Pubblicato da Alessandro Violante il marzo 26, 2016
E’ passato solo un anno dall’uscita del suo ultimo album per la Contort, ma il prolifico e talentuoso Samuel Kerridge è già tornato, per la precisione il 5 febbraio, con un nuovo album, Fatal light attraction, per la Downwards Records, label di Regis e di Female, per la quale aveva già pubblicato il suo debut A fallen empire nel 2013. Quest’ultimo lavoro è basato sulla sua performance presentata al Berlin Atonal 2015, e mette in mostra la particolare personalità di un musicista che, seppur molto giovane, è già riuscito nel compito di cannibalizzare una serie di generi di musica elettronica e di reimpastare gli elementi in una miscela molto particolare.
Fatal light attraction è un lavoro originale per due ragioni: la prima è che i sette brani qui contenuti rappresentano in realtà segmenti di un flusso sonoro (ma che durante la performance all’Atonal era audiovisivo) che alterna ritmiche siderurgiche definibili come post-techno a flussi noise puri e dissonanti e a silenzi che, come John Cage insegna, sono essi stessi musica e assumono un proprio significato all’interno delle composizioni. Questo flusso ci porta nella dimensione dell’hic et nunc, dimensione che difficilmente può essere inscatolata all’interno di singoli momenti ben delimitati tra loro. La seconda ragione è che Kerridge spazia tra i generi più disparati muovendosi oltre il beat techno, “giocandoci” in vari modi, conferendogli un groove che trascende il genere e avvicinandosi ad una formula ritmica più tarantolata, e non è un’eresia parlare di rhythmic industrial, altro genere cannibalizzato dal Nostro e qui riconoscibile in più frangenti.
Kerridge conferma qui, qualora ce ne fosse stato ulteriore bisogno, di non essere quel che comunemente viene definito il “musicista di genere”, ma piuttosto un esploratore delle potenzialità del flusso noise all’interno di ritmiche più o meno sincopate, in maniera simile a quegli esploratori sonori che negli anni ’60 e ’70 esplorarono le infinite potenzialità del suono elettronico manipolandone la struttura. Kerridge è un chiaro esempio di musicista che, di fronte ad un progressivo ammorbidimento della forma techno, reagisce recuperando un approccio diretto, duro e fortemente noise, e utilizzando suoni, è bene specificarlo, generati tramite strumenti costruiti su misura, il che dona alla sua musica una ancora maggiore unicità.
Fatal light attraction è un lavoro pensato per una performance, che dà il meglio di sé quando accompagnato dalla componente visiva, ma che, anche ascoltato nella propria dimora, si rivela ricchissimo di spunti interessanti e, allo stesso tempo, flusso sonoro in cui è il totale a valere l’esperienza, con la perfetta comunicazione tra scariche noise e ritmiche sincopate, silenzi e rumori, il tutto completato dalla voce distorta del Nostro, quest’ultima una prerogativa decisamente di matrice primoindustriale (e poi successivamente ripresa da molti altri). Sebbene possa essere alquanto limitante analizzare singolarmente ciascun brano di questa sorta di happening, è impossibile non notare la strabordante forza propulsiva del terremotante beat di FLA7, lanciato ad un numero elevatissimo di battiti per minuto (qui non siamo più nella techno pura ma in una sorta di post-techno velocissima e travolgente, tarantolata e di matrice analogica), l’altrettanto furibonda tempesta ritmica di FLA3, un assalto all’arma bianca che lascia un attimo di respiro solo in una pausa posta quasi al termine del brano, e il portentoso incedere di matrice techno industrial di FLA1, un brano avente una ritmica travolgente, sporchissime percussioni post-industrial provenienti da qualche fabbrica abbandonata, raggelanti iniezioni di noise puro e ridondanti e alienanti vocals che sembrano provenire da un pianeta lontano milioni di anni luce dal nostro.
Ci sono poi brani caratterizzati da una techno industrial leggermente più canonica ma, non per questo, meno interessanti, come l’altrettanto martellante ritmica di FLA2, ennesimo assalto all’arma bianca con una parentesi di “silenzio musicale” che lascia parzialmente respirare l’ascoltatore, la tarantolata techno industrial disonnante di FLA4, il quasi-dub mescolato al noise, senz’altro più ragionato, di FLA6 e la più atmosferica e tetra FLA5 che, più che giocare su trame ritmiche prorompenti, riesce a generare un’angoscia palpabile grazie ad un flusso sonoro noise che serpeggia in modo sinistro per l’intera durata del brano.
Tirando le somme, ci troviamo di fronte ad un lavoro che evidenzia una ottima padronanza del groove e del ritmo da parte del Nostro e che pone l’accento sul carattere performativo della sua musica. Fatal light attraction è una ottima terza prova, decisiva per portare Samuel Kerridge nell’olimpo dei musicisti elettronici di ricerca di quest’ultimo decennio e per portare virtualmente il suo ultimo lavoro nelle prossime classifiche di fine anno.
Label: Downwards Records
Voto: 8, 5