Pubblicato da Alessandro Violante il novembre 25, 2013
Ritorno alle origini del suono elettronico, alle soluzioni minimaliste, dense, acide, fredde e distanti come i colori della cover di questo lavoro. Il colore predominante è il grigio e la musica è tale, strumentale talvolta più ambientale, tal’altra contenente echi di fredde drum machine che non provocano emozione di alcun tipo quanto alienazione e fredda descrizione di fenomeni musicali e mentali. Le lande deserte percorrono sentieri ben definiti vivendo costantemente nel loro limbo personale fatto di stati mentali difficilmente concretizzati se non da sparuti beat. Sette brani caratterizzati da una lunghezza medio-lunga che riescono, allo stesso tempo, nello scopo di fornire una idea monolitica del lavoro e, tuttavia, di discernere le differenze tra l’uno e l’altro brano. Episodi più vaghi e vagheggianti come nel caso dell’opener si alternano al drumming di Death is upon us passando per il martial industrial di Straight to hell e per l’incisività della conclusiva Disgust che presenta un beat che corre la sua marcia imperterrita verso i lidi più estremi della disumanizzazione, prima mentale che fisica, che viene generata in colui che si approccia al lavoro. Il progetto di Samuel Kerridge mira a creare nell’ascoltatore una prospettiva di straniamento brechtiano che ben si adatta allo scopo e che colpisce perfettamente nel segno. Non una macchina da guerra, anzi, un trattato postbellico e postindustriale, una perfetta colonna sonora per il day after, per l’impero all’alba del giorno seguente alla sua caduta. Una caduta che non è fisica ma che, in maniera ancora peggiore, si presenta come una fitta coltre di suoni duri e rigidi che talvolta, alla lontana, evoca certe soluzioni stilistiche adottate dai minimalisti belgi dell’electro-industrial, Dirk Ivens su tutti. Un lavoro particolare, non adatto a tutti, che lancia il musicista inglese verso un roseo ma fortemente velato di grigio) futuro.
Voto: 7,5
Label: Downwards