Pubblicato da Alessandro Violante il giugno 30, 2015
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Inauguriamo la nuova serie di interviste dedicate al rapporto tra media, arti, tecnologia e società con un ospite d’eccezione: Peter Weibel, artista multimediale, direttore dello ZKM di Karlsruhe e di Ars Electronica dal 1986 al 1995. Lo ZKM continua, sotto la sua direzione, a proporre mostre interessantissime che ispezionano la relativamente recente storia di una serie di correnti artistiche che hanno fotografato (e che tuttora fotografano) gli sviluppi tecnologici e il loro utilizzo creativo da parte degli artisti multimediali, portatori più di chiunque altro della contemporaneità nell’arte. Parliamo direttamente con lui di una serie di questioni relative alle cosiddette new media arts.
1) Ciao Peter, sei uno dei principali protagonisti di quella che sarebbe diventata nota come la “new media art”. In questa intervista proverò, con te, tra gli altri argomenti discussi, a dare ai lettori una corretta idea di cosa si celi dietro questo particolare “macrolinguaggio artistico”. Molte differenti interpretazioni sono costantemente scritte e discusse a proposito di quella che possiamo definire come “new media art” e a proposito dei suoi concetti chiave. Puoi darci la tua definizione, così che possiamo iniziare la discussione da un punto di partenza?
I media sono un termine tecnico per definire quello che si pone tra le macchine ed il sistema. Di solito li dividiamo in media e nuovi media. Esempi di media “classici” sono la fotografia, la radio e il cinema, mentre il video, la televisione e il computer sono esempi di nuovi media. Oggi facciamo una distinzione tra media analogici e digitali, tra social media e media visivi. Dobbiamo distinguere l’emittente dal ricevente, il produttore dal distributore, lo spazio di archiviazione dalla comunicazione. Un sistema mediale è costituito da una informazione e da un messaggio che viene registrato su un medium trasportabile, per esempio la registrazione della voce su nastro magnetico, la musica registrata, l’inchiostro su un foglio.
Nei vecchi media il messaggio viene codificato nel medium in maniera tale che il suo contenuto non possa più essere modificabile e in modo tale che non sia possibile slegarlo dall’apparato tecnico. Quando “togli” il dipinto dalla tela o quando lo modifichi, distruggi il dipinto originale. Lo stesso vale per la musica registrata. In tutti questi casi, l’informazione viene archiviata in maniera analogica, un processo meccanico, magnetico o chimico. Con l’archiviazione digitale, puoi separare l’informazione dal medium, puoi cambiare l’informazione senza distruggerla. Questa viene archiviata in formato elettronico; è composta da un set di variabili. Se un sistema è composto da variabili, il suo stato ontologico può essere definito virtuale. Se un sistema è virtuale, può manifestare un comportamento simile a quello della vita e, dunque, lo chiamiamo vitale. L’apparato di una foto analogica è una macchina, laddove l’informazione viene archiviata chimicamente, mentre l’apparato di una foto digitale archivia le sue informazioni in maniera digitale, dunque, ad esempio, puoi cambiare le informazioni tramite un programma di disegno per computer direttamente sullo schermo di un computer. In questo caso, abbiamo un sistema consistente in due macchine e un software. Una TV (e un sistema simile) presenta un emittente (che invia), un canale di distribuzione (la lunghezza d’onda) e un ricevente.
Grazie a Internet, tutti possono diventare produttori di informazione e distribuirla ovunque, e tutti possono ricevere qualunque messaggio. Con l’avvento delle onde elettromagnetiche alla fine del XIX secolo, il messaggio fu separato dall’apparato che li generava. Segni e segnali poterono viaggiare autonomamente senza la necessità di dover utilizzare il medium fisico. Il pittore ha usato soltanto le sue mani e i suoi occhi, strumenti naturali, conferitigli dall’evoluzione. Queste tipologie di artisti (tra cui i pittori) si autoimposero severe restrizioni e inibizioni, ovvero l’obbligo di lavorare sulle superfici delle cose unicamente con gli organi naturali. La scienza utilizzò varie tipologie di macchine, dal microscopio al telescopio, dai raggi x alla tomografia computerizzata, per scavare sotto la superficie, sotto l’apparenza delle cose, allo scopo di espandere l’orizzonte del visibile.
La scienza comincia dove termina la percezione – questo è il motivo per cui l’arte finì di essere parte del mondo moderno. La scoperta dell’arte primitiva travestita come origine del modernismo è solo un camuffamento per nascondere il rifiuto di espandere i nostri organi naturali verso nuovi orizzonti visivi. Solo gli artisti appartenenti alla corrente dei “media artists” seguirono gli sviluppi della scienza e condivisero l’utilizzo dei medesimi strumenti tecnici artificiali creati dagli individui, dunque i “media artists” sono collaboratori del mondo contemporaneo e, proprio per questo, i critici d’arte li odiano, e così anche i musei, i mercati d’arte e, infine, i pittori.
2) Poichè sei un artista che ha vissuto e che ha modificato il suo modo di fare arte attraverso i media e lo sviluppo dei computer, come potresti definire il ruolo dell’artista nella “new media art”? Quali sono le sue relazioni con i media e qual è il suo ruolo all’interno del processo creativo? Ha bisogno di avere un particolare background tecnologico e di programmazione?
Un nuovo “media artist” ha realizzato che la scrittura è il medium primario. Si tratta di un medium dell’assenza, perchè attualizza quel che è accaduto, quel che avvenne in passato, e avvicina quel che lontano nello spazio e nel tempo. La tecnologia non fa altro che continuare il lavoro della scrittura. Questo è il medium dominante da milioni di anni, e per molte persone è difficile accettare che ora disponiamo di una nuova tecnologia dell’assenza. Da centinaia di anni la pittura è il medium dominante per quanto riguarda la produzione delle immagini, per molte persone è difficile accettare che sia disponibile una nuova tecnologia per la produzione delle immagini. I nuovi media combinano insieme i vecchi media visivi e testuali, e sono anche performativi. Come risultato, i nuovi media rappresentano una sfida enorme per il Sistema dell’Arte attuale. Inoltre, l’arte classica venne prodotta seguendo la logica produttiva su un’idea monopolistica.
Un artista realizza un’opera, un lavoro unico, un “originale”. Con l’avvento della tecnologia della stampa, ebbe origine la logica della distribuzione. Oggi, molte persone possono diventare artisti e produrre molte copie dei propri lavori per molte persone. Questo cambiamento dalla produzione alla distribuzione viene accettato dal cinema e dalla musica ma non dalle arti visive. Il processo creativo è cambiato perchè ora si tratta di un dialogo tra macchine, sistemi e media. Anche quando trai profitto dalle aberrazioni del dialogo, dagli errori che tu o la macchina fate, lo scopo è dominare la tecnologia, dunque il “media artist” deve essere un artista erudito. Ha bisogno di avere competenze e abilità.
3) Qual è il ruolo dell’interazione in questo tipo di opere d’arte e quale concetto sta alla base dell’interazione? Qual è lo scopo principale dell’artista?
La funzione di un lavoro non è l’unica cosa che è cambiata per via della natura particolarmente tecnica del medium. Inizialmente, la pittura era bloccata su un muro, che si trattasse di un affresco o di pitture rupestri. Con l’avvento della pittura da cavalletto, la pittura improvvisamente era diventata trasportabile. Si potè appenderla ad un muro. Oggi, grazie ai media mobili, l’immagine può essere trasportata ovunque e puoi osservarla sempre. L’idea di immagine vagò, lungo i secoli, da un medium ospite all’altro, dalla pittura da cavalletto allo schermo del computer, ma con l’introduzione di ogni nuovo medium tecnologico, il concetto di immagine cambiò. Questo è quello che le persone non capiscono. Ogni volta che un nuovo medium tecnologico viene introdotto, l’idea dell’immagine offre nuove possibilità. Una pittura può non cambiare fisicamente, per quel che lo spettatore può pensare. Può non cambiare l’atto della visione, perchè questo significa un atto di distruzione. Tutto cambia e diventa l’opposto con l’avvento dell’immagine tecnica: l’atto della visione diventa un atto di costruzione fisica.
L’osservatore può interagire fisicamente con l’immagine, che sia possibile grazie a sensori, al movimento del suo corpo, che lo sia grazie alla pressione di determinati bottoni, etc. Quando l’osservatore interagisce con l’opera d’arte, come consequenza di ciò, cambia anche il ruolo dell’artista. L’osservatore diventa un co-creatore dell’opera. Prima dell’avvento della fotografia, solo un circolo di esperti era in grado di realizzare un’immagine, ovvero i pittori, e solo una ristretta cerchia di nobili poteva pagare per un’opera d’arte. Con l’avvento della fotografia, improvvisamente tutti poterono realizzare un’immagine con l’aiuto di una macchina e tutti poterono pagare per avere un’immagine di loro stessi. La nobiltà perse il proprio privilegio e i pittori persero il monopolio della produzione delle immagini. Le masse poterono produrre immagini fotografiche e le stesse masse le poterono acquistare. Con l’avvento delle tecnologie interattive e partecipatorie, l’artista perse il monopolio della creatività. Questo è il motivo per cui parliamo di industrie creative, perchè oggi tutti possono essere creativi, tutti possono essere artisti. Joseph Beuys disse “Chiunque è artista”.
Marchel Duchamp, nel 1957, nella sua famosa conferenza sull’Atto Creativo affermò che “Nel complesso, l’atto creativo non è da ricondursi al solo artista; lo spettatore […] dà il suo contributo all’atto creativo”. Quello dell’interattività è un nuovo concetto di immagine offerto dalle nuove tecnologie e, dunque, irreversibile. Non inventi una macchina che si muova più lentamente rispetto alla velocità della tua camminata, la inventi affinchè sia più veloce del passo dei tuoi piedi. Non abbiamo inventato l’immagine tecnologica per mantenere le medesime caratteristiche e qualità dell’immagine pittorica, l’abbiamo inventata affinchè fosse differente e più ricca di opportunità.
4) Come l’artista della new media art pensa la società nella quale vive, gli sviluppi tecnologici e l’arte stessa? Quale aspetto, se ce n’è uno, ha un ruolo primario tra gli altri nella creazione delle opere d’arte ascrivibili a questo filone? Qual è il punto di partenza?
Nella pratica dei media contemporanei possiamo osservare due correnti principali: 1) L’esplorazione delle qualità intrinseche dei media, anche note come specificità dei media. Questa tipologia di artisti mediali vuole trovare cosa è specifico del medium della stampa, del film, del video, dei media digitali, etc. L’artista vuole trovare quello che il medium è, quel che può raggiungere in sè. Grazie alla sua conoscenza, crea opere d’arte, utilizzando i media, uniche dal punto di vista estetico. 2) Esplorando le qualità di altri media. Questa tipologia di artisti mediali segue Hollywood, perchè imita le qualità dei media precedenti. Il cinema hollywoodiano imita il modello narrativo delle opere e delle storie caratteristiche del teatro del diciannovesimo secolo. Gli artisti mediali del secondo tipo seguono l’orizzonte del teatro, dell’opera, del cinema, etc, dunque non c’è da meravigliarsi se artisti come Steve McQueen o Sam Taylor-Wood finirono per realizzare film hollywoodiani.
Il mercato, i collezionisti privati e i musei amano la seconda tipologia di artisti, mentre io preferisco la prima tipologia. La prima tipologia di artisti ha raggiunto lo stupore dettato dal fatto che le qualità intrinseche del proprio medium possono diventare universali – ad esempio, la fotografia fuori fuoco imitata dal pittore Gerhard Richter. Gli effetti digitali vengono imitati dai pittori, dai registi, dai fotografi, dai sound artists, etc. Il trionfo dei nuovi media si articola su due livelli: nel primo, gli artisti creano lavori personali mai realizzati prima, nel secondo diventano un modello universale e un’influenza prioritaria.
5) C’è una fetta di persone, specialmente in paesi come il nostro (l’Italia) che pensa che l’arte stia diventando sempre più tecnologica (vero) e che stia perdendo il suo status artistico (falso), se pensiamo al modo di pensare e di realizzare le opere d’arte antecedenti alla new media art. Come il curatore e il direttore del museo possono risolvere questo problema e generare un nuovo, “aggiornato”, modo di pensare postmoderno?
Questa fetta di persone è analfabeta e illetterata dal punto di vista tecnologico. Quando questo tipo di persone articola questo tipo di critica dei media, dico loro: Sì, se lo vuoi fare, lo puoi fare, ma poi devi pensare al passato della storia culturale e devi cominciare dall’alfabeto e dai caratteri mobili di Gutenberg, perchè la scrittura è una tecnologia consistente in uno strumento, allo stesso modo di una penna o di un dispositivo di archiviazione come la carta, e devi imparare ad utilizzarla come prodotto tecnologico, il che vuol dire usarla come fosse uno strumento.
Se ti poni contro i media poichè ti poni contro l’evidente natura meccanica del loro apparato va bene, ma devi anche porti contro la musica, perchè il pianoforte è un giocattolo meccanico, puramente meccanico, e la tromba è sostanzialmente una macchina che produce suono. In ogni caso, ha bisogno di un software, di un punteggio o di un algoritmo per creare un evento mentale o sensoriale. Le persone che criticano i media per via della tecnologia non hanno idea di cosa sia la cultura, perchè questa è sempre stata collegata alla tecnologia e al progresso tecnologico dal pianoforte al sintetizzatore. Questo cambiamento ha modificato il suono della musica così come il progresso tecnologico dalla pittura da cavalletto allo schermo del computer ha cambiato il modo di osservare.
6) Legandoci a quanto prima detto, come e quando lo “spettatore” diventa “utente”, un utente interagente? Mi sembra che ci sia un gap culturale da risolvere. Quale approccio hai creato o seguito per raggiungere questo scopo? Per quel che ho avuto modo di vedere, sei riuscito nella “creazione” di un utente attivo, guardando il modo in cui le persone vivono la loro esperienza artistica all’interno del festival Ars Electronica e dello ZKM, utilizzando i loro codici per comunicare con le opere d’arte.
Nell’arte del ventesimo secolo, noi e gli artisti abbiamo terminato il programma dell’arte classica. L’arte classica ebbe, a partire da Leonardo Da Vinci, lo scopo di dipingere la forma visibile delle cose tramite le pratiche geometriche come il punto, la linea, la superficie, il volume, etc. Dopo il 1900 (prendendo ad esempio il libro di W. Kandinsky: Punto, linea, superficie, 1926) l’artista utilizzò soltanto la prima parte della missione (il significato della rappresentazione) e soppresse la seconda parte (le cose visibili). Questa autorappresentazione dei significati della rappresentazione è chiamata arte astratta. Sin da quando le cose vennero estromesse dalla rappresentazione, sin da quando non fu più possibile rappresentare la realtà tramite le immagini, un artista come Duchamp disse “rappresentiamo le cose in loro stesse”. Questa autorappresentazione della realtà si sostituì alle precedenti modalità di visualizzazione nella seconda metà del ventesimo secolo.
Tutto quel che era rappresentazione divenne realtà: al contrario della pittura del territorio venne creata la land art, al contrario della ritrattistica venne creata la body art, al contrario della natura morta e della pittura di interni venne creata l’arte oggettuale, l’assemblaggio, l’installazione e quella ambientale. Invece di dipingere cascate ne avemmo di reali, invece di dipingere nuvole avemmo vere nuvole all’interno del museo, e finalmente avemmo il reale visitatore, spettatore responsivo nel ruolo di parte dell’opera d’arte, che lo fosse all’interno di pratiche partecipative, nelle sculture o nelle installazione formate da media interattivi. Non solo l’artista è presente, ma anche il pubblico. Si pensi soltanto alla performance di Marina Abramovic al MoMA. Quando l’arte moderna si aprì ai nuovi materiali e ai nuovi media, lentamente lo spettatore divenne l’utente. Nei nuovi media è l’utente che costruisce l’opera d’arte. Questa novità proposta dai media si espanse anche ai media classici, dunque a Tino Sehgal, Franz Erhard Walter, etc. Aprii la strada alla partecipazione del pubblico con la mia videoinstallazione Audience exhibited del 1969, una installazione a circuito chiuso che mostrò dal vivo e che ritardò i visitatori all’interno della galleria. La trasformazione del visitatore in utente è uno dei traguardi di maggior successo della media art.
7) Come Ars Electronica e lo ZKM possono mostrare al Sistema dell’Arte l’orizzonte per il futuro del modo in cui è possibile vivere l’esperienza delle nuove forme di media art e, mi verrebbe da dire, in generale, in cui è possibile vivere le arti in generale? Come forse sai, in Italia come in altri paesi, solo un piccolo segmento di giovani spende il proprio tempo in museo per varie ragioni: la debole spinta verso il concetto di interazione con le opere d’arte, il museo ancora concepito come un totem, e così via…qual è il museo del domani (o, in generale, lo spazio in cui le opere d’arte vengono mostrate e “vissute”)?
Mi sembra che la gran parte dei musei europei abbia un nome scorretto. Si chiamano “Musei di Arte Moderna” o “Musei di Arte Contemporanea”, ma dovrebbero chiamarsi “Musei della pittura contemporanea”, perchè mettono in mostra dipinti la maggior parte dei quali antecedenti al 1900. Non vedi mai sculture, forse un paio, se il museo è dotato di giardino. Non vedi “ambienti”, assemblaggi, installazioni, fotografie, lavori di video art, film, esempi di sound art, performances. Non vedi nient’altro che i maggiori risultati dell’arte del diciannovesimo secolo, eccetto pittura figurativa o astratta.
Quel che vedi nel museo è quello che il mercato vuole vendere, dunque gli artisti stessi organizzano festival indipendenti, o critici curatori organizzano centinaia di Biennali allo scopo di mostrare la produzione artistica contemporanea. Uno di questi è il festival Ars Electronica. Quando ne fui il direttore artistico dal 1986 al 1995, guardai sempre avanti, mai seguendo i trend, ma creandoli. Già nel 1995 organizzai la prima mostra e il primo grande simposio sul World Wide Web. Organizzai mostre e simposi aventi come tema la nanotecnologia, la cultura cyber, l’intelligenza artificiale, i robot, le case e gli oggetti “intelligenti”, le macchine “intelligenti” e gli oggetti tecnologici indossabili, molti anni prima del loro avvento. Quando pubblicai, come numero speciale di “Artforum” il catalogo “Ars Electronica Im Netz der Systeme. Für eine interaktive Kunst” nel 1989 insieme a Gerd Lischka, chiunque nel mondo dell’arte e nel mondo dei magazine d’arte andò contro l’arte interattiva, e venni umiliato.
Ora l’interattività è diventata il nostro pane quotidiano, e questo è un esempio di come gli impulsi provenienti dalle vie periferiche, decenni dopo, possono cambiare il flusso del mainstream. In una società interconnessa, questa trasformazione può risultare più semplice, come puoi vedere dal critico attivismo dei cittadini. Questo è il ruolo dello ZKM: essere cittadini critici, essere critici attivisti. Qualunque cosa abbiamo inventato, qualunque cosa abbiamo mostrato per la prima volta, anni dopo venne imitata e parzialmente simulata dai musei mainstream. Ciononostante, gran parte dei musei pensa che il pubblico abbia paura dell’attuale arte contemporanea e dunque che questi musei (come lo ZKM) abbiano paura del pubblico e dei media contemporanei. Lo ZKM non ha paura del pubblico o dell’arte contemporanea basata sui nuovi media. Impariamo e sappiamo che anche il pubblico non ha questa paura, al contrario. Ogni anno abbiamo centinaia di migliaia di visitatori in una piccola città di soli 300.000 abitanti, Karlsruhe. Abbiamo molti più visitatori rispetto ai musei mainstream presenti nelle metropoli con due milioni di abitanti, che mostrano continuamente Monet, Degas, Picasso, etc.
8) Se pensiamo al recente passato, la tecnologia ha offerto la possibilità di generare varie forme d’arte. Penso ad esempio alla virtual art, alle opere d’arte basate sulla Realtà Aumentata, alla bio art, alla device art…ora i nostri smartphone sono diventati più che semplici strumenti nelle nostre mani, e lo ZKM, con l’AppArtWorld, mostra quanto questi strumenti potrebbero essere. Gli smartphone, i tablet, etc. avranno un ruolo importante nei linguaggi artistici del futuro? Quali volti avrà la new media art in futuro?
Sì, gli smartphone trasportabili, i tablet, etc. giocheranno un rolo importante nelle forme artistiche del futuro. Dalla pittura rupestre all’affresco fino alla pittura su cavalletto, possiamo vedere l’orizzonte della mobilità. Non puoi spostare un dipinto dal muro, ma puoi “prendere” un dipinto dal muro grazie alla pittura da cavalletto. Questi sono stati i primi passi nella storia della pittura portabile, dell’immagine responsiva. Ora lo smartphone è l’ultimo step nella storia della portabilità delle immagini. La letteratura è cambiata grazie al libro, ai caratteri mobili e alla macchina da scrivere. L’immagine è vagata da un medium ospite all’altro, dalla tela al monitor, dalla pagina allo schermo. La pittura è caratterizzata dalla logica produttiva. I media moderni sono caratterizzati dalla logica della distribuzione, che formerà i linguaggi artistici del domani. I nuovi strumenti dimostrano una svolta noetica.
Dopo la svolta linguistica, che affermò che il modello del mondo è il linguaggio, dopo la svolta iconica, che affermò che l’immagine era il modello del mondo, impariamo che gli strumenti cambiano e che costruiscono il mondo. Dalla Bibbia (“in principio era la parola”) a Wittgenstein (“i limiti del mio linguaggio sono i limiti della mia parola”), le persone credettero in un linguaggio basato sulla cultura. Successivamente, ci fu un dibattito tra amici e nemici a proposito del potere della cultura basata sull’immagine. Ora, quando ci guardiamo intorno, viviamo il regime degli strumenti.
9) Perchè la new media art non è così presente (vorrei dire, praticamente assente) nei musei più conosciuti di tutto il mondo? Perchè il Sistema dell’Arte spesso sembra non essere interessato a mostrare queste tipologie di lavori e, in generale, il differente approccio esperienziale che questi lavori richiedono? Qual è il problema?
I problemi del sistema dell’arte sono per la maggior parte riscontrabili nel Sistema dell’Arte stesso. Un problema ebbe origine intorno al 1800, quando Hegel ebbe ragione di dichiarare la fine dell’arte, mentre osservava il Romanticismo. In breve, disse che la missione della religione era stata presa in carico dall’arte, ma che l’arte aveva fallito come medium nel compito di trasmettere la verità riguardante il mondo. Solo la filosofia è il medium dell’assoluto, la più alta conoscenza. Hegel stabilì una competizione tra tre sistemi della descrizione del mondo e dell’interpretazione. Abbastanza stranamente non menzionò la politica. Una ragione può essere il fatto che un saggio di Max Weber (Politica come professione) non apparve prima del 1919. Capisco che, intorno al 1800, non potè realizzare il futuro potenziale della scienza e il suo prodotto: la rivoluzione industriale. Ma oggi sappiamo che abbiamo almeno sei sistemi competitivi di interpretazione e di trasformazione del mondo: l’arte, la religione, la filosofia, la politica, la scienza e la tecnologia. Il potente ritorno della religione è un fenomeno sorprendente e molto dibattuto. Questo non è il posto in cui discutere di ciò che questa significhi e di quali conseguenze avrà.
Quel che voglio suggerire è che la scienza e la tecnologia sono distanti e avanti rispetto a tutti gli altri sistemi per quanto concerne il cambiamento e l’interpretazione del mondo nella maniera più efficace, e che la religione si aggiunge in terza posizione, dunque lo stato moderno rappresenta esso stesso non attraverso la cultura o l’arte, ma attraverso la scienza e la tecnologia. Una delle ragioni è che l’arte ha rifiutato di espandere i propri strumenti trasformandoli in strumenti tecnici, come invece fece la scienza. La maggior parte degli artisti rimasero con la tela e il pennello, ma la medicina, l’astronomia, etc. si spinsero oltre con nuovi strumenti verso zone fino ad allora invisibili. Gli artisti rimasero sulla superficie delle cose, nell’orizzonte della percezione naturale, ma la scienza ebbe la sua origine laddove la percezione terminò, dunque l’arte si escluse dalla costruzione del mondo moderno e non volle partecipare nella competizione dei sistemi del mondo.
Parafrasando il magnifico libro di John Dewey “Il pubblico e i suoi problemi” del 1927, vorrei dire che l’arte è il problema. Nella catena dei pro deo, pro reo, pro domo, vedi la transizione dell’arte come fosse una forma di schiavitù: prima è un servizio per preti e papi, il potere clericale, poi è un servizio per il potere militare e l’aristocrazia, e finalmente è un servizio per l’arta borghesia e l’oligarchia. La chiesa, il re e l’oligarchia supportano e finanziano le arti. Il sistema FIFA è ovunque: Chi paga è l’unico che prende (l’effetto Matthew). Il mercato ferma e salvaguarda l’evoluzione dell’arte. Non è un caso che i fondi speculativi siano i clienti più importanti del Sistema dell’Arte, poichè quel che fanno economicamente, salvaguardare, il mercato lo fa con le arti. La new media art è troppo complessa da mantenere, troppo intelligente per essere compresa, dunque gli oligarchi, il mercato e i musei ne restano lontani.
10) Negli ultimi anni abbiamo assistito all’ascesa del mercato delle esperienze legate alla Realtà Virtuale, grazie in particolar modo all’Oculus Rift e a “strumenti” simili, e durante il festival Ars Electronica 2014 ho avuto l’opportunità di fare una “navigazione virtuale nel web” con una sorta di HMD. Come la virtual art degli anni ’90 influenzò il recente interesse nei confronti delle esperienze virtuali legate ai videogames e alla visione di film e dove attualmente i “virtual artists” stanno incanalando le loro energie oggi? Perchè ci stiamo concentrando più sulle possibilità offerte dalla Realtà Aumentata piuttosto che su quelle offerte dalle esperienze della Realtà Virtuale?
Dobbiamo a Mark Twain (Le avventure di Tom Sawyer), Jorge Luis Borges e Jean Baudrillard la leggenda della mappa e della terra. La realtà è la terra e i media sono la mappa. Secondo la normale aspettativa, la mappa riflette correttamente la terra e i media dipingono correttamente la realtà. Da un po’ di tempo sappiamo che non funziona così. Sappiamo che i media rendono una scorretta immagine della realtà. Sappiamo, da Heidegger a Baudrillard, che l’immagine viene per prima, la precessione del simulacro. La mia teoria è che la mappa costruisce la terra, e che i media costruiscono la realtà, dunque strumenti tecnici come la Realtà Virtuale e la Realtà Aumentata rendono semplicemente trasparenti ed evidenti i meccanismi di costruzione della realtà.
Ogni volta che costruisci una simulazione virtuale della realtà, questo è il primo passo per aumentare la realtà. Oggi le persone non vivono in un ambiente sensoriale uniforme e omogeneo ad una velocità naturale. L’ambiente sensoriale dei classici organi naturali si è espanso: vediamo immagini, ascoltiamo onde radio, vediamo fotografie, immagini in movimento, leggiamo testi sui giornali e sugli schermi, etc. Tutta questa informazione proviene a velocità differenti da una macchina o da una chiamata telefonica, da un SMS o da una lettera. Versioni differenti della realtà si sovrappongono: la realtà costruita dai sensi e quella costruita dai media – e oggi, con la navigazione virtuale del web, possiamo espandere l’orizzonte non solo oltre le cose invisibili, oltre la percezione, ma anche oltre la nostra immaginazione.
Ti ringrazio per il tuo tempo prezioso e ti auguro tutto il meglio.