qui le nostre guide “passive”, succubi nei confronti del loro distacco dalla realtà, e succubi siamo noi, che per un attimo, solo per un attimo, troviamo nella perdita del controllo, nella condizione di essere succubi, un modo per tagliarci fuori, per “lavarcene le mani”.
Allora seguiamo le guide lungo quattordici brani dal carattere fortemente evanescente ed esperienziale, poco inquadrabili all’interno di un genere se non nel witch house, che alcuni davano per spacciato, ma che in casa Phantasma Disques gode di linfa vitale in grande abbondanza. Dodici artisti per quattordici brani: questo basta ad evidenziare un lavoro che si apre ad approcci differenti, talvolta presentandosi sotto forma di balletti dal carattere fortemente lisergico come in Without ceremony di Bath o Spiral chamber di Mater Suspiria Vision (immersi in una dimensione ambient-lisergica che è un loro marchio di fabbrica), talaltra sotto forma di atipici momenti dall’attitudine quasi punk in ĐrØp Ŧhe bØmb di Sco o in In my spine ad opera di Morgve e ancora nella decostruzione pop di Black opium ad opera di Damn Whore, talaltra ancora sotto forma di classiche (ed oppiacee) lente distese witch house da manuale, che però hanno qualcosa di meno particolare rispetto ad altri brani ben più ispirati come la allucinatoria, dub e deviata Hush hush firmata OKKVLT KɅTT e il mid tempo sognante-sinistro di S.O.V. ad opera del progetto milanese Darker Side, tra gli altri, che richiama fortemente alla mente la prima produzione di Dario Argento, ma in chiave ancor più surreale, come è lecito aspettarsi dai prodotti di questa label.
Difficile decretare il titolo di brano migliore di un lavoro in cui tante sono le direzioni intraprese, diverse tra loro ma accomunate dal loro carattere mistico-lisergico-esperienziale, ma tra i più particolari vi è senz’altro la lunghissima title track ad opera di buMpenstein, in cui diverse atmosfere e paesaggi sonori coesistono e in cui il suono ben esprime una confusione mentale, uno stato altro, quello vissuto dalle protagoniste. Lente, marziali e pesanti sono le due parti che compongono Succubus, firmate MSV e “recitate” da Alena. Anche qui l’esperienza e la stimolazione della suggestione sono ben più importanti della musica stessa, un flusso in cui lasciarsi trasportare fino al raggiungimento di una visione mistica, l’Ecstasy of St. Valentine, questa firmata Helena Markos, un episodio lisergico e astratto, una esperienza artificiale e straniante, che ha in sé qualcosa di benevolo e di malevolo allo stesso tempo: sta all’ascoltatore trarre le proprie conclusioni. Si chiude in bellezza con un brano ballabile e diretto, Blood, ad opera del progetto inglese Sidewalks and Skeletons, che puntano sul dancefloor per la witch house generation, come è stata definita da qualche critico chiamato a giudicare il valore del film.
I caratteri peculiari della label ci sono tutti: paesaggi sintetico-lisergici da bad trip, voci difficilmente comprensibili, quasi inumane, provenienti da chissà quale spazio recondito dell’universo, tempi molto lenti e tanta, tanta componente di derivazione acid. Un disco non certo facile, da ascoltare e riascoltare, ma è davvero inutile tentare di catturare ogni inquadratura di questa colonna sonora, tanto è importante l’esperienza stessa dell’ascolto e quella della visione, del tutto personale ma fuori dall’umana comprensione. C’è chi ha definito le protagoniste come “Hansel & Gretel on Ecstasy”. Mettete su l’album e fatevi guidare nel vostro personale viaggio di sola andata. Ne rimarrete “estasiati”.
Label: Phantasma Disques
Voto: 8, 5