Pubblicato da Alessandro Violante il ottobre 8, 2016
Il collasso dell’individuo a fronte di due Guerre Mondiali che hanno danneggiato pesantemente il mondo intorno a sé ma anche quello, musicale, delle “regole non scritte” del post punk. European Ghost è il fantasma di un’Europa in declino, quel che poco è rimasto della sua grandezza. E’ anche e soprattutto l’individuo, vittima di pesanti conflitti insensati. Quel che ne rimane è un fantasma vagante in un panorama distopico col volto coperto a cantarne la condizione, accompagnato da toni decisamente poco allegri.
Musicalmente, Pale and sick, un esperimento nato a Bologna da parte di Giuseppe Taibi (Two Moons), Cristiano Biondo e Mario “Dada” D’Anielli (Black Veils), è una intelligente fusione dei linguaggi del post-punk, della wave, del goth rock e del post-industrial, e questo calderone, in cui gli ingredienti vengono sapientemente dosati, dà vita ad un lavoro che stupisce per la varietà delle soluzioni stilistiche proposte oltre che per il suddetto concept album, che affronta il dramma non da un punto di vista storico quanto individuale. E’ anche grazie ad un approccio moderno e svincolato da rigidi schemi di genere che i Nostri sono riusciuti a conquistare la francese Unknown Pleasures Records, una label ben nota ai seguaci del genere.
Questo collasso del linguaggio musicale è bene evidente nell’opener, affidata a Trip on Mars. Viaggiare verso luoghi sconosciuti sembra l’unico modo di evadere dalla realtà, ed il ritmo decostruisce il classico beat post punk, trasformandolo progressivamente in un mid tempo in cui i suoni sono più post-industrial che altro, fino ad avvicinarsi ad una vaga ritmica EBM. Questo primo brano definisce una delle due anime principali dell’album. Alla prima appartengono anche le conclusive Sex in Kepler, Trip in the night e la traccia conclusiva, che dà il titolo alla band, mentre alla seconda appartengono i brani di impostazione più classica, dei veri e propri episodi più diretti e lanciati ad alta velocità, come la title track e Preset, tra le altre. La lynchiana Lost highway è quasi surreale coi suoi severi organi cerimoniali, mentre nella già citata Pale and sick, piuttosto dura e veloce, progressivamente la ritmica diventa più dura ed incisiva, “industriale” in senso allargato, mentre Unreal space è un freddo balletto meccanico légeriano dalle tinte wave in cui il connubio riesce piuttosto bene.
Il fan di impostazione più classica troverà pane per i suoi denti nella wave di Preset e The spiral, mentre quello più aperto alla sperimentazione avrà di che goderne con le già citate Sex in Kepler, Trip in the night e la bordata quasi industrial di European ghost. L’episodio più atipico è senz’altro la sincopata e tribaleggiante Sex in Kepler, che al suo termine, in un moto di distensione, apre al riffing di chitarra e alle parti vocali. Trip in the night è anch’esso un balletto fuori dal classico four-on-the-floor ritmico, evidenziando l’eclettismo del trio, mentre la conclusiva European ghost chiude con suoni duri e sporchi e una tirata al fulmicotone un album dalle molte anime, che colpisce per inventiva quanto per capacità espressiva.
Attraversato da un moto di incertezza, il fantasma dell’individuo postmoderno, le cui certezze sono state spazzate via da due guerre insensate, si manifesta attraverso un suono sì post punk, ma più incisivo, freddo, oscuro e duro, di matrice post-industriale. Gli European Ghost sono una delle realtà italiane più interessanti e intraprendenti di quest’anno, e di certo meritano più di un ascolto.
Voto: 8, 5
Label: Unknown Pleasures Records