Pubblicato da Alessandro Violante il settembre 10, 2015
Anche se antropologo di formazione, Marc Augé in che fine ha fatto il futuro? espone un concetto d’interessante applicazione per la definizione di Arte Contemporanea: la pertinenza. L’idea è che la contemporaneità, in senso temporale, non sia l’attualità in senso artistico, visto che questa ha bisogno contemporaneamente del passato e del futuro. Un’opera è pertinente quando, da un lato, è inserita nel flusso storico che ne ha codificato il linguaggio e, dall’altro, è in grado di aggiungere qualcosa al linguaggio, cioè di avere qualcosa del suo sviluppo futuro. In altri termini, non è storicamente isolata.
Quest’approccio risuona con un concetto espresso da Walter Benjamin nell’analisi della figura del collezionista Edward Fuchs. Nel trattare una visione storico-materialista dell’arte, il filosofo tedesco, riprendendo Engels, contesta la narrazione dei movimenti artistici come reazione o superamento rispetto a quelli precedenti, e mette in discussione l’idea implicita della chiusa autonomia dell’artista. Dalla prospettiva dello storico, un’opera integra la sua preistoria come quella successiva visto che, da un lato, le opere precedenti hanno formato un pezzo del linguaggio, mentre le opere successive consentono di (ri)contestualizzare l’opera in una forma nuova, rivelandone l’influenza sulle successive. L’idea di superamento indica, invece, l’ipotesi di punto terminale, o di (ri)partenza, nella storia dell’arte.
Un esempio per analizzare quest’approccio può essere l’analisi di un’opera centrale degli anni ’90 che è Naked City di John Zorn. L’album d’esordio dei Naked City, in realtà attribuito al solo Zorn nella grafica di copertina, s’innesta nel passato dei generi che contamina tramite due direttrici: la prima è la reinterpretazione di alcuni classici, pratica storica di un genere che ha sempre vissuto di un rapporto particolare col passato visto come un qualcosa da rivedere, piuttosto che da ricreare filologicamente, come nella tradizione del concerto classico europeo; la seconda è l’utilizzo di un organico tipico del jazz e del rock, che è il quintetto. L’innesto nel futuro avviene tramite un’ibridazione linguistica che s’esprime attraverso una strategia dalle due facce: una è quella della compressione della forma, sia dal punto di vista temporale che da quello citazionistico, e l’altra è la dichiarazione che questi elementi sono presi da un’opera coeva, che è Scum dei Napalm Death, permettendogli di inserire un elemento nuovo dal punto di vista sonoro: uno scheletro formale preso da un altro genere musicale, il grindcore, che viene mutato dagli elementi presi da un altro genere, il jazz. L’esito è tanto compresso temporalmente quando complesso strutturalmente, al punto di sembrare free anche se non lo è, e preconizza un’era in cui gli steccati tra i generi musicali non sono invalicabili.
Un esempio opposto può essere Drukqs di Aphex Twin. La posa dell’artista inglese è quella di chi si narra come vivente in una chiusa autonomia, quando dichiara, in una delle sue poche interviste fatta in contemporanea all’uscita del disco, a Christian Zingales: “Le uniche influenze le ho sempre trovate dentro di me, nella mia testa. […] La musica che faccio è la mia preferita in assoluto“. Quest’approccio si pone nell’idea che l’artista viva in una specie d’isolamento creativo, ed in realtà serve a riproporre il mito romantico del genio che crea, in qualche modo, dal nulla. Le evidenti influenze che s’ascoltano nel disco si scontrano con le pretese di novità che si risolvono in una serie di stratagemmi per nasconderle. Per allinearsi alle pretese di novità, di solito associate alla musica elettronica per via della questione tecnologica, le innovazioni sono al livello di cosmesi sonora e, pur nella qualità della scrittura musicale, fanno acquistare il senso al concetto di pertinenza. Il non riconoscere il passato implica che la forma artistica usata abbia uno status di immutabilità, e questo comporta che lo sviluppo possa essere solo a livello cosmetico, i.e. livello tecnico, e non a livello linguistico, dato che ogni ragionamento su questo aspetto, per evolversi, non può che partire da una prospettiva storica.