Pubblicato da Alessandro Violante il febbraio 22, 2016
Musica esperienziale è probabilmente una delle definizioni più adatte alla proposta musicale-concettuale della creatura milanese Satanismo Calibro 9, progetto storico già attivo da parecchi anni e con molte interessanti produzioni alle spalle per una label importante come la Old Europa Cafe, formato da Pery, Gnosis, J. e Lorenzo Abattoir (già attivo coi progetti Nascitari e Mare di Dirac), e con la saltuaria collaborazione di Dorian (attivo nei Caronte, realtà doom-stoner).
In realtà Blood Coven non è propriamente un nuovo album, ma la riedizione su cd di una tape appositamente realizzata per il X Congresso Post-industriale svoltosi lo scorso 31 ottobre e comprendente due alternate versions di Tunnel (brano presente nella loro release Sitra Achra) e Ritual 111 (brano presente in Typhon Rising), la registrazione live di due “cerimonie segrete” svoltesi qualche giorno prima del suddetto Congresso ed un nuovo brano intitolato, appunto, Blood coven. Questa release, stampata in sole 50 copie, è il frutto di una collaborazione tra la già citata label di Rodolfo Protti e la milanese Soundscape713.
La musica dei Nostri non può facilmente essere slegata dalla sua dimensione performativo-rituale, ma ne rappresenta una sorta di “racconto” in musica, un viaggio in dimensioni “altre”, un mezzo grazie al quale distaccarsi dalla frenetica e frustrante quotidianità, per approdare ad una dimensione contemplativa e in qualche modo spirituale (una sorta di torre d’avorio personale che ci consente di analizzare dall’esterno lo schifo che viviamo). L’universo dei SC9 ruota attorno a particolari rituali i cui numeri che li identificano sono elementi ricorrenti e alla Cabbalah (Sitra Achra, ad esempio, rappresenta il “regno del male”), ma tutti i loro lavori, tra cui questo, sono pervasi da una particolare quanto inusuale aura di misticismo e gusto per l’esoterismo, elementi comunemente associati alla musica generalmente nota con la definizione di ritual industrial (in cui sono forti i richiami delle lezioni musicali di realtà come Coil e Current 93), ovvero una sapiente miscela di dark ambient, noise e post-industrial dalla forte connotazione ritualistica.
Se lo desideriamo, ognuno dei cinque brani ci aprirà porte verso altre dimensioni ed altri luoghi: in Blood coven, questa insieme a Iugula-thor, veniamo trasportati in una oscura e nascosta cripta sotterranea dotata di una pavimentazione noise in background che gli dona una certa robustezza. Qui, come anche negli altri brani, la musica è solo il medium di rappresentazione sonora del rituale, e acquista il suo reale valore solo in sede live, nel momento in cui suono e performance si incontrano. Su disco, tutto viene lasciato alla libera immaginazione dell’ascoltatore.
Ritual 111 ci trasporta invece in una dimensione spirituale-esoterica caratterizzata dall’utilizzo di sonorità “mistiche” in cui una donna esegue un rituale in cui declama frasi che progressivamente la portano ad un totale coinvolgimento e ad un certo grado di “follia” (basti pensare alle sue urla disumane), e musicalmente i suoni enfatizzano il progressivo climax, acutizzandosi sempre più. E’ una delle composizioni più “forti” dell’album, se si accetta di venire trasportati al suo interno.
La lunga The black hermit e la ancor più lunga Ritual 218 sono, come già detto sopra, registrazioni di cerimonie segrete che vanno necessariamente contestualizzate, ma la cui piena comprensione viene resa impossibile dalla mancanza di conoscenza dei loro dettagli e dei loro significati. Anche questo mistero contribuisce a costruire un’aura ancor più misteriosa attorno a due episodi molto particolari, il secondo dei quali è probabilmente il migliore dell’album. Una pesante coltre cacofonica copre un universo musicale-concettuale composto da un tappeto di synth da bad trip e da un canto rituale ancestrale. Completa il quadro Tunnel – Those awaiting beyond the portal, caratterizzata da toni mistico-esoterici e senz’altro misteriosi.
Blood Coven, pur non essendo un album almeno apparentemente molto coeso ma, più che altro, una sequenza di composizioni tra loro più o meno collegate da un filo rosso il cui significato non ci è noto, è un buon lavoro per i SC9, che ben mostra agli ascoltatori il loro particolare approccio e che ci lascia immaginare quanto caratteristica e differente (rispetto a quella di altri loro “colleghi”) possa essere una loro live performance. Se siete interessati a colmare questa lacuna, suoneranno a Parma il 26 marzo all’interno del Noise Coven II.
Label: Old Europa Cafe / Soundscape713
Voto: 7