23rd underpass – Real life

Pubblicato da Alessandro Violante il settembre 24, 2014

23rd-underpass-real-lifeCi hanno lavorato su due anni e più. la Electro Aggression Records, di cui abbiamo già parlato spesso in precedenza, ha creato, insieme alla label synth-pop / new wave Anna Logue Records, la creatura NADANNA, il cui scopo principale, in questi lunghi mesi, è stato riproporre un genere di cui noi italiani portiamo la memoria, l’italo disco, ponendolo in stretto rapporto con il synth pop e il minimal synth, puntando su una realtà, quella del duo greco 23rd underpass, la cui volontà manifesta è suonare quel che più amano e che, in parte, li accomuna a noi. L’italo disco infatti è un genere che ebbe un grande successo negli anni ’80 e che interessò molti paesi spingendosi ben oltre la penisola.

In questa terra mitica, patrimonio storico e culturale con pochi paragoni, Atene nello specifico, il duo composto da Costa Andriopoulo e Nadia Vassilopoulou, attivo dal 2009 e qui al primo full length, è interprete di un suono fortemente emozionale, di quattordici brani che raccontano storie d’amore e di persone alla ricerca di risposte alle proprie domande esistenziali, persone come noi (sarà che ci sentiamo accomunati anche per via della vicinanza geografica). La solitudine, l’amore, la ricerca di sè stessi, sono i punti focali di questo triplo lavoro. Triplo perchè è disponibile in due versioni: nella prima sono presenti quattordici brani (più due versioni alternative). Si tratta di album versions. Nella seconda edizione (doppio album), il primo disco contiene le versioni extended di undici brani, mentre il secondo ospita tredici remix ad opera di talentuosi musicisti più o meno legati al genere proposto dai greci. I membri di NADANNA sono interessati a costruire una nuova scena, a riunire attorno alla label artisti a volte misconosciuti ai più ma dalle grandi potenzialità, artisti che spaziano, nel loro approccio, dal synth-pop più old school alla dance al pianistico virtuoso e alla new wave.

Parlando più dettagliatamente dell’album, come prima accennato, Real life può essere considerato un concept album sul binomio tra reale e virtuale nella sfera degli individui. Nell’opener, il narratore riflette sulla necessità e sul bisogno di uscire fuori e di ricominciare a vivere veramente una vita che la postmodernità e, di conseguenza, i meccanismi sociali hanno contribuito a mutare notevolmente. Lungo il percorso dell’uomo egli cerca in ipotetici luoghi remoti una verità, una luce, qualcosa che lo illumini nella strada della vita (Planet 21) in un momento storico in cui abbiamo perso le certezze. Una possibile soluzione può essere la fuga, la corsa disperata di un uomo che si sente solo in un mondo di ombre (Running) alla ricerca di un amore forse impossibile, ma comunque alla ricerca di un rapporto che gli offra una qualche sorta di sicurezza e che lo aiuti a risolvere i problemi della sua condizione. In questo incedere e questo porsi costantemente domande e nella costante ricerca di soluzioni c’è spazio per momenti free, di stacco, in cui ballare per sfogarsi canalizzando la propria energia (e lasciando canalizzare quella propria) della musica (The night has come). Il disagio interno dell’uomo, l’affollarsi delle sue domande, trova una sorta di placebo nella presenza femminile dell’album che fa capolino negli episodi più patemici come EverytimeInvisibleRemember, Tears in my eyes e The boy within, brani che comunicano sensazioni e sentimenti diversi. Everytime, Remember e Tears in my eyes sono canzoni d’amore, mentre Invisible è un grido disperato di solitudine e The boy within è un inno alla riflessione dell’uomo maturo nei confronti di quello che il bambino e il suo essere tale rappresenta. Il messaggio è recuperare, per quanto possibile, quella condizione che, inevitabilmente, viene persa con il tempo.

Nel primo disco della versione costituita da due album le influenze minimal si fanno sentire molto di più, specie nelle introduzioni che mirano a costruire un climax ascendente sempre più forte, che poi sfocia in ritornelli dal grande impatto.

Soffermiamoci sul disco di remix, tutt’altro che di secondo piano. La lunga ricerca di artisti capaci di rileggere e reinterpretare, in maniera più o meno marcata, la proposta dei greci, ha portato i Selofan a rileggere la titletrack in maniera più diretta, catchy e a tingerla di una vena meno minimale, di matrice più oscura. Tony Marinello dice la sua sul remix di Running dimostrando le sue doti tastieristiche, la creatura Swedit rilegge Because of me e Night has come in chiave synth-pop ricca di suoni aspri (soprattutto nel primo episodio) creando una vera e propria versione dal sapore fortemente anni ’80. Adoxry e Tobias Bernstrup rileggono invece, rispettivamente, Tears in my mind e Sometimes in chiave molto danceable di fine anni ’80 – inizio ’90, rendendole quasi contemporanee al sound proposto nelle discoteche di fine anni ’90. Questi sono solo alcuni dei casi interessanti ma ogni remix è una reinterpretazione a sè stante e il lavoro va gustato nella sua interezza.

Approcciarsi a questa sorta di opera omnia può essere una occasione per riscoprire un genere dai più dimenticato ma, come ascoltabile in questa sede, dalle grandi potenzialità, e chissà che non torni ad avere una sua reale fetta di mercato.

Label: Nadanna

Voto: 9