Pubblicato da Alessandro Violante il luglio 19, 2015
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In un momento storico in cui il suono elettronico, soprattutto nei circuiti subculturali underground (ma neanche troppo ristretti), è sempre più soggetto ad un processo di contaminazione con la musica industriale (o, per i puristi, post-industriale), label come la Ad Noiseam di Nicolas Chevreux riescono quasi sempre ad evidenziare questo processo e a confezionarne i prodotti migliori, e se più di qualcuno affermò con sempre maggior forza che techno is the new industrial, beh aveva ragione.
Il primo lavoro del francese 2methyl, Layer 8, è un disco che riesce a trasformare la materia sonora drum ‘n bass, un genere che molti, fino a qualche anno fa, diedero per spacciato dopo le indimenticabili prove degli anni ’90, in materia industriale: si tratta di un lavoro che centra perfettamente l’incontro tra i due generi e nei confronti del quale non ci si può più approcciare nè con la lente di Aphrodite nè con quella dei Throbbing Gristle.
A Berlino, e in particolare alla Ad Noiseam, poco importa di preservare fantomatici suoni primordiali e inamovibili per paura di perdere l’identità del genere, al contrario. Il Francese ci propone qui un album composto da macchine per le macchine, che sembra ormai aver perso quel legame della drum ‘n bass con l’uomo, con la danza, con il tribalismo, e che sembra abbracciare la fredda e distorta non-musica generata dalle macchine.
Ci pensano, tuttavia, i malinconici, piuttosto che apocalittici, giri melodici che conferiscono ai nove brani un alone alienante piuttosto che semplicemente oscuro, che ci fanno scendere sempre più negli abissi del mondo delle macchine, un mondo la cui produzione non si ferma mai, produzione cercata e ottenuta da esseri più o meno senzienti che ogni giorno azionano, più o meno visibilmente, le leve del mercato. Quello di 2methyl è, concettualmente, un lavoro che, sin dal titolo, si propone come una evoluzione fredda e sintetica dell’elettronica calda degli anni ’90 (pur presentando strutture molto moderne, dubstep o darkstep che dir si voglia), la cui natura è digitale: l’ottavo livello è infatti un livello virtuale del modello OSI / ISO, che descrive i protocolli di comunicazione di rete, e quindi la trasmissione dei dati, nozione fondamentale nell’informatica.
Se la nostra percezione di questo lavoro è quindi di natura digitale, una sequenza di bit priva di qualsiasi elemento vitale, l’ottavo livello è comunemente chiamato il “livello umano”, poichè in fin dei conti, così come la perfezione digitale del bit non può prescindere dall’elemento umano, qualsiasi tipo di musica non può prescindere dall’apparato uditivo dell’ascoltatore che indubbiamente ne trarrà più o meno piacere e giovamento, quindi il senso del lavoro di 2methyl è che, nonostante la perfezione formale della musica composta sia inequivocabile, all’altro capo ci sarà sempre un essere umano, e quindi una interpretazione.
Questa sorta di conflitto, di imperfezione nella logica delle macchine dettata dall’interazione finale da parte dell’utente, che indubbiamente modifica il comportamento dello strumento che ha per le mani, che sia musica o un software, riassume la complessità di Layer 8 in un banale quanto sempre presente connubio in molti lavori di musica elettronica industriale: quello uomo/macchina. Quello del Francese è solo l’ennesimo punto di partenza per arrivare poi alla medesima conclusione, e così in Layer 8 convivono la sintetica perfezione formale delle sempre cangianti quanto dettagliate strutture ritmiche, che si tratti di velocissimi stacchi drum ‘n bass, massicci mid tempo o episodi più fortemente darkstep, e i più umani giri melodici, difficilmente partoribili da una macchina di un qualunque tipo.
Dal punto di vista musicale, che poi è quel che più interessa all’ascoltatore, Layer 8 presenta un alternarsi di momenti più o meno cangianti, più o meno veloci, ma sempre accomunati, anche nei titoli, da riferimenti al mondo digitale / virtuale: la Highway non è tanto una strada fisica quanto una strada composta da milioni di bit, Lab è la stanza dei bottoni in cui persone (come chi scrive questo articolo) trasforma i bit in lettere e alimenta la Rete, Mainframe è il motore, il centro propulsore della macchina, dalla quale tutto parte e verso la quale tutto torna, che regola il Matrix. So called void è invece la descrizione dello spazio astratto/virtuale digitale, il cosiddetto vuoto che è lo spazio del monitor che osserviamo, in cui immagini e caratteri vengono posizionati secondo complessi algoritmi.
Anticipato da ben tre brani proposti in anteprima, nel mid tempo di Highway abbiamo duri suoni darkstep scolpiti nella pietra lavica, mentre Fragments è un perfetto esempio di come la materia drum ‘n bass possa essere addomesticata, disassemblata e ricomposta in una sorta di forma canzone strumentale, che ben poco ha ormai della sua matrice dance ballabile, un intelligente processo di riformulazione del genere che apre a nuovi sviluppi. Uno degli episodi migliori, seppure tutti siano di altissimo livello, è Stase, un brano in cui più forme musicali convivono perfettamente, in cui un tempo lento influenzato dalla darkstep fa poi prendere il volo ad una velocissima ed oscura drum ‘n bass per gli abitanti dell’anno tremila, un brano emozionante dotato di una spinta propulsiva veramente energetica e formalmente perfetta, senza la minima sbavatura, condizione che solo la macchina può avere insita nella propria natura. Nel mid tempo di Lab emerge la componente più umana del progetto, mentre Shelter è un perfetto esempio di darkstep lenta ed emozionante.
Si prosegue, nella seconda parte dell’album, con la tiratissima cavalcata drum ‘n bass di Mainframe, cupa e dura come poche altre, e con la sintesi intelligente di Resilience, un brano in cui confluiscono felici intuizioni dub/darkstep e veloci passaggi drum ‘n bass, con una particolare attenzione per le trame melodiche di pianoforte. Chiudono questo album il mid tempo di Dive e la ritmica sbilenca e ossessiva della conclusiva So called void.
2methyl (noto in passato come 2methylbulbe1ol) riesce, già in sede di debutto, a creare un album pressochè perfetto, in cui i nove episodi, (che a qualcuno, e anche a me) potrebbero sembrare pochi, sono più che sufficienti per mostrare un’altra potenziale strada evolutiva per la musica elettronica. Ci auguriamo che venga presa in considerazione, intanto il Maschinenfest lo ha già fatto, e questa è una garanzia di qualità. Progetto da seguire con cura.
Voto: 9
Label: Ad noiseam